Sentimentale - Dark - Azione - Fantasy - Soprannaturale
Avvisi:
AU - Coppie Shounen Ai
Rating:
Per Tutte le età
Anteprima:
In un mondo quotidiano e monotono, alcune verità si celano nell’ombra...
Conclusa: No
Fanfiction pubblicata il 26/12/2007 10:19:39 - Ultimo inserimento 31/01/2008
ABCABCABCABC
RED DOOR
<center>Capitolo uno
- Red door - </center>
Si leccò le labbra, fissando le iridi argentee sulla nuca del ragazzo che stava passando proprio sotto il suo sguardo famelico.
Fischiettava, ignaro. Sembrava persino felice.
Non poteva sapere che la sua vita sarebbe finita di lì a poco.
Con un balzo felino, anche nella sua silenziosità, il vampiro scese dal tetto.
Quell'umano aveva un profumo inebriante. Di nuovo, si umettò le labbra mentre ritmava il passo al suo. Al primo angolo un po' più buio lo avrebbe fatto suo, ma per il momento si limitò a camminargli dietro, inspirando profondamente quell'odore invitante.
Era una di quelle prelibatezze che non capitavano tutti i giorni. Se lo doveva gustare con tutta calma.
Con la leggerezza di chi è ignaro del proprio destino, il ragazzo svoltò, canticchiando con voce stonata, ed in meno di un secondo si ritrovò bloccato a terra da un peso sorprendentemente opprimente.
Il fiato gli si mozzò violentemente, mentre il cuore prese a battergli furioso in gola. Con l'impedimento di una mano premuta sul viso riuscì a voltare lo sguardo quel tanto che gli bastava per vedere il suo aggressore.
Era sorprendentemente giovane ed esile, la pelle bianca come ceramica, e due occhi d'argento incastonati su un viso di una bellezza da mozzare il fiato. Ciuffi di capelli dello stesso colore del suo sguardo gli carezzavano impalpabili le guance setose, e le mani che lo tenevano bloccato sembravano tanto fragili da potersi spezzare, con quelle dita affusolate e i polsi sottili.
Con uno scatto cercò di liberarsi, convinto che fosse semplicemente troppo fragile per resistere, ma di nuovo sentì quel peso opprimerlo con violenza, ed annaspò, bloccato sull'asfalto.
<<C - chi diavolo sei?! Che vuoi?! Guarda che non ho soldi, non ne ho nemmeno per pagarmi l'affitto...!>>
Quel suo tentativo di farlo desistere - qualsiasi intento avesse - sembrò del tutto inutile. Il ragazzo accennò un sorriso freddo, mentre con quella forza misteriosa lo afferrava e lo girava con la schiena premuta sull'asfalto, impedendogli al contempo ogni via di fuga.
<<Shh...>> si chinò, soffiando nel suo orecchio. Un brivido gli percorse la schiena quando quei capelli incredibilmente setosi andarono a sfiorargli il mento <<Sta tranquillo, non ti farò male...>>
La sua voce aveva un nota di gentilezza, che stonava del tutto con la scena che si stava consumando.
Due canini affilati come rasoi s'intravidero in quel sorriso enigmatico. Impallidendo di una paura primordiale, il ragazzo cercò inutilmente di divincolarsi.
E con un piccolo gemito di paura, sentì la lingua del suo aggressore percorrere umida il suo collo, insistendo in particolar modo in alcuni punti, come soddisfatto dei fremiti di terrore che poteva sentire sulle labbra.
<<C - che cosa vuoi...?>> domandò, disperato, quasi con le lacrime agli occhi dalla paura. L'apparente gentilezza di quel tipo lo stavano terrorizzando più che se avesse avuto un coltello puntato contro.
<<Sta tranquillo>> ripeté quello, mentre si sedeva sul suo ventre più comodamente <<Non sentirai nulla, non ti farò soffrire.>> e mentre diceva ciò, con un dito percorreva il suo collo, fermandosi poi in un punto, immobile. Si chinò su di lui con un gesto fluido, e mentre lacrime di terrore rotolavano sul suo viso per poi frantumarsi a terra avvertì un dolore lancinante perforargli il cervello. Poi l'oblio.
<center>**</center>
Quando si risvegliò, gli ci vollero diversi minuti per ritornare a connettere.
Quella sera come tante, la mezzaluna luminosa, quel ragazzo di una bellezza abbagliante (abbastanza da fargli notare una cosa tanto frivola nonostante la paura, in ogni caso), le sue parole carezzevoli, quel dolore improvviso...
Con uno scatto forse troppo brusco si tirò a sedere. Era nel suo monolocale, lo riconosceva, ed era vivo.
Quando aveva sentito quel dolore spaccarlo a metà... Come poteva essere ancora vivo?
La testa gli doleva. Gemette, mentre si portava una mano alla tempia. Non doveva avere una gran bella cera.
<<Phoenix!>>
Con un ululato strappa timpani, qualcosa di rumoroso e dagli sconclusionati capelli nocciola gli piombò addosso, frignando.
<<Uha...!>> aprì gli occhi, fissando l'amico che gli si era letteralmente gettato sopra <<Larry, mi stai soffocando...!>>
A quel balbettio, il ragazzo si staccò, seppur lo fissasse ancora con le lacrime agli occhi.
<<Mi hai fatto prendere un colpo, diamine!>> sbottò, lamentoso e piangente <<Ti ho ritrovato in quel vicolo, tutto quel sangue... Pensavo che non avresti più aperto gli occhi...>>
E dopo aver pronunciato quell'ultima flebile frase scoppiò in un pianto a dirotto, rumoroso come solo lui ne sapeva fare.
Phoenix non se ne preoccupò, conosceva il ragazzo, dopotutto era il suo migliore amico dalle elementari! Con un sospiro provò a raccogliere le idee, ma in testa gli balenavano sempre i soliti flash, che certo non lo aiutavano a capire cosa fosse successo, e sopratutto cosa avesse fatto il ragazzo che lo aveva aggredito.
Con un sospiro flebile si lasciò ricadere sui cuscini, mentre Larry si riprendeva dalla crisi di pianto.
<<Ma insomma, amico, che diavolo ti è successo?!>> sbottò, tirando su col naso
<<Non ne ho idea>> ammise con rammarico il moro, grattandosi sul collo per far sparire un prurito particolarmente insistente <<Questo tipo mi è saltato addosso, all'improvviso...>> si sforzò di ricordare altro, continuando a grattarsi distrattamente.
<<Ehi, ehi! Non toccarti!>> agitato, Larry gli afferrò il polso, allontanando la mano dalla fasciatura che percorreva tutto il suo collo <<Ti si riaprirà la ferita!>>
<<Ferita?>> domandò perplesso Phoenix, dato che a parte quel prudere non sentiva null'altro <<Che ferita?>>
<<Qui, sul collo!>> senza lasciargli andare la mano il bruno indicò la fasciatura con l'altra <<Avevi un taglio enorme, ti ho dovuto portare al pronto soccorso di corsa... Non ti fa male?>>
Il moro rimase in silenzio qualche istante. No, non sentiva dolore ne tagli, nulla di nulla.
<<Ma sei sicuro?>>
<<Certo!>> imbronciandosi, Larry prese a disfare la fasciatura <<Ora ti faccio vedere, così prendi la cosa un po' sul serio... Non la smetteva più di sanguinare quella robaccia...>>
Ma, arrivato ad un certo punto, si bloccò spalancando la bocca.
<<Che c'è?>> Phoenix sbatté gli occhi, fissandolo perplesso.
<<Non...Non c'è...>> mormorò scioccato, mentre lasciando cadere le bende a terra andava a passare un dito dove doveva esserci la ferita, sentendo sotto il polpastrello la pelle liscia senza cicatrici ne tagli. <<La ferita è sparita!>>
Il moro non disse nulla. Era convinto che Larry stesse esagerando come suo solito, ma vista la sua aria seriamente shockata decise di non infierire.
<<Era profondissima...>> balbettò, incapace di darsi una risposta, e Phoenix scostò gentilmente la mano dal suo collo, dato che lo solleticava.
<<Dai Larry, eri spaventato, magari era solo un taglietto con un sacco di sangue e ti sarà sembrato chissà cosa.>> tornò a sistemarsi sui cuscini, mentre l'amico continuava a fissarlo sconvolto <<Tu ti preoccupi sempre troppo. Perché non torni a casa a riposare?>>
Ci volle del bello e del buono per convincerlo, ma alla fine con aria mesta il bruno seguì il suo consiglio, tornando a casa sua per riposarsi un po'.
Rimasto solo, Phoenix contemplò a lungo il soffitto dal suo giaciglio morbido. Chi era quel ragazzo? Perché lo aveva aggredito? Cosa voleva da lui?
Probabilmente era solo un rapinatore, o qualcosa di simile, ma il moro non riusciva a togliersi dalla testa quegli interrogativi.
Quel ragazzo gli era apparso troppo sicuro, troppo forte, troppo... Ultraterreno, per essere un delinquente qualunque.
E poi c'erano troppe cose che non capiva. Non gli aveva rubato nulla, ne soldi, ne documenti, nemmeno l'orologio di suo padre, unico oggetto di valore che possedesse. E quella forza misteriosa... Quei denti inquietantemente affilati... Quella luce negli occhi d'argento che sembravano più lo sguardo di una nobile fiera che quello di un essere umano...
No, c'erano troppi interrogativi per darsi una risposta.
Con un sospiro esasperato si alzò. Era inutile rimuginare, stava solo perdendo tempo. Intenzionato a farsi una doccia, si avviò al bagno passandosi una mano tra i capelli neri e scompigliati. Il collo gli prudeva, ma non ci fece caso, grattandosi mentre apriva l'acqua che prese a scendere con uno scroscio.
Non s'accorse affatto delle due sottili linee di pelle più chiara che risaltavano contro la sua carnagione, la nel punto dove Larry aveva detto d'aver visto la ferita profonda.
<center>**</center>
In quello stesso momento qualcuno stava soffrendo decisamente più di lui. Un ragazzo alto ed esile, dai capelli argentati come la luna si contorceva in preda al dolore in una stanza semibuia. Un uomo che dava a vedere i primi segni dell'anzianità stava chino su di lui, fissandolo senza muovere un dito.
<<Entra, Franziska>>
Con un cigolio sordo, la porta s'aprì, lasciando entrare appena un fascio di luce prima di richiudersi. Una ragazza sottile, dal portamento elegante e soffici capelli azzurrini entrò nella stanza, fissando prima la schiena del signore e poi il ragazzo che gemeva piano sul pavimento, un'espressione di evidente disgusto sul viso.
<<Guarda>> disse l'uomo, sfiorando con un gesto della mano la figura che a terra continuava a fremere e contorcersi <<Guarda, la vergogna di un sangue misto. Incapace di controllare le sue potenzialità. Guarda e imprimiti questa scena nella mente, perché se io ti troverò così non esiterò a ucciderti con le mie stesse mani.>>
<<Sì, padre>> mormorò incolore la ragazza, senza lasciar trapelare alcuna emozione.
<<Guarda, la mia vergogna. Ho adottato questo ragazzo convinto di poterne fare il più grandioso fra i vampiri, e ora guardalo. Avvelenato dal sangue di un misero umano.>> L'uomo scosse la testa lentamente, bloccando fra le dita il viso del vampiro a terra <<Guarda il fallimento di tuo padre, Franziska.>>
<<Non è colpa vostra, padre>> la ragazza si chinò riverente, inginocchiandosi al fianco dell'uomo, e osservando con disgusto malcelato il viso pallido e sudato del ragazzo che, sofferente, ansimava rumoroso in cerca di una pace che sembrava lontana <<Siete stato fin troppo magnanimo con lui. Se è un incapace, non è certo colpa vostra...>>
L'uomo lasciò andare il viso del vampiro, che con un gemito di dolore puro si raggomitolò un po' su se stesso. Ignorando totalmente i rantoli di dolore, l'uomo accarezzò i capelli della ragazza, per poi alzarsi in piedi.
<<Andiamo, Franziska. Se sopravvivrà forse sarà degno di lavorare come schiavo in questa casa.>>
E senza degnare più di uno sguardo il ragazzo, uscirono dalla stanza lasciandolo solo a sopravvivere, tra atroci sofferenze.
O a spegnersi per sempre.
<center>**</center>
Quando tornò all'università, prendendosi un giorno di riposo più del dovuto tanto per approfittare appieno dell'accaduto, Phoenix la trovò monotona come sempre, e gli ci volle ben poco per ritornare nella solita routine. Sostanzialmente, al di là dello spavento iniziale, dopo quell'agguato la sua vita era tornata ai soliti ritmi. Università - lavoro - casa. Tutto lì.
Era nel bel mezzo di una lezione particolarmente legnosa su una serie di norme giuridiche che riuscivano a far tutto fuorché catalizzare la sua attenzione che Larry gli passò un foglietto con su scritto qualcosa, come quando si mandavano messaggi a scuola.
Sospirando esasperato - dopotutto, Larry non era nemmeno di quel corso, e aveva insistito per venire solo perché si comportava nei suoi confronti come ad un malato terminale - aprì il bigliettino, stirandolo un po’ con le mani.
<i>Non ricordi per caso che faccia aveva quello che ti ha aggredito?</i>
Aggrottò la fronte, e decise di accontentare la sua curiosità. Dopotutto era sempre Larry, sarebbe stato impossibile sperare di non parlare più di ciò che era successo.
<i>Un aspetto strano, per essere un delinquente</i> - scrisse subito sotto di lui - d<i>istinto, elegante... Direi bello. Sembrava uno di quei classici tipi che alle superiori si ritrovano ogni mattina l'armadietto pieno di lettere d'amore. O almeno, è quella l'impressione che ho avuto... Non è che lo abbia visto granché.</i>
Poi rilanciò il bigliettino al ragazzo, convinto di ricevere la risposta entro breve, ma rimanendo a bocca asciutta. Perplesso decise di tornare a seguire la lezione, seppur ormai non capisse nemmeno la metà delle cose che il professore spiegava.
La fine dell'ora fu una manna dal cielo. Il moro si stiracchiò, infilando il quaderno degli appunti e la penna alla rinfusa nella propria borsa, trovandosi subito di fianco il bruno.
<<Come mai non mi hai risposto?>> domandò curioso, mentre uscivano dall'aula.
<<Niente...Pensavo... Non c'è nessuno che potrebbe avercela con te?>> domandò Larry, pensoso <<Chessò, qualche belloccio a cui hai soffiato la ragazza...>>
<<Ma ti prego>> Phoenix alzò gli occhi al cielo, parlando tra un rimbombo e l'altro dello scalpiccio nell'atrio <<Sono un studente anonimo con una media senza arte ne parte, faccio un lavoro schifido che mi permette appena di sopravvivere a cibi precotti, vivo in una catapecchia e non ho uno straccio di ragazza da tempi immemori!>> giusto VAGAMENTE sarcastico <<Chi potrebbe avercela con me?!>>
<<Hai me come amico!>> s'illuminò Larry, convinto, e il moro decise all'istante di lasciar perdere.
Ma, arrivati nei pressi del portone principale, entrambi si trovarono bloccati da una specie di ingorgo, provocato da un evidente gruppo di ragazze esagitate.
<<Primine>> sbuffò rumorosamente Phoenix, riconoscendo in loro i segni dell'innocenza di chi è appena uscito dalle scuole superiori <<che hanno da agitarsi tanto?>>
<<Edgeworth>> rispose Larry, incolore, mentre sfogliava l'orario delle lezioni.
<<...Eh?>>
<<Edgeworth! Miles Edgeworth!>> Il bruno alzò gli occhi, fissandolo <<Non lo conosci?>>
<<E chi sarebbe?>> aggrottando la fronte, Phoenix cercò di allungare il collo oltre l'ingorgo di gente che si trastullava nell'atrio.
<<Sei proprio un impiastro, Nick, lasciatelo dire>> con aria saccente, Larry richiuse l'orario <<Edgeworth è lo studente più famoso di quest'università. Ha una media a dir poco perfetta, ha vinto un sacco di concorsi, è il fiore all'occhiello della TUA facoltà>> come stesse parlando ad un bimbetto un po' scemo, gli puntò un dito al petto <<Tu dovresti essere il primo a sapere chi è!>>
Punto sul vivo il moro distolse lo sguardo, borbottando qualcosa simile a "non mi interessano queste cose"
<<Lo so, lo so... Ad ogni modo non è solo schifosamente intelligente, è pure bello. Come hai detto tu prima, è il genere di ragazzo che si ritrova perennemente tempestato di dichiarazioni.>> con una risatina, Larry si fece agilmente largo fra la calca, seguito a ruota dall'amico <<Magari è proprio lui che ti ha aggredito, ahahha...>>
Ma Phoenix non lo ascoltava più. Aveva subito capito chi fosse questo famoso Edgeworth, era bastato notare gli sguardi di adorazione che le ragazze spedivano verso di lui per intuirlo seduta stante.
E ora lo fissava, la bocca spalancata come un idiota.
<<Nick...Nick?>> il bruno si voltò, e notando la sua espressione da fesso aggrottò la fronte <<Ehi, lo so che è proprio un bel ragazzo, ma datti un contegno... Non pensavo avessi di questi gusti!>>
Phoenix scrollò la testa e, brusco, afferrò per un braccio l'amico.
<<No, stupido...!>> sussurrò a denti stretti, spostandolo come volesse nascondersi <<è lui!>>
<<mh?>>
<<E' lui quello che mi ha aggredito, Larry!>>
<center>**</center>
Quando aprì gli occhi, Miles si sentiva come se qualcuno lo avesse preso e sbattuto a lungo in un frullatore. Non capiva dove fosse, come ci fosse arrivato e da quanto tempo. Alla fine, dopo un lungo sforzo - la sua mente sembrava annebbiata e decisamente poco propensa a collaborare - riconobbe nella stanza il profilo della mansarda di casa Von Karma.
Polverosa e buia come al solito, l'ambiente doveva averlo "ospitato" probabilmente per giorni. Sentiva l'aria viziata opprimergli i polmoni. Facendo violenza su se stesso si alzò in piedi, barcollando fino alla piccola finestrella ed aprendola, lasciandosi carezzare da un venticello mattutino e inspirando a pieni polmoni. Era uno di quelli che Von Karma definiva "vizi da umano", ma lui non riusciva proprio a togliersi la voglia di respirare, di sentire il profumo di ciò che lo circondava.
Dopo essere rimasto un po' di tempo lì, la testa a galleggiare senza alcun pensiero - solo dopo capì che erano ancora gli strascichi dell'avvelenamento - richiuse la finestra, e barcollò malfermo verso la porta. Non appena fuori nel corridoio incrociò il padrone di casa, che lo fissò con lo stesso sguardo che si può riservare ad uno scarafaggio.
<<Allora sei vivo>> constatò, senza particolari emozioni,
Miles alzò lo sguardo su di lui, inespressivo. Aveva un aspetto scompigliato, ma non sembrava essere appena uscito da giorni di agonia.
<<Direi di sì>> replicò, atono <<ad ogni modo, non vi era bisogno di prendervi la pena di..."curarmi">> sorrise, sarcastico.
Von Karma lo fissò. La strafottenza di quel ragazzino era una delle cose che più riusciva a minare la sua pazienza altera.
<<Dovresti baciare il suolo in cui passo>> replicò freddamente <<Se non ti avessi trovato...>>
<<Sì, sì, d'accordo>> il giovane sapeva perfettamente che l'uomo si era limitato a chiuderlo in quella stanza polverosa, mentre lui lottava con il veleno che cercava di ucciderlo <<Ora se non vi spiace, avrei bisogno di una doccia... Inoltre avrò sicuramente un sacco di affari da sbrigare>>
<<Ti pentirai un giorno, Miles>> il tono era vagamente fatalista. Non si voltò quando il vampiro dai capelli argentati gli passò di fianco, superandolo <<Continua a imitare una vita da misero umano, rifiuta l'aiuto che la nostra famiglia ti ha offerto già fin troppe volte. Un giorno te ne pentirai amaramente.>>
<<La vostra famiglia ha già fatto fin troppo per me>> senza rallentare il passo, Miles imboccò le scale, diretto all'ingresso <<Ha fatto anche cose che non ho chiesto...>>
E senza più una parola spalancò il portone, uscendo nella strada illuminata dal primo sole del mattino.
<center>**</center>
Una volta giunto a casa, un piccolo appartamento discretamente lussuoso, Miles si lasciò cadere con un sospiro sul divano. Ora che si sentiva meglio diversi interrogativi si affacciarono alla sua mente. Chi era quel ragazzo? Ora dov'era? Se era sopravissuto forse se lo sarebbe trovato davanti come suo simile...
S'incupì a quel pensiero. Affamato e di malumore si alzò dal divano, spogliandosi degli abiti stropicciati che indossava. Prima di infilarsi nel box doccia prese una mela dal frigorifero. Non era certo una grande soddisfazione, ma almeno avrebbe fatto da deterrente in attesa di mangiare sul serio.
Sgranocchiando rumorosamente lasciò scorrere l'acqua fin quando non la sentì bollente sulle dita. Gettò il torsolo, infilandosi sotto il getto con un sospiro di sollievo. Quello di lavarsi con l'acqua bollente era un'altro di quelli che Von Karma definiva "Vizi da umano". Sbuffò rumorosamente, insaponandosi i capelli un po' rabbioso. L'essere stato portato a casa di quella famiglia che tanto detestava lo metteva più di malumore che l'idea di essere quasi morto avvelenato.
Uscì dalla doccia, decisamente più rilassato, seppur il pensiero continuasse a indugiare sulle parole irritanti di Von Karma.
<i>"Un giorno te ne pentirai, Miles..."</i>
<<Tsk>> s'infilò una camicia al volo, guardando l'ora <<Non me ne pentirei nemmeno sul letto di morte...>>
Era tranquillamente in tempo per andare all'università. Senza nemmeno preoccuparsi di asciugare i capelli afferrò al volo la borsa con il cellulare, constatando un po' scocciato di avere qualcosa come una decina di chiamate non risposte.
Già tutto assorbito dai pensieri quotidiani, che gli facevano dimenticare ogni tanto la sua vera natura, Miles uscì di casa, diretto con passo pacifico verso l'università dove studiava, senza più pensare ne a Von Karma ne al ragazzo moro di qualche giorno prima.
Non aveva idea che ben presto quegli accadimenti gli avrebbero cambiato la vita.
Una volta dentro l'enorme atrio dell'università finì ben presto per trovarsi "assediato" da compagni di corso che cercavano costantemente un pelo della sua attenzione, e circondato dagli sguardi ammiccanti di diverse ragazze. Abituato a tutta quella bolgia aveva continuato tranquillamente a destreggiarsi fra la folla, diretto verso l'aula in cui doveva fare lezione.
Ed era lì che l'aveva visto.
Per un istante rimase quasi shockato. Era lui, senz'ombra di dubbio. Capelli corvini scompigliati e sparati all'indietro, gli occhi scuri con qualche striatura di blu, le guance morbide e i lineamenti dolci che donavano al suo viso un'aria perennemente allegra. Inoltre, il suo profumo era inconfondibile. Gli venne da chiedersi come fosse possibile che quel ragazzo con un sangue così attraente non fosse già stato conteso da qualcuno. Poi subito dopo si chiese come fosse possibile che quel ragazzo fosse ancora vivo. Senz'ombra di dubbio non si era nutrito di lui, altrimenti di sicuro non sarebbe sopravvissuto all'avvelenamento. Ma con il morso che gli aveva lasciato, com'era possibile? E come poteva essere rimasto umano se non era morto quella sera?
Troppo interrogativi. Al vampiro girava vagamente la testa. Era la prima volta che sentiva di una cosa del genere. E tanto per confonderlo ancora di più, notò sul suo collo due sottili segni chiari, non classificabili come cicatrici, ma che erano senza nessun dubbio segno del passaggio dei suoi canini sul collo del giovane.
Come poteva essere possibile una cosa simile?!
Poi, quello sembrò accorgersi di lui. Lo vide spalancare la bocca e impallidire, prima di cercare di nascondersi dietro un ragazzo coi capelli bruni sparati in ogni dove.
<i>"oh oh..."</i>
Mentre lo fissava, una piccola folla si mosse per entrare nell'aula. Lui rimase fermo, seppur quella fosse la sua lezione.
<i>"Se si viene a sapere in giro..."</i>
Il ragazzo uscì tentennante da dietro la schiena dell'amico. Poi, facendo il giro più largo possibile con questi che lo guardava stranito, si affrettò ad entrare nell'aula senza degnare di uno sguardo Miles, che rimase immobile nel corridoio.
<i>"...Sono nei guai fino al collo!"</i>
<center>**</center>
In preda al panico Phoenix incespicò un paio di volte tra i banchi, prima di trovarne uno che lo soddisfasse. Alias quello con più gente attorno, di modo che quel "Miles Edgeworth" potesse stare a debita distanza da lui.
Si sedette, abbassando lo sguardo. Il respiro gli si era fatto ansante per la paura. E non era paura per l'aggressione in se, quanto per gli occhi dell'altro. Erano magnetici, terrorizzanti. Sembravano poter ammaliare anche il più fermo degli uomini.
<<Chi diavolo è...?>> mormorò tra se, stringendo le mani tremanti. Con la coda dell'occhio vide un movimento, e al piccolo brusio che corse nell'aula (specie tra il pubblico femminile) capì che LUI doveva essere entrato.
La lezione cominciò in breve. E per quanto il moro si ripetesse che era una cosa nuova, e che doveva concentrarsi, non poté fare a meno di passare l'intera lezione tra sudori freddi e brividi, sentendo uno sguardo fisso che gli bruciava la nuca. Non sapeva se fosse solo la sua immaginazione, o se stesse accadendo davvero, ma di una cosa era certo. Miles lo stava fissando insistentemente da più di un ora.
<<Potete andare, ragazzi>>
Sussultò quando tutti si mossero attorno a lui per uscire dall'aula, sollevati. Non si era nemmeno reso conto che la lezione era ormai finita, e in somma alle brutte sensazioni che provava si aggiunse ad esse la frustrazione per aver perso la prima lezione di una materia nuova.
Una volta fuori gli ci volle poco per individuarlo. Era come se la sua mente fosse naturalmente attratta dalla presenza dell'altro. Aggrottò la fronte, sentendosi un po' teso.
<i>"Forse Larry ha ragione... Forse c'è l'ha con me per qualche motivo?"</i>
Decise che l'unico modo di sapere era chiederglielo. Gli si avvicinò, le ginocchia tremanti, ma l'altro all'improvviso si voltò, incamminandosi per un corridoio a passo svelto.
Senza pensare che così si allontanava dalla folla, lo seguì. Attraversarono diversi corridoi, alcuni dei quali totalmente nuovi per Phoenix, che sussultò violentemente quando, svoltato l'ennesimo angolo, si ritrovò placcato contro un muro.
Il suo corpo fu scosso da uno spasmo di paura quando sentì un peso opprimente e familiare bloccarlo con la schiena contro l'intonaco fresco.
<<Perché mi stai seguendo?>> sibilò il ragazzo, gli occhi argentei stretti in una smorfia rabbiosa.
Ci vollero più di diversi istanti al moro per riprendere la parola, troppo terrorizzato da quella scena sin troppo familiare.
<<V - Voglio sapere cosa ti ho fatto di male! Non ti conosco nemmeno!>> Balbettò.
A sorpresa, Edgeworth si staccò da lui, lasciandolo libero e allontanandosi con un aria contrita di un paio di metri.
<<Nemmeno io ti conosco>> sbottò, evidentemente teso <<Senti, non seguirmi più e basta, ok?>> detto questo si voltò, intenzionato ad andarsene.
Phoenix scattò, chiudendo la presa attorno al suo polso sottile. E questi con un gesto a dir poco violento strappò la mano dalla sua presa, facendolo barcollare con una forza sorprendente.
<<Non ti avvicinare!>> Quasi gridava, e il moro strinse gli occhi. Perché ora si allontanava a quel modo? Forse aveva un'arma per farlo parlare.
<<Voglio sapere perché mi hai aggredito l'altra sera>> ordinò in tono deciso.
<<Non ti ho mai visto in vita mia>> Il ragazzo dai capelli argentei si affrettò a tornare ai soliti modi freddi e seri, anche se la sua fronte si imperlò rapidamente di sudore freddo <<Devi avermi confuso con qualcun'altro>>
<<Sono sicuro di no, invece>> Notando che l'arma sembrava funzionare gli si avvicinò <<Sei stato tu a ferirmi la scorsa sera, e io voglio sapere perché l'hai fatto!>>
Per quanto il moro s'avvicinasse, tanto Miles indietreggiava. Il profumo di quell'umano era insopportabile, e lui era affamato come non mai. Doveva andarsene il prima possibile, altrimenti non solo avrebbe ucciso quel ragazzo davanti tutta la scuola, ma sarebbe probabilmente morto, se il suo sangue aveva la misteriosa capacità di avvelenarlo.
<<Ora basta>> mormorò, sentendo tremare la propria voce e imprecando mentalmente <<Ti vedo oggi per la prima volta in vita mia. Ora lasciami andare, o sporgo denuncia per diffamazione!>>
<<Allora io lo farò per aggressione!>> Replicò deciso il moro, non indietreggiando di un passo. Con suo sommo piacere, Miles si ritrovò bloccato alla fine del corridoio. Non aveva più vie di fuga <<Ora dimmi cosa vuoi da me!>>
Il muro freddo contro la schiena colse del tutto impreparato il vampiro dai capelli argentei. L'altro si avvicinava pericolosamente, e ogni centimetro di più era un ruggire del desiderio più bestiale del suo animo, quello che chiedeva sangue, sangue e ancora sangue.
<<N - Non ti avvicinare!>> La sua voce aveva una nota di isterismo, il sudore che gli colava invadente lungo la schiena e le tempie <<N - No... Non farlo...Non farlo...>>
Pochi centimetri di distanza li separavano. Phoenix sorrideva, era evidentemente convinto di averlo in pugno, e del tutto ignaro del pericolo che correva.
Miles deglutì, e fece il grave errore di chiudere gli occhi.
Fu un attimo. Gemendo di dolore, il moro si ritrovò sbattuto a terra. La testa gli diede un capogiro, e quando fu in grado di capire qualcosa di più si ritrovò davanti il viso dell'altro. Sbiancò, diventando pallido come un lenzuolo. Due canini affilati come rasoi, almeno di un centimetro più lunghi del normale, scintillavano minacciosi dalle labbra semiaperte. Lo sguardo era quello lucido e istintivo di un felino in caccia, la pupilla che risaltava innaturalmente stretta in quegli occhi d'argento. Sembrava totalmente perso, il petto che si muoveva al ritmo del suo respiro ansante.
La paura paralizzava persino il suo respiro. Totalmente preda di un terrore istintivo non riusciva a distogliere gli occhi dai suoi. La consapevolezza si abbatté su di lui senza pietà. Sarebbe morto, di lì a poco. Edgeworth avrebbe messo fine per sempre alla sua vita, con il suo morso letale.
Doveva scappare, e il più in fretta possibile, ma non aveva vie di fuga.
Miles si chinò un po' su di lui. Come se il tempo fosse rallentato, Phoenix strinse gli occhi, aspettando nuovamente il dolore atroce, e fu con un sussulto da parte di entrambi che il cellulare nella tasca del giovane dai capelli argentei cominciò a suonare.
Il vampiro fremette, e con uno scatto si scostò da lui, arretrando il più possibile, come la musica familiare avesse fatto riemergere la sua parte controllata. Pallido e sudato, fissava Phoenix come non chiedesse niente di meglio che scuoiarlo vivo, lo sguardo rabbioso, due occhiaie nere che gli davano un'aria ancor più inquietante.
<<Vattene>> Sibilò, la voce pressoché inudibile.
Il moro non se lo fece ripetere due volte, e scrollandosi da quella posizione immobile si affrettò a rialzarsi in piedi rischiando di inciampare e corse via, con tutte le sue forze.
Dopo qualche minuto, quando finalmente la bestia aveva smesso di ruggire, Edgeworth si alzò in piedi. Sentiva in lontananza il brusio della folla, e sapeva che se fosse tornato nell'aula in quel momento avrebbe rischiato di sterminare metà scuola.
Odiava doversi ridurre così, e la colpa era solo di quel dannato ragazzino coi capelli neri. Non aveva scelta. Con uno sbuffo pesante ignorò il cellulare che ancora squillava ed aprì una finestra, saltando giù con disinvoltura.
La sua unica scelta era allontanarsi il più possibile, nel minor tempo possibile.