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Categoria: Libri e Film (da libri)
Dalla Serie: Sherlock Holmes
Titolo Fanfic: UN VELENO RIVELATORE
Genere: Erotico
Rating: Vietato Minori 18 anni
Avviso: One Shot, Slash
Autore: hawana galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 01/04/2010 19:44:29

Non so quanto possa collegarsi col titolo, in questo non solo brava... comunque, è una HolmesxWatson... Spero vi piaccia! :)
 
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- Capitolo 1° -


...Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni, non sono esistenti o esistiti realmente ed appartengono comunque ed in ogni caso a Sir Arthur Conan Doyle...




Prima di iniziare, vorrei avvisare tutti coloro che hanno intenzione di leggere questa mia storia che è la prima fanfic yaoi che scrivo, prima così spinta ed esplicita e, se rimarrò scioccata io stessa da tutto ciò che verrà fuori, anche l'ultima... :)
Vi ringrazio... buona lettura!





Eravamo nel pieno di un caso quando accaddero i fatti che sto per narrare. Il mio amico investigatore era letteralmente immerso dentro i suoi ragionamenti, mentre io mi muovevo abbastanza cautamente all’interno di quella stretta stanza che sembrava essere stata il covo del nostro sospettato. Dico sembrava, perché neppure il magnifico e celebre Sherlock Holmes era sicuro dell’identità dell’assassino; gli mancava la prova schiacciante, l’indizio finale che collegasse il sospettato al delitto… L’arma, insomma.
Strano a dirsi, ma dell’arma non si era trovato neppure il più misero indizio. Niente tagli, niente segni di colla, niente proiettili, nessun odore strano che facesse pensare ad un qualche veleno. Niente di niente. Questo piccolo particolare faceva credere a tutti, fuorché al mio amico, che il poveretto fosse morto di semplice infarto, dopo un giorno di pura agonia. Cosa assai strana, perché una visita medica era appena stata effettuata al defunto, ed il risultato non negava affatto l’ottima salute.
Holmes si era interessato del caso solo per averne sentito parlare distrattamente dall’ispettore dello Yard, poi sotto mia insistenza si era recato sul luogo, dove assolutamente niente diceva “Qui è stato commesso un omicidio”. Naturalmente, Holmes si era impuntato sul fatto che un infarto era alquanto improbabile ed era risalito a fatti oscuri per tutti. Personalmente, all’inizio credevo seriamente che per una volta avesse sbagliato tutto, ma arrivati a quel punto non potei far altro che dirmi che ero io, ancora una volta, quello sulla pista sbagliata.
Lo seguii in ogni suo ragionamento convincendomi sempre più, fino a quella stanza. Ebbene, lì iniziò questa strana storia.
Mentre mi muovevo cauto, Holmes non poté fare a meno di notare una piccola fiaschetta, di quelle usate per il whisky, situata fra tre caraffe per l’acqua, vuote.
- Credo di aver risolto il caso, mio caro dottore. – fu l’unica cosa che mi disse, prendendo la fiaschetta. L’osservai attentamente mentre l’apriva e annusava il suo contenuto.
- In che modo del whisky può averla aiutata a risolvere questo caso? – domandai alquanto perplesso.
- Questo non è assolutamente whisky, Watson! – mi fece annusare – E neppure acqua!
Probabilmente, fu il mio sguardo poco convinto a farlo continuare, sempre più eccitato, nel suo ragionamento:- Ora, non so lei, ma nessuno terrebbe mai dell’acqua in una fiaschetta per alcolici quando ha in casa ben tre caraffe completamente vuote. Quindi, sono quasi convinto che questo sia veleno. Peccato che l’unico modo per assicurarsene, dato che il liquido è trasparente ed inodore esattamente come lo è l’acqua, sia bere il contenuto di questa fiaschetta.
Fece per portarsi alla bocca il liquido, ma lo fermai, circondandogli la mano che lo teneva con la mia.
- Lei è assolutamente sicuro di quello che dice? – la mia voce tremava leggermente.
- Assolutamente. – la sua invece era fermissima.
- Cosa le fa pensare questo suo ragionamento? – probabilmente cercavo di prender tempo.
- Abbiamo il movente, la storia e la casa del nostro sospettato. Abbiamo la conferma della governante del defunto: questi bevve un bicchiere intero, riempito apparentemente di acqua, prima di collassare a terra. Un giorno di febbre alta e poi improvvisamente una specie di infarto. Io non credo alle coincidenze, lei lo sa bene, mio caro Watson. Quindi il mio ragionamento è fondato.
- È raro, certo, ma a volte può capitare che l’infarto sia preceduto da una lunga agonia… - non feci in tempo a finire che Holmes mi aveva bloccato.
- …eppure in un uomo sano come lo era il signore Flacher…
Ci guardammo negli occhi, mi sentivo smarrito, non volevo rischiare di vederlo andare via, in un modo così atroce per giunta… avevo sentito perfettamente come Flacher aveva passato il suo ultimo giorno di vita. Se quello realmente era lo strano veleno che Holmes cercava, allora lui avrebbe seguito in fretta il signor Flacher; ma c’era un modo per impedirglielo. In fondo, sapevo che Holmes avrebbe tentato di tutto, avrebbe avuto una giornata di tempo per salvarmi, gli sarebbero bastate due ore o al massimo tre per trovare un qualche antidoto, e anche se non ci fosse riuscito, io me ne sarei andato felice perché avrei salvato in ogni caso lui…
Gli sfilai la fiaschetta dalla mano e feci qualche passo indietro, allontanandomi da lui; gli lessi in faccia un’espressione stupita e capii che prima che arrivasse ad intuire la mia idea sarebbero passati solo pochi istanti.
Chiusi gli occhi e portai la fiaschetta alle labbra, bevendo tutto il liquido contenuto al suo interno. Poi l’ultima cosa che vidi fu il suo viso spaventato, i suoi occhi scuri piantati nei miei, l’ultima cosa che sentii la sua voce che mi chiamava come da un qualche luogo lontano, l’ultima cosa che avvertii su di me furono le sue braccia muscolose che mi stringevano.
La vista mi si annebbiò subito dopo, mi sentii scottare tutto e le tempie sembrarono esplodermi.
Infine il buio mi circondò, legandomi con i suoi tentacoli, e la Morte era lì, davanti a me, che mi carezzava la fronte ed il petto, come a volermi confortare.




Mi sentivo il petto schiacciato, le tempie pulsanti e le membra incredibilmente stanche. Gli occhi mi bruciavano come se fossero stati dei tizzoni ardenti ed ebbi subito l’impulso di piangere.
Per un attimo cedetti all’idea di essere morto, ma il tocco fresco di un qualcosa sulla mia fronte mi fece ricredere. Una voce troppo conosciuta, addirittura amata, mi fece saltare in gola il cuore ed aprii leggermente gli occhi.
- Non ti permetto di lasciarmi così, John… Non te lo permetto assolutamente…
Mai avrei creduto che Sherlock Holmes potesse essere delicato come lo era mentre mi carezzava i capelli, o così dolce come lo era mentre sussurrava quelle parole. Pur sapendo che non si era ancora accorto che ero sveglio, mi sentii avvampare, sempre che potessi farlo ancora, ed il mio cuore perse un battito. Per un istante temetti che sarei morto, prima ancora di poter dirgli addio, ma la grande corsa che prese a correre il mio povero cuore subito dopo mi provocò un così grande sollievo che non potei fare a meno di sorridere.
- Lei è sveglio, dottor Watson? – la domanda che mi rivolse Sherlock era così semplice e stupita nella sua ovvietà che quasi mi sentii in vena di prenderlo in giro, ma appena aprii bocca per prendere fiato e parlare fui scosso da una forte tosse. Subito il mio compare fu su di me, tirandomi a sedere e passandomi le mani sulla schiena e sul torace per alleviare quel dolore improvviso.
Quando i colpi furono finiti, mi aiutò a stendermi nuovamente e mi rimise la pezza fresca sulla fronte, dopo averla imbevuta ancora nell’acqua.
- Stia calmo per un po’, tra qualche giorno si sentirà meglio… - lo disse con un sorriso sincero, uno dei pochi che gli vidi mai sulle labbra.
- Cosa è successo? – solo quando pronunciai queste parole mi resi conto di quanto potessi aver risentito di quel veleno: a malapena mi sentivo io stesso ed ogni sforzo che feci per parlare mi provocò del brividi lungo tutto il corpo.
- Dopo che lei ha bevuto quel veleno l’ho portata subito qui, ho avvisato la polizia e mi sono messo a ricavare l’antidoto… Devo dire che non è stato per niente facile… Io ho davvero avuto paura… che lei potesse…
- …morire…
Holmes annuì piano, piantandomi negli occhi i suoi come a volermi scavare nell’animo.
- Io ho… pensato esattamente la… stessa cosa per lei… - fu poco più di un sussurro. Dopo queste mie parole persi nuovamente i sensi e tornai nel buio più completo.




Furono tra i giorni più lunghi della mia vita. Non mi rendevo conto del tempo che passava, mi sembrava che le lancette dell’orologio scandissero sempre gli stessi secondi, gli stessi minuti, le stesse ore. Nei momenti che ero in me Holmes non si presentò più, non lo ritrovai mai affianco al mio letto. In compenso, la signora Hudson sembrava che vivesse sulla sedia accanto a me.
Una o due volte tentai di chiederle che fine aveva fatto il mio amico, ma lei mi rimproverava solamente dicendomi che non dovevo pensare a Holmes, che dovevo guarire o cose del genere. Quindi finii col pensare che l’investigatore aveva trovato un altro caso cui badare o che preferisse fare dell’altro invece che passare le sue giornate con un dottore mezzo morto. Questi pensieri mi facevano ancora più male della tosse e della febbre, che non accennava a scendere, perciò rimasi ben chiuso nella mia stanza, disteso sul mio letto, con un cane da guardia di nome Hudson. Dopo poco tempo mi arresi anche all’idea di non rivedere più Holmes nella mia stanza a preoccuparsi di me e mi rinchiusi dentro i miei pensieri sconnessi e disturbati da febbricitante.
Fu forse la stessa signora Hudson a convincere Sherlock Holmes a rimettere piede nella mia cella?
Una notte aprii gli occhi improvvisamente, dopo essere stato preda di un incubo terribile, ritrovandomi seduto, tremante e spaventato nel buio della stanza. Avevo il respiro irregolare ed il cuore mi batteva all’impazzata.
Una mano ferma e forte mi si posò sulla spalla destra, facendomi trasalire, e mi girai di scatto: il viso di Holmes si trovava a pochissima distanza dal mio. La sua espressione aveva un certo che di strano e non riuscii a decifrarla.
- Ho… Holmes… - articolai ansimante prima che questi facesse una cosa assai strana: salì sul mio letto e, approfittando del fatto che avevo aperto le gambe per sedermi, si sistemò tra di esse.
- Lei mi deve perdonare per questo mio comportamento… - iniziò con un tono di voce basso e roco.
- Cosa dice?
- …ma temo che non riuscirò a fermarmi…
- Holmes, che sta dicendo? – iniziavo ad agitarmi, credevo stesse male, credevo avesse combinato qualche guaio.
- …ho cercato di starle lontano, per evitare di arrivare a questo punto, ma non ci sono riuscito…
- La prego, si calmi, cosa dice? – ripetei ancora; ma lui per unica risposta si impossessò delle mie labbra, prendendomi i polsi e spingendomi giù, distendendomi.
Rimasi stupito e, devo dirlo, sconcertato dal suo comportamento, ma non cercai assolutamente di cacciarlo lontano da me. Mi baciava con così tanta foga e passione che non potei fare a meno di gemere piano e parve godere di quella piccola vittoria.
Si staccò da me solo per riprendere fiato e per sussurrarmi all’orecchio:- …temo proprio che non riuscirò a resistere oltre… temo che dovrò approfittare di lei e delle sue condizioni fisiche, dottor Watson…
A quelle parole mi sentii avvampare e gli dissi a mia volta:- Allora, la prego, la prego, signor Holmes… la prego di farmi suo…
Non seppi bene quale reazione provocarono le mie parole nel cuore di Holmes, ma sicuramente sul suo corpo ebbero l’effetto di uno stimolante efficace. Si avventò nuovamente sulle mie labbra, lasciandomi i polsi e circondandomi la vita con le forti braccia. Io allacciai le mie attorno al suo collo, mentre mi slacciava i pantaloni, unico indumento che indossavo.
In fretta si spogliò anche lui ed iniziò ad esplorare ogni parte del mio corpo, leccando, baciando e mordendo tutto ciò che prima sfiorava. Gemetti ancora più forte quando baciò la punta del mio membro eccitato e prese a leccarlo con foga, allargandomi intanto le gambe.
Stringevo convulsamente il lenzuolo, mordendomi il labbro per soffocare i gemiti di piacere che la sua bocca mi faceva salire alla gola.
Si fermò, lasciandomi al limite, e tornò sulle mie labbra. Quando sentii che stava spingendo il suo sesso dentro la mia apertura strinsi con forza le sue spalle e cercai di prendere più fiato, ma me lo impedì, continuando a baciarmi. In compenso rallentò, facendolo diventare un bacio più dolce.
Il dolore mi dilaniò e le mie guance si rigarono di lacrime, che prontamente Holmes leccò via. Attese pazientemente che mi abituassi alla sua presenza per poi muoversi, all’inizio dolcemente, poi sempre più veloce e con forza.
Mi sentii appagato e sereno, sebbene le tempie ricominciarono a pulsarmi paurosamente, dopo essere venuto e dopo aver accolto Sherlock. Il cuore ancora mi batteva forte nel petto.
Mi abbracciò delicatamente e mi tenne stretto a sé, come se avesse avuto paura di perdermi per sempre.
- La sai una cosa, Sherlock? – la mia voce, sebbene fosse flebile, faceva trasparire la mia serenità.
- Lo sai che so tutto… - mormorò vagamente strafottente lui. Esattamente come al solito.
- Viva la modestia, eh?... Comunque, ti amo…
- Anch’io ti amo, John… - mi diede un bacio sulle labbra, delicato, e poi mi lasciai cullare dalle sue braccia, fino ad addormentarmi.






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VOTO: (2 voti, 5 commenti)
 
COMMENTI:
Trovati 5 commenti
sabakunogaara - Voto: 21/07/10 16:49
Bellaaa! Però, ragazzi... qui si batte la fiacca! Ci vogliono altre fic! Altre fic!
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hawana 20/07/10 17:46
Grazie, ti ringranzio davvero tanto! :)
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ladysmile - Voto: 23/06/10 13:52
meravigliosa!!
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hawana 16/06/10 11:31
grazie! :)
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sara1989 12/05/10 15:44
che dolce! molto carina!
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