PROLOGO - Capitolo 1° -
Salve a tutti! A chi mi conosce già elargisco un enorme abbraccio di ringraziamento per essere tornati a seguirmi, per chi invece e nuovo (spero in molti) do un caloroso benvenuto! ^ ^ Allora! Questa storia ha gironzolato nella mia testa a lungo e finalmente sono riuscita a partorirla, anche se non l’ho ancora finita di scrivere (però non preoccupatevi ho i primi capitoli pronti e mi metterò sotto a scrivere quindi non dovrei subire ritardi nell’aggiornamento settimanale….spero ^ ^’). È la prima fic di questo genere (fantasy) che scrivo quindi scusate se non sarà un granché, prometto di migliorare. Bene, direi che il resto lo lascio a voi ^ ^ Buona lettura =3
Silenzio.
Ormai non sentiva altro da più di un’ora.
Forse era finita……forse se n’erano andati finalmente…..forse…
Rannicchiato nell’angolo più buio di quell’angusta cantina, il ragazzo appena adolescente teneva le braccia strette attorno alle ginocchia, completamente immobile, gli occhi scuri fissi sull’unica entrata ormai da quasi tre ore. Unici rumori nell’aria ferma, erano quelli del suo respiro affannoso e del suo cuore, che a quanto pareva non voleva saperne di tornare a battere a un ritmo regolare. Faceva così rumore il suo cuore…..nel silenzio più totale gli sembrava quasi di sentirlo echeggiare tra le pareti di pietra e rivelare il suo nascondiglio. Il fiato usciva spezzato dalle labbra secche, come se cercasse di trattenerlo il più possibile, trasformandosi in piccole nuvolette di vapore dalla vita breve. Faceva freddo lì dentro, ma non era per quello che il suo corpo era rigido e teso, non era per quello che tremava quasi incontrollatamente, non era per quello che le sue mani artigliavano i vestiti.
Paura.
Folle paura di essere scoperto.
Sua madre gli aveva detto di non muoversi, di restare lì qualsiasi cosa fosse successa, che lei sarebbe tornata a prenderlo. Si doveva farlo, doveva aspettarla.
Ma un’altra ora era passata lentamente, e nessuno, amico o nemico che sia, era entrato in quella cantina. Doveva continuare ad attendere? Il suo corpo gli rispose prepotentemente di no. Aveva la gola riarsa, e nonostante la paura gli avesse chiuso lo stomaco sapeva di dover mangiare qualcosa. Braccia e gambe doloranti non potevano più sopportare quella posizione, e i muscoli di tutto il corpo gli dolevano in modo terribile. Forse poteva uscire ora…..forse…
Forse, forse, forse…..la sua mente era piena di forse. Dov’era la sua famiglia? Perché lo avevano lasciato lì? Cos’era successo? Le risposte a quelle domande poteva trovarle solo decidendosi a uscire…
Presa una punta di coraggio, portò le mani tremanti contro il pavimento di terra e si sollevò velocemente in piedi. Troppo velocemente… Con un gemito mal trattenuto cadde steso in avanti, irrigidendosi subito dopo contro il freddo terriccio. Non era riuscito a trattenere quel piccolo lamento di dolore quando alzandosi le gambe avevano ceduto, indolenzite dalla posizione forzata delle ultime quattro ore. Rimase immobile, senza respirare, i sensi in allerta. E se qualcuno lo avesse sentito? Attese; lunghi estenuanti minuti passarono, ma il silenzio continuava a regnare sovrano. Lentamente mosse le braccia portandole ai lati del proprio corpo e si puntellò con le ginocchia tremanti, cercando di fare il minimo rumore nei movimenti. Quando fu nuovamente in piedi barcollò pericolosamente ma si appoggiò contro il muro cercando di riprendere il controllo del proprio corpo. Fece un passo, poi un altro, verso quei pochi gradini che lo separavano dall’uscita, e la paura crebbe insieme all’ansia sempre di più. Ecco, ora doveva solo sollevare le braccia e spingere la botola per uscire finalmente da quel luogo buio. Con il cuore in gola sollevò un poco il coperchio di pietra non troppo pesante e si ritrovò a fissare uno spicchio di cielo stellato.
Il cielo…
Velocemente uscì dal sotterraneo dimenticando ogni prudenza e con occhi sbarrati osservò ciò che lo circondava. Si, il cielo……c’era il cielo al posto del tetto di casa sua. Lentamente si voltò verso la botola da cui era uscito nascosta abilmente nel camino, e poi ancora girò su se stesso prendendo terribilmente coscienza della devastazione che lo circondava. La paglia e il legno che un tempo costituivano il soffitto dell’abitazione erano scomparsi inghiottiti dal fuoco, i vetri delle finestre completamente in pezzi, la porta scardinata e semidistrutta giaceva a pochi metri da lui. Senza parole e sconvolto, il ragazzo avanzò tra le macerie dapprima lentamente poi quasi correndo, lasciando quella casa, ormai distrutta, che aveva visto i suoi natali. Il respiro non ebbe più la forza di uscire quando la scena del suo villaggio devastato dalle fiamme gli si presentò davanti illuminato dalla spettrale luce della luna.
“Mamma!” il grido disperato del giovane riecheggiò nel silenzio innaturale senza ricevere risposta alcuna.
“Papà!”
“Raki!” il nome del suo fratellino fu spezzato dagli inevitabili singhiozzi che avevano cominciato a scuotergli il corpo.
Non potevano essere lontani……forse erano solamente fuggiti nel bosco in attesa che i soldati se ne andassero. Abbandonando ormai il tentativo di celare la propria presenza, prese a correre nella direzione della macchia di alberi poco distante dal villaggio, continuando a chiamare la sua famiglia mentre l’ansia e un terribile presentimento si facevano sempre più spazio nel suo animo.
Corse. Corse e corse inciampando un’infinità di volte, i piccoli sassi appuntiti del sentiero che si conficcavano nelle sue ginocchia, rialzandosi sempre, sostenuto dalla sola forza di volontà. Vedeva uno stormo di uccelli neri volteggiare come ombre oscure proprio sopra gli alberi verso cui era diretto, ma scosse la testa scacciando il pensiero del motivo per cui quei volatili fossero lì. I divoratori di carcasse, li chiamavano… Quando finalmente si fermò, il cuore sembrava volergli scoppiare in petto con il suo assordante battito, e l’aria si faceva difficilmente spazio nei suoi polmoni. Quando finalmente si fermò, il corpo tremante crollò su se stesso per lo sforzo, i capelli chiari celarono il suo volto come una tenda, e i suoi occhi sbarrati non riuscirono a staccarsi da ciò che aveva davanti.
Quando finalmente si fermò, desiderò con tutto se stesso di non essere mai uscito da quella cantina.
Bé non c’è molto da dire qui, spero solo di avervi incuriosito almeno un po’ ^ ^. Non ho messo la fic nella categoria “lemon” ne in quella “erotico”, ma questo non vuol dire che non ci siano scene hot, (ho lo yaoi radicato nel sangue ormai, sarebbe impossibile per me scrivere storie senza lemon *_*) solo non saranno il perno della storia, ecco. Spero vi piaccia comunque! Un saluto alla prossima settimana =3
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yuka86
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