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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: Take My Life
Genere: Avventura, Fantasy
Rating: Vietato Minori 18 anni
Avviso: Yaoi
Autore: rinnechan galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 23/01/2010 13:10:39 (ultimo inserimento: 27/02/10)

Come un fiore che sboccia nelle ombre, invisibile nell'oscurità. Questa è la sua vita. Mura, catene, e un angolo di cielo stellato.
 
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PROLOGO
- Capitolo 1° -

Salve a tutti!
A chi mi conosce già elargisco un enorme abbraccio di
ringraziamento per essere tornati a seguirmi, per chi invece e nuovo
(spero in molti) do un caloroso benvenuto! ^ ^
Allora! Questa storia ha gironzolato nella mia testa a lungo e
finalmente sono riuscita a partorirla, anche se non l’ho
ancora finita di scrivere (però non preoccupatevi ho i primi
capitoli pronti e mi metterò sotto a scrivere quindi non
dovrei subire ritardi nell’aggiornamento
settimanale….spero ^ ^’).
È la prima fic di questo genere (fantasy) che scrivo quindi
scusate se non sarà un granché, prometto di
migliorare.
Bene, direi che il resto lo lascio a voi ^ ^
Buona lettura =3








Silenzio.

Ormai non sentiva altro da più di un’ora.

Forse era finita……forse se n’erano
andati finalmente…..forse…

Rannicchiato nell’angolo più buio di
quell’angusta cantina, il ragazzo appena adolescente teneva
le braccia strette attorno alle ginocchia, completamente immobile, gli
occhi scuri fissi sull’unica entrata ormai da quasi tre ore.
Unici rumori nell’aria ferma, erano quelli del suo respiro
affannoso e del suo cuore, che a quanto pareva non voleva saperne di
tornare a battere a un ritmo regolare. Faceva così rumore il
suo cuore…..nel silenzio più totale gli sembrava
quasi di sentirlo echeggiare tra le pareti di pietra e rivelare il suo
nascondiglio. Il fiato usciva spezzato dalle labbra secche, come se
cercasse di trattenerlo il più possibile, trasformandosi in
piccole nuvolette di vapore dalla vita breve. Faceva freddo
lì dentro, ma non era per quello che il suo corpo era rigido
e teso, non era per quello che tremava quasi incontrollatamente, non
era per quello che le sue mani artigliavano i vestiti.

Paura.

Folle paura di essere scoperto.

Sua madre gli aveva detto di non muoversi, di restare lì
qualsiasi cosa fosse successa, che lei sarebbe tornata a prenderlo. Si
doveva farlo, doveva aspettarla.

Ma un’altra ora era passata lentamente, e nessuno, amico o
nemico che sia, era entrato in quella cantina.
Doveva continuare ad attendere? Il suo corpo gli rispose
prepotentemente di no. Aveva la gola riarsa, e nonostante la paura gli
avesse chiuso lo stomaco sapeva di dover mangiare qualcosa. Braccia e
gambe doloranti non potevano più sopportare quella
posizione, e i muscoli di tutto il corpo gli dolevano in modo
terribile. Forse poteva uscire ora…..forse…

Forse, forse, forse…..la sua mente era piena di forse.
Dov’era la sua famiglia? Perché lo avevano
lasciato lì? Cos’era successo?
Le risposte a quelle domande poteva trovarle solo decidendosi a
uscire…

Presa una punta di coraggio, portò le mani tremanti contro
il pavimento di terra e si sollevò velocemente in piedi.
Troppo velocemente…
Con un gemito mal trattenuto cadde steso in avanti, irrigidendosi
subito dopo contro il freddo terriccio. Non era riuscito a trattenere
quel piccolo lamento di dolore quando alzandosi le gambe avevano
ceduto, indolenzite dalla posizione forzata delle ultime quattro ore.
Rimase immobile, senza respirare, i sensi in allerta. E se qualcuno lo
avesse sentito?
Attese; lunghi estenuanti minuti passarono, ma il silenzio continuava a
regnare sovrano. Lentamente mosse le braccia portandole ai lati del
proprio corpo e si puntellò con le ginocchia tremanti,
cercando di fare il minimo rumore nei movimenti. Quando fu nuovamente
in piedi barcollò pericolosamente ma si appoggiò
contro il muro cercando di riprendere il controllo del proprio corpo.
Fece un passo, poi un altro, verso quei pochi gradini che lo separavano
dall’uscita, e la paura crebbe insieme all’ansia
sempre di più.
Ecco, ora doveva solo sollevare le braccia e spingere la botola per
uscire finalmente da quel luogo buio.
Con il cuore in gola sollevò un poco il coperchio di pietra
non troppo pesante e si ritrovò a fissare uno spicchio di
cielo stellato.

Il cielo…

Velocemente uscì dal sotterraneo dimenticando ogni prudenza
e con occhi sbarrati osservò ciò che lo
circondava. Si, il cielo……c’era il
cielo al posto del tetto di casa sua. Lentamente si voltò
verso la botola da cui era uscito nascosta abilmente nel camino, e poi
ancora girò su se stesso prendendo terribilmente coscienza
della devastazione che lo circondava. La paglia e il legno che un tempo
costituivano il soffitto dell’abitazione erano scomparsi
inghiottiti dal fuoco, i vetri delle finestre completamente in pezzi,
la porta scardinata e semidistrutta giaceva a pochi metri da lui.
Senza parole e sconvolto, il ragazzo avanzò tra le macerie
dapprima lentamente poi quasi correndo, lasciando quella casa, ormai
distrutta, che aveva visto i suoi natali.
Il respiro non ebbe più la forza di uscire quando la scena
del suo villaggio devastato dalle fiamme gli si presentò
davanti illuminato dalla spettrale luce della luna.

“Mamma!” il grido disperato del giovane
riecheggiò nel silenzio innaturale senza ricevere risposta
alcuna.

“Papà!”

“Raki!” il nome del suo fratellino fu spezzato
dagli inevitabili singhiozzi che avevano cominciato a scuotergli il
corpo.

Non potevano essere lontani……forse erano
solamente fuggiti nel bosco in attesa che i soldati se ne andassero.
Abbandonando ormai il tentativo di celare la propria presenza, prese a
correre nella direzione della macchia di alberi poco distante dal
villaggio, continuando a chiamare la sua famiglia mentre
l’ansia e un terribile presentimento si facevano sempre
più spazio nel suo animo.

Corse. Corse e corse inciampando un’infinità di
volte, i piccoli sassi appuntiti del sentiero che si conficcavano nelle
sue ginocchia, rialzandosi sempre, sostenuto dalla sola forza di
volontà. Vedeva uno stormo di uccelli neri volteggiare come
ombre oscure proprio sopra gli alberi verso cui era diretto, ma scosse
la testa scacciando il pensiero del motivo per cui quei volatili
fossero lì. I divoratori di carcasse, li
chiamavano…
Quando finalmente si fermò, il cuore sembrava volergli
scoppiare in petto con il suo assordante battito, e l’aria si
faceva difficilmente spazio nei suoi polmoni.
Quando finalmente si fermò, il corpo tremante
crollò su se stesso per lo sforzo, i capelli chiari celarono
il suo volto come una tenda, e i suoi occhi sbarrati non riuscirono a
staccarsi da ciò che aveva davanti.

Quando finalmente si fermò, desiderò con tutto se
stesso di non essere mai uscito da quella cantina.








Bé non c’è molto da dire qui, spero solo di avervi incuriosito almeno un
po’ ^ ^.
Non ho messo la fic nella categoria “lemon” ne in
quella “erotico”, ma questo non vuol dire che non
ci siano scene hot, (ho lo yaoi radicato nel sangue ormai, sarebbe
impossibile per me scrivere storie senza lemon *_*) solo non saranno il
perno della storia, ecco.
Spero vi piaccia comunque!
Un saluto alla prossima settimana =3


 
Continua nel capitolo:


 
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VOTO: (1 voto, 3 commenti)
 
COMMENTI:
Trovati 3 commenti
Rif.Capitolo: 5
yuka86
24/02/10 19:19
letto tutto d'un fiato anche questo capitolo! ^_^ mi disp che tu abbia deciso di non postare più.. :( mi raccomando fammi sapere dove ti trasferisci così posso continuare a seguire la storia! Sono molto curiosa! ^.^ baci
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yuka86 - Voto: 31/01/10 01:25
ciao, complimenti la storia sembra promettere bene, sono curiosissima di leggere il seguito! E riguardo al nome logan.. anche a me piace molto! ;P
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Rif.Capitolo: 1
bry-13
23/01/10 14:03
Interessante.. ^^
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