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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Libri e Film (da libri)
Dalla Serie: Harry Potter
Titolo Fanfic: "LAST KISS" - DI ALEXLUNA
Genere: Drammatico, Erotico
Rating: Vietato Minori 18 anni
Avviso: One Shot, Lemon
Autore: anfimissi-heaven galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 05/08/2007 13:46:59

Fic partecipante al concorso "Rules of seduction"
 
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LAST KISS
- Capitolo 1° -

LAST KISS



«Ma poi che cosa è un bacio?
Un giuramento fatto un poco più da presso,
un più preciso patto, una confessione che sigillar si vuole,
un apostrofo rosa messo tra le parole t'amo.»
Cyrano de Bergerac - Edmond Rostand



«Il potere afrodisiaco del bacio è indiscutibile:
procura uno shock erotico a mille volt.»*





***




Riceverò il bacio tra pochi istanti.
No, non è quello solito a cui sono abituato.
Sono finiti i baci pieni di passione di quando ero ragazzo e anche quelli pieni di amore che mia moglie mi aveva insegnato a dare e a ricevere.
Quelli rubati da un sospiro e quelli cercati nel buio alla fine della notte.
Quelli appena accennati, quelli elettrizzanti, quelli sussurrati… quelli con lei.
Cos’è che mi diceva sempre, quando mi baciava dopo un orgasmo?
«Ogni bacio che mi dai è come una goccia del tuo amore che entra in me.*»
Chi l’avrebbe mai detto che io, l’aitante amante per eccellenza, sarei morto proprio a causa di un bacio?
Un maledetto gesto d’affetto.
Anche di venerazione, certo, e questo da una parte mi consola.
Non avrei potuto immaginarmi una fine così dannatamente appropriata.

Ci sono le urla attorno a me.
Ma dove sono finiti i miei complici?
Dove sono tutti coloro che esaltavano lo sprezzo del pericolo?
Noi, sfidanti della morte.
Lacrime rigano volti terrorizzati e sporchi di sangue.
Altri hanno un sguardo vacuo. Sono tutti impazziti.
Tra poco sarò uguale a loro: i miei occhi non faranno disperare più nessuno, la mia bocca non sussurrerà più maledizioni senza perdono e il mio braccio non ucciderà più alcun uomo.

Io non ho paura.

Sono già morto.

Sono morto con loro.




*.*.*




Un pallido rosa tinteggiava nel cielo; grossi cirri erano colorati d’oro e indaco chiaro. La pace immobile del tramonto sopra il Maniero rendeva l’atmosfera quasi surreale.
La primavera era giunta, beffarda, in anticipo; le piogge di metà stagione avevano intensificato il normale ritmo, e l’improvviso spumeggiare di nivei e rosei fiori di pesco aveva contribuito a sollevare l’umore della padrona incinta.
All'ombra screziata di un nodoso albero di cedro, vide il marito rincasare frettolosamente e si sollecitò a capire cosa l’angosciava.
Con gli anni la vanesia Pansy Parkinson aveva imparato a tenere a freno l’ira del coniuge, ma poiché peli sulla lingua non l’avevano entrambi, finivano sempre in uno scontro diretto.
Quella sera più che mai, la donna temeva il peggio.
Mangiamorte ed Auror erano arrivati ai ferri corti, era il momento di affrontarsi una volta per tutte.
Verso l’imbrunire soleva aspettarlo tornare da lei. Il terrore di non sentire più i passi frettolosi che annunciavano la sua presenza, si faceva puntualmente padrone del suo cuore.
Di certo, un’altra perdita non l’avrebbe permessa.

Giunta in salone, andò rapida a sedersi su una comoda poltrona appena in tempo prima che il marito irrompesse nella stanza.
I segni della stanchezza, seppure cercasse di non darli a vedere, erano assai evidenti.
Gli occhi cerchiati da profonde occhiaie avevano perso un po’ del loro originario luccichio, ma erano pur sempre insondabili e affascinanti.
Attorno alle rosee labbra sottilissime come lamine, due piccole rughe causate dallo stress, scolpivano la pelle diafana.
Sulle tempie, i capelli sottili si erano fatti più radi.
Nel complesso era diventato un uomo affascinante. I modi eleganti non l’avevano di certo abbandonato e l’abitudine di mantenere in forma il corpo e lo spirito, gli permettevano di esibirsi in tutta la sua splendida forma.
Il padrone di casa rifilò poche ma precise istruzioni all’elfo domestico, e dopo aver spedito quest’ultimo ad ultimare la cena vagò in cerca della moglie.
Trovandola, non poté fare a meno di reprimere un nodo all’altezza dello stomaco.
Restò a rimirarla piacevolmente stupito, riuscendo a colorarle lievemente le gote per un inspiegabile imbarazzo.

- Cosa c’è? Ho qualcosa che non va? – domandò sua moglie, senza riuscire però a nascondere un sorriso malizioso.

Sapeva benissimo il motivo per cui suo marito la guardava piacevolmente disorientato, e per questo si alzò lentamente permettendo all’uomo di scrutarla per bene.

- Ti sta ancora? – chiese guardando con interesse l’abito della moglie.

Il ghigno che gli si disegnò sulle labbra fece ridere di cuore la donna.

- Cosa ti fa ridere così tanto? Sei sorpresa che me lo sia ricordato? In fin dei conti, te l’ho regalato io. – spiegò, come se fosse ovvio.

Per Pansy fu come vivere un sogno; un incantesimo che si ripeteva.
L’atmosfera poi era paradossalmente simile ad allora.

- Hai fatto la stessa espressione di quando me lo hai visto addosso la prima volta. Alla festa di fine anno. Sono passati solo sette anni, Draco. – gli sussurrò avvicinando le sue labbra all’orecchio del biondo.

- Sì, ma questa volta ti sta più stretto – sorrise pacato e portò istintivamente una mano sul ventre dell’amata.

- Lo so – assentì lei, guardandolo negli occhi.

I capelli corvini erano raccolti accuratamente in alto in un morbido chignon dal quale aveva lasciato cadere uno sbuffo di ricci.

- Ci hai messo tanto per ricreare l’acconciatura? – si interessò Draco Malfoy imprigionando un ricciolo color dell’ebano con l’indice.

- Stavolta ho preferito utilizzare un semplice incantesimo – disse, come se stesse facendo finta di rivelargli un segreto.

- Sei molto bella – commentò suggellando quanto detto con un delicato bacio sulle labbra scarlatte di Pansy.

Aveva commesso un passo falso, come gli capitava sempre più soventemente in sua presenza.
Non era mai e poi mai stato un amante di tali dichiarazioni sentimentali, ma provato com’era, vedere che ancora qualche sparuto d’amore non era svanito nei suoi confronti, l’aveva rinfrancato oltre ogni limite previsto dal suo autocontrollo.
Lei si ritirò stranita fissandolo con interesse, nulla era in grado di sfuggirle:

- Tu non ami particolarmente questo genere di complimenti e di solito me li dici dopo aver fatto l’amore. C’è forse qualcosa che dovrei sapere? –

Cosa doveva sapere?
Quanti orrori aveva visto compiere e quanti lui stesso ne aveva compiuti?
D’altronde anche Pansy fino a che non era rimasta incinta, era un’esecutrice di prima fila, però ora era diverso.
Le battaglie si erano fatte più aperte, e si moriva molto più facilmente.
Non vi erano più missione punitive nel cuore della notte, oramai non esistevano più orari, appena erano in grado di guerreggiare ogni pretesto era sufficiente per darsi la caccia.

- Io trovo più strano che la propria moglie decida di punto in bianco di travestirsi. – rispose acido scostandosi subito da lei. – Il nostro anniversario è stato il mese scorso, o sbaglio? – chiese con retorica.

Ogni minima traccia di romanticismo si era dissolta in fretta così come era arrivata.
Pansy si sentì una stupida nel suo vestito di seta plissettata celeste, che metteva in risalto il pancione al quinto mese.

- Deduco che ci sarai anche tu domani alla battaglia finale. – constatò, lasciandosi cadere pesantemente sul divano.

Il perpetuare dello scoppiettio del fuoco basso nel camino arrivò come risposta alla domanda di cui temeva il responso.

- Non è così facile. È da una vita che aspetto questo momento. Finalmente da domani sarà finito tutto. – tagliò corto.

Aveva deciso ancora una volta per entrambi. Non l’avrebbe mai presa in considerazione, ma Pansy continuava ostinatamente a crederci, avvolta in una pia utopia.

- Da quando inizi a dare tutto per scontato? Si tratta della nostra vita! Non fare l’eroe, quella parte lasciala a San Potter. – controbatté disgustata.

Fuori, con il calar della sera, cominciò a tirare un vento fortissimo tanto che i rami sbattevano sulle immense vetrate minacciandole di rompersi da un momento all’altro.
Le tenebre sembravano aver fuso la bruma caliginosa formatasi, con le folte chiome degli alberi.
Assaporarono in silenzio l’aperitivo mentre gli elfi domestici travasavano bottiglie di un pregiato vino in caraffe di cristallo. Sorseggiavano, scrutandosi vicendevolmente.
Non vi era vero e proprio astio, ma reciproca indifferenza.
Ognuno rifletteva su quanto sarebbe accaduto il giorno seguente.
Uno avrebbe perso l’ultimo affetto rimastogli; l’altro avrebbe messo in gioco la vita intera.
Scordando apparentemente quanto accaduto prima, Draco chiese criptico:

- Cosa vuoi fare dopo? –

La domanda la sorprese alquanto, ma decise di rimanere al suo gioco, ovvero di rispondere senza rifletterci troppo sopra.
Solo parlando d’istinto si capisce quale sia la vera natura della persone.

- Vorrei partire. Ho ardente voglia di carezzare il nuovo. Mi piacerebbe andare in un luogo dove immergere i miei piedi nell’acqua fredda e provare quella sensazione di freschezza inondarmi. Credo proprio che l’ideale sia andare al mare. Ti conosco da una vita, eppure non so…Ci sei mai stato? –

- Al mare, intendi? – la moglie annuì silenziosamente. – Una sola volta. –

- Ti sei mai soffermato ad osservare l’acqua del mare mentre ti sfiora? Oppure provare a contare il tempo tra un’onda e l’altra? Uno, due, tre, quattro… E vedere i piccoli granellini di sabbia che danno al tatto una sensazione di lieve solletico e lasciandosi pervadere dai brividi. Piano. Io sono sempre rimasta affascinata da tutto ciò, e ho immortalato quegli attimi. Rarissimi, ma molto intensi. – raccontò con gli occhi velati, provando a ricordare quei pochi istanti di vita che aveva vissuto spensieratamente.

- Non smetterai mai di stupirmi, amore – concluse Draco, posando il bicchiere e sedendosi al fianco alla consorte per lasciarle una scia umida di baci tra collo e schiena.

Quel contatto era piacevole anche per lei, che si sentì rimescolare il sangue, e non si tirò indietro, lasciando che le carezze ed i baci continuassero a lungo.
Draco risaliva con le dita affusolate avanti e indietro lungo la schiena scoperta con lentezza esasperante.
Continuando a baciarle lascivamente il lungo collo, alternando sporadicamente soffici morsi ad un leggero sfiorare delle labbra, le slacciò la stringa del vestito.
Fermò ogni gesto e anche il cuore parve perdere un battito mentre lei tirava la cerniera fino in fondo.
Pansy scalciò con attenzione le scarpe dal tacco a spillo, guardandolo ammiccante e provocante come solo lei sapeva essere negli occhi di piombo fuso; ancheggiò un poco per far scivolare il vestito lungo le curve sinuose, rese più abbondanti dalla gravidanza avanzata.
I capi di lingerie aumentavano la sicurezza della seduzione – ampiamente riuscita, il risultato era confermato dagli sguardi lascivi di Draco – rendendola assai più propensa ad agire.
Questo considerevole incremento della fiducia in se stessa istillatole dall’indossare un abito provocante, la portava sempre a scegliere con cura il proprio abbigliamento.
Il tanga scosciatissimo, di pizzo avorio con arabeschi fioriti ricamati in un colore più tenue e semitrasparente, scese sotto guida dei pollici della donna.
Lo portò fino all’inguine, prendendolo poi ai lati e continuando a toglierselo fino a farlo cadere a terra.
Lo scavalcò.
Posando una mano sulla virilità del marito, sentì che la patta stava per esplodere.
Sorrise, entusiasta di averlo eccitato solo con la vista del proprio corpo nudo.
Senza aspettar oltre, gli sbottonò i pantaloni e ne estrasse il pene gonfio e teso che si inchinò a baciare sulla sommità.
Aprì la bocca e Draco sentì che il glande spariva tutto fra quelle labbra bollenti, mentre la lingua lo lavorava con cura.
Prigioniero, non oppose alcuna resistenza ma, anzi, godette appieno del piacere etereo che sapeva donargli.
La virilità pulsava forte; Pansy, non contenta, la prese dalla radice con entrambe le mani.
Sfregava le dita attorno ad essa con la massima rapidità possibile, mentre la bocca indugiava sul prepuzio roseo e sensibile.
Stordito dall'impudenza del suo gesto, rimase stupito dal modo in cui lui stesso prese ad ansare mentre la mano si serrava sempre di più sul membro eretto.
La donna respirava a fatica, senza mai distaccare il glande dalle labbra.
Draco, dal canto suo, provò la voglia pressante di godere subito.
Ma, se si fosse liberato, sua moglie l’avrebbe stecchito seduta stante con un efficace Avada Kedavra: quella sera voleva un tocco di romanticismo e piacere, nulla di troppo violento.

È puramente una questione di ormoni” assodò mentalmente il biondo, ripensando alla decisione insolita della consorte.

Soprattutto, voleva renderle il piacere, ed anche vendicarsi, conducendola al parossismo cui Pansy aveva guidato lui.
Le prese il volto tra le mani carezzandole i lineamenti morbidi, tracciandole linee immaginarie sulle gote pronunciate. La fece alzare, cominciando a seguire le linee del suo corpo con le dita sottili.
Come un cieco privo di vista, si soffermò a saggiare ogni curva, dalla lunga linea delle sopracciglia al profilo diritto e lungo del naso.
Mentre le teneva il viso, posò il pollice sulla curva delle labbra vermiglie e fini. Il tocco deciso su quella pelle compatta come l’alabastro gli fece dimenticare tutto il resto.
Le percorse il collo con i palmi delle mani per poi seguire l’apertura delle spalle. Con i pollici aperti si fermò sui capezzoli turgidi del ragazza, muovendoli in moto circolare.
La serica consistenza dell’areola scura dei seni al contatto con le dita lunghe lo mandò in visibilio.
La pelle era particolarmente setosa e sensibile; bella a vedersi, quanto da toccarsi.
Vinto da un raptus di desiderio, trasse a sé la moglie e aprì la bocca per succhiarle un seno, tenendo sempre una mano a stringerla alla base e, con l’altra, a carezzarle una coscia, risalendo fin sotto la sua femminilità.
Con dannata delicatezza mordicchiò il capezzolo che, stimolato, sembrava schizzare fuori dall’areola da un momento all’altro.
Pansy si permise un fremito e si lasciò sfuggire del fiato dalla gola.

- Draco, toccami più su. Dove sai… – lo pregò.

Il ragazzo fu ben accetto ad esaudire il suo desiderio e spostò la stoffa del tanga per riuscire a sentire il sesso della ragazza, che aveva dischiuso le gambe per quella carezza sempre più intima.
Iniziò a sfregare le dita sul bocciolo del clitoride, inumidendolo con l'umore della vulva per non irritarlo. Sfregò l’entrata della vagina con passaggi delicati e sfuggenti, senza mai penetrarla seriamente.
Con i movimenti lenti della mano, come se fosse sua intenzione prolungare all'infinito il piacere che stava donando alla moglie, iniziò contemporaneamente e titillare sinuoso i turgidi capezzoli.
Penetrando in lei con l’indice ed il medio, il corpo di Pansy cominciò a vibrare, gemendo; sussultando tutta.
Sorrise e si chinò in mezzo alle gambe della moglie.
S’impadronì del clitoride con la bocca e incominciò a succhiarlo con crescente passione, ma allo stesso tempo con delicatezza.
Suggeva la pelle tesa, sottile e vibrante sotto i movimenti guizzanti della propria lingua, senza mai insistere eccessivamente, ma creando un crescente vortice di voluttà che contribuiva ad aumentare i tremiti che scotevano il corpo della donna.
Aiutandosi con la forza delle braccia le mantenne le gambe spalancate impedendole di socchiuderle, come invece avrebbe voluto fare.
All’apice del piacere prese a scuotersi in preda a un rabbioso orgasmo, solo allora cessò di succhiare allontanando le bocca dalla sua femminilità.
Pansy appoggiò le dita sul suo capo e lo attirò verso sé, sull'addome, poi prese a carezzargli i fini capelli.
La testa lasciata all’indietro e la schiena inarcata.
Gli occhi chiusi come a fermare gli istanti e la bocca aperta per il fiato corto.
Giunto al parossismo, Draco aveva l’ardente bisogno di unirsi finalmente con lei. Senza pensare a nient’altro, le mise una mano sotto le ginocchia ed una dietro il collo, sollevandola.
Tenendola sempre in braccio, cominciò a salire le scale.
La testa di lei posava sul suo petto; Pansy udiva il martellare del suo cuore.
Egli si fermò sul pianerottolo e, voltandole improvvisamente il capo, la baciò con una violenza tale da distruggere in lei ogni altra sensazione, eccetto il senso di vertigine causato dal buio in cui si sentiva sprofondare e quella del tocco delle sue labbra sulle proprie.
Draco tremava come se fosse scosso da un vento di tempesta.
Mormorava parole che lei non poteva udire.
Pansy era immedesimata nella tenebra, ed egli pure era tenebra.
Le morbide braccia di lei si strinsero al collo maschile e le sue labbra tremarono sotto quelle di lui, mentre essi salivano ancora nell’oscurità dolce e vorticosa che li avvolgeva completamente.
Guardandosi sempre negli occhi, scivolarono sotto le coperte del letto.

- Grazie. Emozionante, solo questo. Se fosse la nostra ultima volta… – svelò lei con gli occhi lucidi, non riuscendo ad ultimare la frase.

Odiava quando Pansy cominciava a fare la romantica dell’Ottocento, pessimista come poche.
Lui ora aveva solo una voglia primordiale di farci l’amore, possibile che sua moglie dovesse sempre iniziare i discorsi più malinconici prima di un amplesso?

- Ce ne saranno molte altre. – tagliò corto – Ti voglio. – le bisbigliò roco anche lui in uno strano sorriso sbarazzino.

Ribaltando le posizioni in una frazione di secondo, Draco si ritrovò sopra di lei ed iniziò a baciarla.
Il bacio, da inizialmente casto, divenne sempre più profondo. Fino a quando, ansimanti, dovettero riprendere fiato.
Il ragazzo le lambì con la lingua il labbro superiore, giocando con quella di lei, che eccitata cercava di catturarla in un altro bacio emozionante.
Abbastanza teso, penetrò in lei con una spinta ferma e decisa, mozzandole il fiato.
Pansy gemette e, mentre il corpo prese a trasalire, continuava a cingere fra le gambe il corpo dell’amante, quasi ad impedirgli di uscire da sé.
Quel ritmato su e giù le faceva perdere la testa ed il controllo dei movimenti.
Con un repentino cambio di posizioni, la donna riuscì a portarsi a cavalcioni sul corpo del marito.
Famelica, continuò quella corsa d’amore, con il ventre che si contraeva spasmodicamente attorno al membro.
Con i corpi imperlati di sudore, lottavano selvaggiamente per un ultimo orgasmo che sembravano volere posticipare all’ultimo secondo.
Un urlo, non certo di dolore, e l’inarcarsi del suo corpo provarono che il piacere si era impossessato di lei.
Ad un tratto Pansy provò un brivido che non aveva mai conosciuto: gioia, follia, eccitazione allo stato puro, abbandono a braccia che erano troppo forti, labbra troppo cocenti, fiato troppo rapido.
La ragazza si riabbandonò con la testa sul petto virile di Draco, gli occhi velati per l’emozione appena provata, la bocca semiaperta e il fiato che tornava regolare.
Le parve di sentire il suono lontano del mare, come quando da bambina appoggiava alle orecchie due conchiglie, e attraverso quel rombo udì i tonfi del suo cuore.
Fu come se il suo corpo si fondesse con quello di lui e per un tempo interminabile le loro labbra rimasero unite, dando l’impressione che non potessero più staccarsi.
Interrottasi per l’orgasmo, riprese il suo movimento; sarebbe stato egoistico da parte sua interrompere il coito, prima che il marito raggiungesse l’acme del piacere, che giunse tanto irruente quanto atteso.
Pansy teneva le gambe spalancate ma senza più serrarle attorno al corpo di Draco; questi, per contro, si ripiegò indietro, abbandonando il capo sul cuscino.

- Mi piace sentirti dentro. Restaci ancora, finché puoi. – ansimò la ragazza, ondeggiando meglio il bacino per avere una posizione più piacevole.

- Sì, certo. Mi è piaciuto molto, Pansy. – boccheggiò di rimando.

Dopo che entrambi ritornarono a respirare normalmente, Draco si adagiò accanto alla moglie, rimanendo su un fianco per poterla guardare meglio.

- Vorrei dirti una cosa… – mormorò la donna posandogli una mano sul petto muscoloso.

- D’accordo, ma ti avverto: non ritornerò sui miei passi se è questo che vuoi sapere. Non avere paura. – la voce uscì come un implorazione.

- Il mio destino è di stare accanto a te, e solo avendoti vicino non avrò paura… Ma, se tu non tornerai più da me e dalla nostra futura bimba, io morirò – sospirò mesta.

Crepacuore e stanchezza la sopraffecero; come a volersi nascondere, portò le mani sul volto e pianse.
Non aveva mai pianto in sua presenza e Draco capì quanto fosse sinceramente preoccupata per le sue sorti.
Non aveva mai immaginato che donne forti come lei avessero lacrime, e un’onda di affetto e di rimorso l’invase.
Prese il suo viso fra le mani e l'accarezzò, poi la baciò sulle labbra.
Il sapore salato delle gocce di pianto si mescolarono al gusto mielato della sua bocca.
Dopo lo sfogo di pianto la sentì stringersi addosso al suo corpo, e le loro labbra si congiunsero in un bacio appassionato.
Vi è anche un bacio che dà un senso di timore al cuore * , e quello confermò l’eccezione.
Cullandola delicatamente, le sussurrò:

- Cara mia fiera Slytherin. Non posso permettere al mio cuore di sentire il tuo pianto. Io non ho paura, amore. Sono coraggioso. –

- Il coraggio è la conseguenza d'una grandissima paura. –

Draco scosse impercettibilmente la testa, anche se dentro di sé il cuore dava ragione alle parole della moglie.
Nel buio senza parlare, Pansy si addormentò, con il volto appoggiato sul cuore di Draco.




***




Guardò verso il crepuscolo vermiglio, oltre la sterminata radura che desolata si estendeva ai piedi di quella dinoccolata rupe. In quegli istanti il sole stava declinando avvolto di nebbia e porpora.
Per un bizzarro gioco del destino, una miriade di cornioli spruzzavano di grosse chiazze candide, la palude sulla destra e gli altipiani lontani.
La sua Pansy adorava in modo particolare quel tipo di fiori, non a caso aveva supplicato Draco di far piantare nel cortile labirintico del Maniero una mezza dozzina di coriacee, alberelli non altissimi ma che si riempivano di odorosi e piccoli fiori paglierini.
Quel pezzo di terra rada sottostante aveva il terriccio di un violento color sanguigno, simile a polvere di mattone durante i periodi di siccità.
Quel posto era pieno di contraddizioni, tramonto accecante e nebbia via via più compatta.
In lontananza, ai margini della radura sorgevano le foreste vergini, fresche ed oscure, misteriose ed un po’ sinistre, dove pini sembravano attendere con secolare pazienza, avvolti in stoici silenzi.
A rompere quell’apparente tranquillità la voce che più aveva timore ascoltare, lo destò dal suo osservare.

- Sono pronta a lasciare tutto per te. Sono stanca, terribilmente stanca. Non ne posso più di tutti loro… –

- Che ci fai qui? – domandò nervoso voltandosi a guardare negli occhi quella donna che ogni giorno aveva maledetto e amato allo stesso tempo.

Si curvò verso di lei e per un attimo Pansy smise di respirare perché credette che lui l’avrebbe presa tra le braccia e sarebbero scappati insieme. Ma invece, Draco le carezzò un braccio e le parlò cambiando totalmente registro: stavolta la trattò come un bambino da consolare a tutti i costi.

- Lo so che sei stanca di questa storia, per questo parli così. In questi anni, da quando i tuoi sono morti, ti sei aggravata di un fardello tale che neanche molti uomini saprebbero fare altrettanto. Ora che sei rimasta incinta non puoi più continuare a fare questo tenore di vita. Ma io ti aiuterò, puoi starne certa. Non sarò sempre così inetto nei tuoi confronti. – era come una seconda dichiarazione d’amore.

- C’è solo un modo per aiutare me e la bambina nel mio grembo. – mormorò ostinata – e sarebbe portarmi via di qui e da questa asfissiante guerra, per ricominciare a vivere, cosa che non abbiamo mai fatto. Chi lo sa, magari con la possibilità di essere felici. Non c’è nulla che ci trattenga a forza qui. –


Ti perderai per il tuo coraggio, infelice.
Del figlio non hai pietà, né di me disperata che presto sarò vedova.
Gli Achei ti uccideranno: sarai assalito da tutti.
Meglio, non avendo più te, scendere sotto terra.
Non proverò più gioia, solo dolore.


- Nulla…eccetto l’onore. – concluse tagliente.

Pansy lo guardò stordita, e vide come il suo capo si drizzava fieramente, e come l’espressione si induriva.
I loro occhi si incontrarono: quelli di lei profondi e supplichevoli, quelli di lui distanti e grigi.
La donna vide in essi il naufragio dei suoi pazzi desideri di speranza.
Le posò un braccio attorno al fragile corpo, e la sentì trasformarsi; il corpicino che egli stringeva a sé, sussultò come toccato da una bacchetta magica, e gli occhi neri lo fissarono splendenti di dolce eccitazione.
Per un istante gli anni amari scomparvero, e Draco, vedendo che le labbra volte verso le sue erano rosse e tremanti, le baciò. Penetrò nella sua bocca con la lingua assaporando la morbida parete del palato, lei contraccambiò il movimento incrociandola con la sua, titillandola l'una contro l'altra riempiendosi entrambi di brividi caldi.
Quando improvvisamente Draco si staccò, Pansy dovette sorreggersi alle spalle del marito, sollevando gli occhi fulgidi di amore, esclamò trionfante:

- Scappiamo! Ora! –


Abbi pietà di me: resta qui sulla torre:
non fare di tuo figlio un orfano e di me una vedova.



Anche lui le teneva ancora le braccia dietro la schiena, e Pansy lo sentì tremare, e questa sua malcelata vulnerabilità le piacque molto.
La fissò con occhi dai quali era scomparsa ogni forma di indifferenza; occhi tormentati dalla disperazione.

- No! – perseverò – No, altrimenti non rispondo di me. –

Pansy sorrise luminosa, animata da un nuovo barlume di illusione, dimentica del luogo e del tempo, meno che del ricordo della sua bocca.

- Vattene! – gridò selvaggio.

La paura si era fatta padrona per un istante.
Non poteva permettersi di mettere in pericolo la vita della moglie.
Lei era venuta meno alla promessa che si erano scambiati.
Non sarebbe dovuta venire.
Quel posto era sinistro e malvagio. Ai loro piedi due eserciti si sarebbe scontrati e l’odio accecante avrebbe distrutto ogni cosa.

- Andarmene senza di te? Mai. – perdurò risoluta. – e poi vorrei sentirti dire all’infinito che mi ami come non potrai amare nessun altra donna. – confessò senza abbassare per un istante lo sguardo fiero.

- Vuoi proprio che te lo dica? E va bene. Ti amo. –

Con impeto tale da farla indietreggiare, si chinò su di lei.

- Ti amo, Pansy. Amo il tuo coraggio, la tua caparbietà, la tua passione, il modo in cui guardi solo me, il tuo fuoco, la tua irrequietezza. Quanto ti amo? Tanto. Ti amo così tanto che ora ti prenderei e ti porterei via se potessi. –

Pansy lottò contro un turbinio di pensieri e sentì nel cuore come una stilettata di ghiaccio.

- Se provi questo per me, intanto non hai avuto la volontà necessaria per scappare! Vuol dire che non mi ami veramente. – constatò cercando di convincere più che altro se stessa.

- Non riuscirò mai a farti capire. Sei troppo prevenuta nei miei confronti. – sempre tagliente con chi si ostinava a non prenderlo sul serio.


Tanta angoscia avrò invece per te
quando qualcuno degli Achei ti porterà via piangente,
come prigioniera.
Rimpiangerai l'uomo che poteva allontanare la tua schiavitù.



Tacquero e si guardarono. Il sole davanti a loro era definitivamente tramontato.
Ad un tratto Pansy rabbrividì, come se fosse tornata da un lungo viaggio.
Si accorse che la notte era calata e che la battaglia sarebbe iniziata tra meno di un’ora.
Vide che il volto del marito, che lei conosceva bene, era tornato una maschera granitica, ma in quegli occhi l’ombra di dolore e rimorso era presente.

- Non c’è più nulla. – disse finalmente la donna – Nulla per me. Non ho nulla da amare, nulla per cui combattere. Tra poco non ci sarai più neanche tu. –

Draco ormai era sicuro di ciò a cui andava incontro.
La fissò a lungo e poi posò una mano sul ventre rigonfio di lei.

- Sì, c’è ancora qualcosa. – ed un barlume dell’antico sorriso, quello col quale prendeva in giro se stesso e lei, apparve su quelle labbra. – C’è qualcuno che tu ami più di me, pur non sapendolo. Hai ancora la nostra futura bambina, tesoro. La amerai anche per me. –

Le prese una mano, l’intrecciò con la sua e poi la appoggiò sul pancione.
Pansy guardò un attimo il ventre, dopo fissò Draco e comprese che anche se avesse dovuto morirne, non avrebbe mai lasciato quella battaglia in sospeso e lei non avrebbe potuto far nulla per spezzare quell’armatura.

- Sì – disse – ho ancora lei. –


Poi baciò il figlio amato,
lo fece saltare sulle braccia
e disse pregando Zeus e gli altri numi:
– Fate che mio figlio cresca
e diventi come me, pieno di forza.
E che porti le spoglie insanguinate di un nemico
e ne abbia gioia in cuore della madre.–
Dopo queste parole mise il figlio in braccio alla cara sposa.
Ed essa lo strinse al petto odoroso
sorridendo fra le lacrime.



Guardò Draco, e svuotata di ogni emozione, disse chiaramente:

- Non devi andare via. Solo perché desidero che tu non mi lasci sola, non posso impedirti di lasciar morire gli altri compagni, e nemmeno di troncare con i tuoi ideali soltanto perché ti ho costretta a fare una cosa che non volevi. Questo non accadrà mai più. –

Si volse e si avviò lentamente verso i campi di cornioli, torcendo i suoi capelli in un nodo sulla nuca.
Draco la osservò allontanarsi per sempre, e vide che nel camminare irrigidiva le spalle sottili. Quel gesto gli arrivò al cuore più di tutte le parole proferite.
Si arrestò per un momento lungo la discesa e l’uomo ebbe il terrore che sarebbe tornata da lui, invece, senza voltarsi, si abbassò a strappare un corniolo e mentre lo portava al naso bramosa di nutrirsi del prelibato profumo, si smaterializzò.



***




Un’esile figura avvolta da una lunga tunica nera, il cappuccio dello stesso colore alto e a punta, era immobile in mezzo alla carneficina. Il viso nascosto da una tetra maschera placcata d’oro massiccio. Impossibile definire se al di sotto di quel vestito da Mangiamorte si celasse uno spietato mago o una malvagia strega.
Si muoveva in fretta e impavida fra quel massacro di uomini, accompagnata dall’assordante rumore di urla atroci e grida di maledizioni senza perdono.
Lampi verdi e di altri colori illuminavano come saette quel posto tenebroso dove Bene e Male affrontavano la battaglia definitiva.
Lo scontro aperto e finale.
Quella notte il mondo dei maghi avrebbe sacrificato il suo ultimo difensore.
Harry Potter sarebbe morto, e con lui la speranza.
Il Mangiamorte vide correre da una parte all’altra gli uomini del Ministero, gli unici a volto scoperto. Sfrecciavano con la bacchetta in alto e il panico dipinto sul viso.
C’era odore di morte nell’aria.
The Glade of the Spirits, anziché una radura sembrò essere mutata in un cimitero a cielo aperto.
Per terra giacevano immobili centinaia di uomini e donne d’ogni età; vi erano occhi accecati dal sangue e dalla polvere rossa: occhi ardenti ed orribili.
Un urlo la fece voltare.
Un Death Eater uccise un uomo di spalle mentre tentava di scappare.
Il corpo possente del morto cadde pesantemente a terra: occhi neri riversi.
La risata malefica e gutturale del carnefice apparteneva senza dubbio a Rodolphus Lestrange.
A pochi metri di distanza un altro combattimento sembrò fosse giunto all’epilogo.
Il coraggioso Bambino Sopravvissuto stava avendo la peggio.
Contorcendosi a terra e urlando di dolore, fu colpito da un potente Cruciatus.
Quella voce che avrebbe riconosciuto tra mille, riecheggiò all’infinito nelle orecchie del misterioso Mangiamorte.

- Che c’è Sfregiato, hai già mollato la presa? – sentì urlare.

Dapprima furono parole senza significato, ma spontaneamente il pensiero che, sotto quel cappello appuntito e quella tonaca da seguace del Signore Oscuro, si celasse l’identità di Draco Malfoy si fece incontrovertibile.
Accecato dalla rabbia la figura mascherata, si ricordò che avrebbe lottato fino alla fine per riaverlo al suo fianco.
Quando il “leggendario” Harry Potter si rialzò sulle sue gambe tremanti, alzò la bacchetta e prima ancora che Draco potesse riuscire a capire le intenzioni del moro, questi gridò:

- Expelliarmus! –

La bacchetta del biondo volò via perdendosi nell’oscurità delle tenebre.
Un nodo all’altezza della gola fece capire al Death Eater che il peggio si stava per avverare e colui che aveva assistito in silenzio al combattimento, decise che era ora di intervenire una volta per tutte.
Camminò rapido, non provava né vergogna, né delusione, né amarezza, solo un senso di enorme stanchezza e gran vuoto nel cuore.
Strinse la bacchetta fino a quando le nocche divennero pallide.
Senza esitare la puntò contro l’ex-Grifondoro, proprio mentre stava per lanciare l’anatema mortale, quest’ultimo la precedette.
In lontananza sentì Harry Potter urlare con chiarezza:

- Avada Kedavra! –

Una saetta verde uscì violentemente dalla bacchetta del ragazzo, poi il buio più nero.
Attorno a loro il massacro continuava, inconsapevole di quanto accaduto a pochi metri di distanza.
Qualcuno tra i due giovani era morto, eppure…
Draco Malfoy e Harry Potter rimasero ancora in piedi, sbalorditi.
Non capendo ancora quanto fosse accaduto, portarono istintivamente gli occhi a terra nel punto in cui la figura di un terzo Mangiamorte giaceva inerte.
Più confuso che mai, il biondissimo Death Eater corse verso il corpo di colui che un istante prima si era smaterializzato prendendo in pieno petto la maledizione.
Gettando malamente la maschera che ricopriva il suo fiero volto, raggiunse la persona che si era sacrificata per lui.
Dentro di sé, ripeteva pieno di panico:

“Non può essere. Dio!, se davvero esisti da qualche parte, fa che non sia così.”

Rigirò bruscamente il corpo e il sangue si raggelò.
Il volto di Draco non mutò ma le sue labbra fini e serrate si sbiancarono, come capita a chi riceve un colpo violento senza preavviso, e, che nel primo momento, non si rende ben conto di quanto accade.
Harry Potter era rimasto ancora pietrificato fissando sconvolto quel corpo… dal ventre rigonfio.
Malfoy tolse delicatamente la maschera d’oro ed una chioma di lisci capelli neri ricaddero su un volto esangue dallo sguardo vitreo.
La voce sembrava morirgli in gola quando impazzito continuava a ripetere disperato:

- Colpa mia. Sola mia. Colpa mia. –

Ricordò come Pansy si era allontanata da lui quel pomeriggio.
Si sentì struggere il cuore per la propria inettitudine, ma contemporaneamente un senso di ammirazione l’invase, segno di quanto fosse sotto shock.
Sapeva che nel vocabolario della moglie non esisteva la parola “coraggio” perché lei prendeva la vita come veniva, opponendo il suo intrepido spirito a qualsiasi ostacolo le si presentasse, lottando con una decisione che non ammetteva sconfitta, e continuando a combattere anche nel momento in cui vedeva che l’insuccesso era inevitabile.



***




Quando poche ore dopo gli Auror lo vennero ad arrestare, si stupirono di ciò che videro.
Abbassarono la bacchetta e rimasero a fissare quel macabro spettacolo.
Lui, Draco Malfoy li guardava con occhio fermo, appesantito dalla stanchezza, e senza alcuna fiamma nelle pupille.
Nonostante quelle persone avessero intessuto sui mantelli lo stemma del Ministero della Magia, il volto dell’uomo non espresse sorpresa, né le sue labbra si piegarono beffarde come erano solite fare.
Era sprofondato sulla terra ghiacciata, col vestito insudiciato di sangue rappreso.
Ogni particolare ostentava la rovina di un bel corpo, lo sconforto di un volto dalle fattezze virili. La perdita dell’unica persona amata e l’eclissi di ogni ideale avevano compiuto la loro opera su quel profilo granitico.
Lentamente carezzava il pancione della donna che teneva adagiata sulle sue gambe.

- Sono morte. – mormorò impercettibilmente.





*.*.*.




Ora è troppo, dannatamente tardi.
Il silenzio come unico imperatore nel cuore.
Un'altra porta si chiude, ma senza sbattere.
E fa più male, perché questa volta là dietro ci sono loro.
Il Dissennatore si avvicina e le mie speranze, se mai ne ho avute, sono svanite.
Ad ogni passo l’agonia dell’attesa scompare lasciandomi un retrogusto di amarezza e desolazione.
Vorrei ancora guardarla, un momento con lei in cambio di un’eternità sospeso nel vuoto.
La mia preghiera si è esaudita.
Si è dissolto tutto, ma lei è rimasta lì, in quella casa, in quel giardino, mentre io sono così cambiato.
I suoi occhi bambini però, piangono ancora nel buio di quella stanza da letto, dopo che abbiamo fatto l’amore.
Guardami negli occhi Pansy, e dimmi che va tutto bene.
Guardami e dimmi la più banale ma anche la più rassicurante delle bugie.
Dimmi che andrà bene ancora una volta.
Ti supplico.

Così, con un bacio…io muoio.





The end.






*Note dell'autrice:
Titolo: LaSt KiSs [L’ultimo bacio]
Autrice: Alexluna
Pairing: Pansy/Draco
Raiting: V.M. 18
Advises: One-Shot
Categories: Erotico, Lemon, Drammatico
Summary: [...]Pansy era immedesimata nella tenebra, ed egli pure era tenebra.
Le morbide braccia di lei si strinsero al collo maschile e le sue labbra tremarono sotto quelle di lui, mentre essi salivano ancora nell’oscurità dolce e vorticosa che li avvolgeva completamente.[...]
Desclaimers: Non posseggo e non ho creato il mondo di Harry Potter, frutto della fervida fantasia di Joanne Kathleen Rowling. L’ultima frase è presa dalla celeberrima tragedia “Romeo e Giulietta” di William Shakespeare. Alcune frasi non sono mie ma citazioni anonime(sono contrassegnate con asterisco). Il pezzo tratto dall’Iliade di Omero, ovvero il canto di addio tra Andromeda ed Ettore, è la traduzione di Salvatore Quasimodo.
Dedica: A quattro persone speciali, quattro amici formidabili, quattro colonne portanti: –Lucilla– e Kimikiumi, Super-matt e Gothar. Un grazie speciale ai beta-reader (in ordine alfabetico): Giulietta, Lupus e Rekishi.

 
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