Manga e Anime
creata dalla serie "NARUTO":
"NON SARÒ MAI COME LUI"
una fanfiction di:

Genere:
Sentimentale
Rating:
Per Tutte le età

Anteprima:
Kakashi aveva giurato di non innamorarsi mai.l`aveva detto, si era giocato tutto e aveva perso. stupida sakura.

Conclusa: No

Fanfiction pubblicata il 27/10/2006 16:30:01
 
ABC ABC ABC ABC



 ONE SHOT


Attenzione! L’autrice parla! XD
Ciao a tutti!Eccomi di nuovo qui con una ficcy...certo, questa ficcy la sto meditando da un po’, ma mi sono messa a scriverla solo adesso...Se siete fan di Kakashi sono sicura che incontrerà i vostri gusti, perché ha lui come protagonista (Lo amo troppo!), se poi vi piace anche la coppia Kakashi/Sakura ancora meglio! ^_^ Trovo che, insieme a Naruto/Sakura, KakaSaku sia l’accoppiamento migliore...Dimenticavo...é SPOILER!!! Molto Spoiler! ^^ A vostro rischio e pericolo!


Non sarò mai come lui

Io rimango
Prego
Ti vedrò in paradiso, lontano

Io rimango
Prego
Un giorno ti vedrò in paradiso
Lontano sull'altra riva

Preso nel mezzo di cento e più
La notte era tetra e l'aria era viva
Ma lei non riusciva a passarvi attraverso
Trascinato dall'ombra del chiar di luna
Trascinato dall'ombra del chiar di luna 
(*Moonlight Shadow*E - rotic)

L’acqua gocciolava sulle pareti legnose della bacinella, incrinando la tranquillità del liquido rimasto sul fondo, creando continui cerchi, che si espandevano fino a scomparire...fino alla prossima goccia.
Sakura rimase ad osservare in silenzio questi giochi d’acqua, immersa nei sui pensieri.
Non era riuscita a capire esattamente cosa fosse successo...
Sapeva soltanto che era un fatto grave...ma Sasuke, quando l’aveva incontrata nella strada polverosa del lorpo paese, non le aveva detto altro che un nome, accompagnato da un veloce “Devo andare”.
Poi era scomparso nel nulla.
La ragazza scosse la testa, mentre un sorriso ironico le illuminava il volto.
“Devo andare”...chissà se alla partenza sarebbe susseguito un ritorno.
Questo Sasuke non glielo aveva detto.
Sospirò, soffermandosi ad osservare i tratti stanchi del suo maestro, disteso nel suo letto, con gli occhi chiusi e una ruga di dolore che gli percorreva la fronte.

“Ma chi ti ha ridotto così...”

Domandò Sakura a fior di labbra, accarezzando con lo sguardo i lineamenti, appena visibili sotto la maschera, di Kakashi.
Improvvisamente, senza che se ne accorgesse, i suoi polpastrelli incontrarono la pelle bollente del ragazzo, ancora privo di sensi e consumato dalla febbre.
Si ritrasse non appena si rese conto di ciò che stava facendo.

“Chissà cosa stai sognando”

Come risposta alla sua domanda silenziosa, arrivò alle sue orecchie il roco bisbiglio di un nome...

“White Fang...”
*********
Kakashi percorse correndo il corridoio della sua casa, con un sorriso stampato sul volto.
Ce l’aveva fatta.
Aveva passato l’esame ed era diventato allievo di uno dei più grandi maestri esistenti, colui che sarebbe poi diventato il padre di Naruto.
Sentiva l’eco dei suoi passi rimbombare sul parqué di legno, mescolati ai battiti goiosi del suo cuore.
Suo padre sarebbe stato fiero di lui.
Aveva solo otto anni ma era già diventato Genin.
Si arrestò davanti alla porta della camera di Sakumo, riprendendo un poco fiato, pronto a dargli la grande notizia e soprattutto a ricevere i suoi complimenti.
Kakashi teneva moltissimo all’opinione del padre, che era stato uno dei più grandi eroi nella guerra per salvare il suo villaggio.
Prese un respiro profondo e fece scorrere la porta in legno, entrando nella stanza.
Un’oscurità aleggiava nella camera del padre, interrotta solo da brevi spiragli di luce che riuscivano ad infrangere la barriera delle ante di legno della finestra.
Il bambino strinse le palpebre e piano piano che i suoi occhi si abituavano alle tenebre, riuscì ad individuare i contorni degli oggetti.

“Papà?”

Domandò, mentre il sorriso vivace di poco prima veniva sostituito da uno meno radioso e convinto.
Fece scivolare lo sguardo in tutti gli angoli della stanza e alla fine lo vide, seduto di spalle, immobile sul pavimento di legno.
Il viso del bambino si illuminò nuovamente e cominciò a muoversi verso di lui, ma dopo pochi passi un odore acre gli trapassò i polmoni, costringendolo a fermarsi.
Il padre stava ancora immobile, senza degnare il figlio.

“Papà, cos’é questo odore?”

Domandò Kakashi, lottando contro la nausea che gli artigliava lo stomaco e facendo un passo avanti.
Non riuscì ad avvicinarsi al padre.
Senza sapere come, si trovò disteso a terra, la schiena invasa da uno strano calore.
Sbatté le palpebre un paio di volte, prima di rimettersi a sedere e osservare le mani impiastricciate.
La nausea era stata sostituita dalla paura.

“Papà...”

Ripeté il bambino, rimettendosi in piedi e portandosi davanti alla figura imponente di Sakumo, ancora immobile nella tenebra.
Due occhi spalancati e vitrei lo fissarono, così bianchi rispetto al buio che li avvolgeva.
I tratti del viso, una volta fieri, erano stravolti dal dolore e dagli ultimi segni di disperazione.
La mascella era contratta, stretta dalla gelida mano di morte che portava il nome di suo padre.
Kakashi fece un passo indietro, conscio solamente in parte delle lacrime che gli bagnavano il viso, la bocca spalancata in un grido silenzioso.
Suo padre.
Suo padre, il grande eroe, era morto.
Morto per sua stessa mano.
Un suicida.
Lo sguardo del bambino fu catturato dalla mano del padre, tinta di scarlatto, ancora sprofondata nel ventre aperto, il kunai stretto tra le dita, le stesse che più volte lo avevano accarezzato.
Un’ondata di nausea gli salì dal profondo dello stomaco e lo costrinse a piegarsi in avanti, mentre riversava i suoi liquidi sul pavimento, mescolati alle lacrime che non riusciva ad arginare.
Quando il conato finì, Kakashi crollò sul pavimento, mentre le forze gli venivano a meno.
Non si degnò di pulirsi il viso, sporco di vomito, sangue e disperazione.
Nei suoi occhi spalancati c’era posto solo per l’immagine del padre.
Non seppe dire quanto tempo rimase immobile, imbambolato, con la mente incapace di pensare, congelata nell’aria ferma e calda della stanza.
Quando si mosse, un dolore lancinante gli trapassò i muscoli delle gambe, atrofizzati per l’aver trascorso troppo tempo nella stessa posizione.
Fece un passo, poi cadde sul pavimento, sbattendo malamente la fronte.
Gli sembrava di vivere in un sogno...le sensazioni erano vaghe e sfumate, i secondi lunghi come secoli, il dolore era solo un fastidioso pulsare delle vene, troppo forte perché la mente potesse afferrarlo del tutto.
Il bambino si allontanò a passo svelto da quel luogo di morte...le gambe ormai si muovevano da sole, la mente era assente, lontana.
Nessuno badava a lui, nessuno si chiedeva perché un bambino sporco di sangue e vomito camminava per le strade polverose del villaggio, con gli occhi bassi.
Kakashi alzò lo sguardo verso la folla e fu preso da una nuova ondata di conati, più violenta della prima, che lo fece cadere bocconi, gli occhi serrati in un’unica smorfia di dolore.
Anche allora nessuno lo notò...nessuno si fermò a chiedergli se aveva bisogno di una mano...nessuno.
Un flash.
Sangue.
L’odore acre della stanza.
E gli occhi bianchi di suo padre.
Kakashi sbarrò gli occhi e si rimise in piedi, cominciando a correre.
Non importava la meta.
Voleva solo andarsene.
Andarsene da quel luogo di morte.

Yondaime stava passeggiando per il villaggio, quando delle grida provenienti da una grande villa destarono la sua attenzione, che si acuì quando riconobbe la casa in questione.

- Cosa succede? -

Domandò ad una donna che sostava sull’uscio, in preda all’angoscia.

- é morto! -

Esclamò quella, in lacrime.

- Chi é morto? -

- White fang! -

Rispose, quasi in un urlo.
Ma Yondaime era già lontano, inghiottito dai meandri della villa.

*************************************

Sakura strizzò llo straccio candido e lo posò sulla fronte bollente del maestro, sperando di dargli un poco di sollievo.
La febbre si era alzata e lo teneva imprigionato nella rete dei suoi incubi.
Non faceva che gemere e pronunciare sempre lo stesso nome.
Le faceva male al cuore vederlo ridotto in quello stato.
Il respiro era superficiale e il petto si alzava e si abbassava affannosamente.
Sakura lo fissò, incerta sul da farsi.
Era certa che la maschera gli impedisse di respirare bene e forse era meglio abbassarla, ma non sapeva se questo suo desiderio era dato dalla voglia di aiutare in qualche modo il maestro oppure se era per soddisfare la sua morbosa voglia di abbattere il muro che li divideva, per vedere finalmente i suoi lineamenti completi.
Alla fine, con il cuore in gola, prese tra le mani la stoffa sottile e la fece scivolare via dal volto di Kakashi, scoprendolo finalmente per quello che era.
Si trovò davanti il viso di un ragazzo, decisamente più giovane di quel che si aspettava, con i
lineamenti dolci e delle belle labbra curvate verso l’alto.
Restò ad osservarlo a lungo, incantata da quel mistero finalmente svelato.
La sua idea non era stata del tutto sbagliata comunque...respirava davvero meglio senza maschera.

**************************************

Una scena straziante si presentò agli occhi del futuro padre di Naruto.
L’eroe del villaggio, venerato da molti e considerato un traditore da altrettanti, era seduto immobile al centro della stanza, coperto da nugoli di mosche.
Qualcuno aveva avuto l’idea di aprire la finestra, non tenendo conto che in questa maniera il cadavere sarebbe stato dilaniato nelle carni da quegli insetti immondi, prima ancora di essere sottoterra.
Coprendosi il naso con una mano, scacciò le mosche e richiuse la finestra, mentre alcune donne si affrettavano intorno al cadavere, affinché la calure dell’estate non lo facesse decomporre più in fretta, impestando l’aria.
Yondaime gettò uno sguardo alla stanza, concentrando poi il suo sguardo sul kunai, messaggero di morte, stretto nelle mani di quello che era stato uno dei suoi migliori amici.
Una rabbia silenziosa lo avvolse, mentre sentiva le sue stesse unghie penetrare nella carne delle mani.

“Perché ti sei arreso alle dicerie?”

Domandò, con voce rotta da emozioni contrastanti.
Una parte di lui voleva prendere a pugni e calci ciò che rimaneva di Sakumo, come spesso facevano da ragazzi quando avevano qualcosa da risolvere.
Un’altra parte voleva cadere in ginocchio e piangere, per la triste sorte toccata al suo migliore amico.
Poi la sua attenzione fu catturata da un oggetto che prima non aveva notato.
Una fascia da genin, nuova, giaceva in un angolo, illuminata dalla luce rossastra del giorno che giungeva alla fine.
La raccolse, con il cuore che sembrava impazzito in petto.

“Kakashi...”

Pensò prima di correre via, alla ricerca del suo allievo.
Quando lo trovò, Kakashi era seduto sulla sponda del fiume, gli occhi fissi sull’acqua che scorreva.
Yondaime si avvicinò all’allievo con passo leggero, sedendoglisi accanto, in silenzio.
Kakashi lo guardò con gli occhi inespressivi, gonfi di pianto.
Senza una parola, gettò le braccia al collo del maestro e affondò il viso nel suo petto, cercando di soffocare quell’onda di dolore che lo percuoteva dal fondo dell’animo e che minacciava di sommergerlo.
I polmoni di Yondaime furono colpiti dall’odore pungente del vomito, ma non ci diede troppo peso e abbracciò l’allievo come se niente fosse, cercando di trasmettergli un poco di calore.

“Va tutto bene”

Gli sussurrò, pur sapendo che non era vero.
Non andava affatto bene.
Ma proprio per niente.

“Se ne é andato”

Mormorò Kakashi sul suo collo, soffocando i singhiozzi.

“Si. Se ne é andato”

Asserì Yondaime, con un sospiro, accarezzando ritmicamente la schiena del bambino, cercando in qualche modo di fermare quel tremito che gli trapassava le membra.

“Perché?”

Domandò il bambino, con rabbia.
Il maestro Sospirò staccandolo gentilmente da sé, per poterlo guardare negli occhi.

“Per molti tuo padre era un eroe...ma...”

Sospirò, scuotendo la testa.

“Vedi...un giorno si é ritrovato a dover scegliere tra la riuscita di una missione molto importante e la vita dei suoi compagni...Ha scelto la vita dei suoi compagni”


Il bambino lo osservò con uno sguardo penetrante.

“Ma la regola del ninja dice che...”

“La missione porima di tutto...si...ma non é una regola facile da rispettare...e non é neanche giusta, a ben vedere...Comunque, dopo quella missione deliberatamente fatta fallire molti cominciarono ad odiarlo, dicendo che non era un buon ninja...che era stato solo un codardo...”

Yondaime prese fiato e continuò.

“Non dev’essere stato facile per tuo padre sopportare tutto ciò...”

Il bambino non rispose e trascorsero alcuni momenti in silenzio, persi nei propri pensieri.

“Io non sarò come lui”

Disse infine Kakashi, alzandosi in piedi, sotto lo sguardo di Yondaime.

“Io non sarò mai un debole”

Dichiarò, asciugandosi con rabbia il viso.

“Tuo padre non era un debole”

Ribatté con calma Yondaime.

“é stato solo colpevole di aver amato troppo...ma io non me la sento di condannarlo per questo...”

“Non era un bravo ninja, se ha fatto fallire una missione cedendo il passo ai suoi sentimenti personali!”

Esclamò con rabbia.

“I ninja sono comunque uomini, Kakashi. E l’amore, così come l’odio, fa parte della nostra natura...non possiamo arginare questi sentimenti per sempre...verrà il giorno in cui lo capirai anche tu”

Detto questo, si avviò verso il villaggio, lasciando il bambino da solo con i suoi pensieri.
Kakashi lo guardò allontanarsi.

- IO NON SARò MAI COME LUI! -

Urlò alle tenebre che ormai avevano tricoperto tutto con il loro velo.

- HAI CAPITO MAESTRO?! IO NON SARò UN DEBOLE! -

Il giorno dopo ci furono i funerali di White Fang, ricordato come un eroe e odiato da molti per essere tale.
Kakashi non vi partecipò.
Lo videro solo agli allenamenti, una settimana dopo, quando conobbe per la prima volta i suoi compagni di squadra, Obito e Rin.
Portava sul volto una maschera.

“Cos’hai sul volto?”

Domandò Yondaime, con dolcezza.

“Non sarò mai come mio padre...nemmeno nei tratti del volto...non cederò mai il passo ai sentimenti...”

Questa fu l’ultima volta che Kakashi parlò del padre.
Ormai l’aveva chiuso fuori dal suo mondo, si era rifiutato di farlo rivivere anche solo nel ricordo.
A memoria dell’eroe che era stato, c’era solo una lapide bianca, mai bagnata dalle lacrime del figlio, che aveva trovato nella rabbia il rimedio per il dolore.

***********************************

Kakashi spalancò gli occhi, mentre un sudore ghiacciato gli imperlava la fronte.
Dopo i primi attimi di smarrimento, riconobbe il suo letto e realizzò che Gai lo doveva aver portato lì dopo la battaglia con il fratello di Sasuke.
Fece scorrere il suo sguardo per la stanza, finché non incontrò la figura di Sakura, accucciata vicino al suo letto, la testa appoggiata al bordo del materasso e un’espressione serena sul volto.
Sorrise dolcemente alla sua allieva addormentata e le portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
L’aveva accudito lei, dunque?
Si passò una mano sul volto, cercando inutilmente di scacciare la morsa della febbre dalle sue tempie.
Solo al contatto con la sua pelle nuda si accorse che non indossava più la maschera.
Un’espressione di sorpresa gli si dipinse sul volto, accompagnata da una lieve stizza.
Sakura l’aveva visto in volto.
Il volto che tanto odiava, così simile a quello di suo padre, era stato messo allo scoperto.
Sospirò e tornò ad osservare la sua allieva.
In fondo, lei non ne poteva nulla...non sapeva tutta la storia che stava dietro a quella maschera.
Le accarezzò il volto, seguendo con i polpastrelli il contorno delle sue labbra, del suo naso delicato.

A quel contatto così dolce, Sakura aprì gli occhi, incrociando quelli velati di stanchezza di Kakashi, finalmente sveglio.
La ragazza balzò in piedi, mentre un sorriso le si apriva sul volto.

“Sta meglio!”

Esclamò, felice.

“Cominciavo seriamente a preoccuparmi”

Kakashi rispose al sorriso, e Sakura si trovò a pensare di quanto fosse bello, senza la maschera che gli copriva ilo viso.

“Non sono ancora morto per fortuna”

Restarono alcuni momenti in silenzio, prima che Sakura bagnasse nuovamente la pezza nell’acqua e la rimettesse sulla fronte del maestro.

“Adesso é meglio che si riposi....é ancora molto provato”

Gli sistemò la pezza e lo osservò, incatenando i suoi occhi azzurro mare a quelli di lui.
C’era qualcosa di magnetico in quello sguardo...qualcosa che la attirava come nient’altro...qualcosa...
Sakura, trascinata dalla follia dei sensi, avvicinò un po’ di più al viso del maestro, fino a che le loro labbra non furono a pochi centimetri di distanza.
Kakashi poteva sentire il suo profumo, che gli invadeva i polmoni e gli avvelenava il sangue.
I sensi stavano prendendo il sopravvento sulla ragione e la morale giaceva dimentica in qualche angolo della coscienza.
Restarano in balia degli sguardi reciproci, consci l’un l’altro della passione che stava dilaniando loro le carni, mentre gli spiriti erano ancora troppo incatenati alla morale istituita dagli uomini.
Alla fine la distanza si annullò e le loro labbra si poterono finalmente incontrare, facendo capire ad enrtrambi che forse non avevano mai voluto altro nella vita.
Le labbra esperte di Kakashi guidavano quelle infantili ed inviolate di Sakura, che lo seguiva in quella danza come un(amante perfetta.
Ogni distanza era stata annullata, la barriera che separava l’allieva dal maestro si era spezzata.
In quel momento erano soltanto due persone che si erano finalmente rese conto dell’amore che le legava.
Sakura si distese accando a Kakashi, ansando leggermente, mentre lui le accarezzava ritmicamente un braccio.
Sentiva il cuore talmente colmo d’amore da farle quasi male...
All’improvviso sentì il bisogno di esprimere a parole questo sentimento, si voltò verso il maestro e gli sorrise.

“Ti amo Hatake Kakashi”

Mormorò, prima di baciarlo nuovamente.
Lui le sorrise.

“Anch’io”

Disse, a fior di labbra.

“Credo che questa non servirà più...”

Pensò, togliendosi definitivamente la maschera.
Alla fine, l’aveva avuta vinta suo padre.

FINE



 
 
 
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