- Tu...tu non sei Tom. - si portò una mano alla bocca, facendo sì che le lacrime iniziassero a scorrere anche su di essa. - ..tu sei un clone.. - esalò
Conclusa: Sì
Fanfiction pubblicata il 07/01/2008 14:19:26
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<center><b>Holograms
- I ask not to be alone - </b>
[<i>They die and come again</i>.]</center>
<i>Ognuno vive la propria vita
e paga il suo prezzo per viverla.
- Oscar Wilde - </i>
<b> - 1 Dicembre 2094 - Bill e Tom Kaulitz (5 anni) - </b>
Bill strinse più forte la mano già dolorante e congestionata dal freddo del fratellino, l'altra mano tenuta costantemente davanti agli occhi ad asciugare le lacrime.
Tom stringeva quella di Bill cercando di infondergli un coraggio che anche lui sapeva di non avere.
Perchè davanti a quella lapide entrambi avevano perso da tempo le speranze.
Non pioveva. No.
Un sole splendeva allegro - <i>allegro?</i> - su tutto il mondo.Perfino il tempo sembrava prendersi gioco di quei due piccoli orfani.
Orfani. Sì.
Mentre Bill non riusciva a smettere di piangere, Tom non riusciva a smettere di fissare la povera scritta incisa nel freddo marmo di fronte a loro.
<i>Simone Kaulitz
2053 - 2094
Madre amorevole, donna coraggiosa
I suoi figli con affetto</i>
I suoi figli.......già.
Quei due piccoli bambini che cercavano di farsi coraggio l'un l'altro, stretti nei loro vestitini neri come la pece. Neri come la morte.
Molti direbbero 'la morte non ha colore'. E infatti il nero non è un colore. Il nero, semplicemente, <i>non</i> è. Il nero è la partenza, il bianco è la fine. Il bianco è tutti i colori.
Ironico come si identifichi un colore di <i>partenza</i> con la <i>fine</i> di tutto.
Bill singhiozzava troppo forte per i gusti di Tom. Tom non sopportava vedere Bill piangere. In realtà, non sopportava di vederlo con un'espressione che non fosse di pura felicità. E non ne vedeva una da molto, troppo tempo. Portò una mano sulla spalla di Bill, stringendolo a sè. Due piccoli bambini contro la crudeltà del mondo. Due piccoli bambini contro la morte.
Due mani possenti si posarono fin troppo delicatamente sulle spalle di Bill e Tom. Un uomo sulla quarantina, sorrise amichevole all'indirizzo dei gemellini.
- Bill, Tom....la vostra mamma non è morta. - disse pacatamente.
I due bambini lo fissarono sorpresi, poi Bill prese la parola singhiozzando. - Lo...lo sappiamo. Mamma adesso è in Paradiso, con gli angeli. - Tom annuì e strinse Bill a sè.
L'uomo scosse la testa.
- Vostra madre non è andata da nessuna parte. Posso portarvi da lei, volete? - chiese con un sorriso gentile. I gemelli non sapevano cosa dire, quando si avvicinò una donna che, a quanto avevano capito, sarebbe diventata la loro tutrice. Senza un perchè, visto che non la conoscevano affatto. Diceva di essere una cara amica della mamma. - Così cara che non l'abbiamo mai vista? - aveva sempre chiesto Bill, e Tom aveva alzato le spalle in risposta.
La donna si avvicinò a passo lento, e si rivolse ai due bimbi. - Venite con me e John in macchina. - disse, prendendoli per mano e guidandoli verso una vettura nera parcheggiata fuori dal cimitero.
Bill avrebbe voluto protestare, dire che voleva rimanere lì, a vegliare la tomba della mamma finchè non fosse stato sicuro che fosse arrivata dagli angeli, ma Tom gli lanciò un'occhiata seria, come a voler dire 'seguiamoli, non si sa mai'.
Una volta in macchina, l'uomo spinse un bottone rosso, e dal parabrezza di fronte a lui uscì il volante.
- Alla sede della S.S.E.U. - disse con voce autoritaria. Una voce elettronica di donna da qualche parte gli rispose che il tempo del tragitto sarebbe stato più o meno di dieci minuti. Il volante cominciò a muoversi, e sia l'uomo che la tutrice si volsero verso i due bambini, trovandoli ancora abbracciati, tanto che occupavano un solo sedile posteriore.
- Bill, Tom.... - iniziò la donna.
- Sapete cos'è un 'clone', ragazzi? - chiese divertito l'uomo.
I due bambini si guardarono. Sì, sapevano cos'era un clone. A scuola la maestra glieli aveva fatti vedere sul libro illustrato: erano copie perfette di esseri umani o animali, che venivano usati per sostituire una grave perdita. Hai perso il tuo cane?Dai un campione di DNA e degli scienziati te lo rifanno nuovo nuovo, perfino più giovane, più allegro o più quieto di quello che era, se preferisci. Hai perso il tuo gatto?Lo rivuoi tigrato come prima o lo preferisci a macchie?O in tinta unita magari?
...
Hai perso tua <i>madre</i> o tuo <i>padre</i>?Non ci sono problemi neanche per quello. Vai da loro, e riavrai tua madre - o chi vuoi tu - di nuovo in vita nel giro di due ore.
Bill e Tom non apprezzavano molto i cloni, perchè erano sicuri che non fossero come gli originali. Insomma, erano pur sempre <i>copie</i>. E per quanto perfette esse potessero essere, non potevano sostituire, ai loro occhi, una vera madre o un vero padre. Neanche un vero cane in verità.
E poi, neanche gli esseri umani di per sè sono perfetti, come potevano esserlo delle semplici copie?Pura e ipocrita utopia.
Comunque, i gemelli annuirono, non comprendendo a fondo dove quello strano uomo volesse andare a parare.
- La rivolete la mamma?La volete abbracciare? - continuò sempre l'uomo di nome John.
Non c'era bisogno di chiederlo. Erano due bimbi di cinque anni che non sapevano nulla del mondo, e che l'unico posto che riuscivano a chiamare casa erano le braccia della loro madre, che ora non c'era più. Certo che la rivolevano. Annuirono, quasi affascinati.
L'uomo rise della loro reazione. - Benissimo, allora! - esclamò proprio mentre si rifaceva viva la vocina elettronica che li avvisava che la destinazione era stata raggiunta con successo.
Scesero dall'auto, Bill e Tom sempre tenendosi per mano, trovandosi davanti ad un enorme palazzo di circa cinque piani, con enormi vetrate che sembravano occhi pronti a spiare tutto il mondo. I due bambini si sentirono ancora più piccoli di quanto già non fossero, e Bill cercò di nascondersi nel braccio di Tom, usandolo come pretesto per asciugarsi qualche lacrima sulla sua manica.
- Venite, entriamo. - la donna li prese per mano e seguirono l'uomo.
***
<i>Il desidero frenetico di vivere è,
fra tutti gli appetiti umani,
il più terribile.
- Oscar Wilde - </i>
- Altri due minuti. - affermò cinico un uomo dal camice bianco, che era tutto ciò che, secondo l'uomo di nome John, li separava dalla loro mamma.
Tom spostava il suo peso da un piede all'altro, nervoso, mentre Bill cercava ancora di nascondersi nel braccio di Tom. Quella storia non gli piaceva affatto: la mamma era con gli angeli, adesso.
<i>O no?</i>
Fissò l'uomo che continuava a parlare con il ragazzo dal camice bianco, cercando di convincerlo a farli passare. Era stato quel tizio a sconvolgere tutto. Diceva che la mamma era qui, che non era morta, e che non era con gli angeli, lassù. Ma come poteva essere diversamente quando sia lui che Tom l'avevano vista in punto di morte sul letto dell'ospedale, mentre cercava di raccogliere le sue ultime forze per sorridergli?No, decisamente quella storia non gli piaceva.
E nemmeno quel posto a dirla tutta.
Era tutto così bianco, così sterile, così...<i>innaturale</i>. Sembrava tutto...<i>morto</i>. Bill rabbrividì, e preferì tornare a nascondersi nel braccio di Tom.
- Falli passare, Andy! E' un mio caro amico. - esclamò una voce allegra. Tutti si girarono verso la rampa di scale alla loro sinistra, in tempo per vedere un signore anziano, forse sulla sessantina, che scendeva agilmente, fino a portarsi di fronte a loro, stringendo con calore la mano di John e poi quella della tutrice.
- Sono loro i pargoli? - chiese scrutando Bill e Tom, che a loro volta scrutavano lui: sembrava un vecchietto simpatico, ma solo il fatto che lavorasse in quel posto morto li metteva in agitazione.
- Ma signore, ancora non... - cercò di protestare il ragazzo. - Non importa. - ribattè l'anziano scuotendo la testa. - Facciamogli fare una lezione di scienze dal vero, non fa mai male. - detto questo, premette un pulsante grigio - in seguito verde - situato di fianco alla porta che Andy sorvegliava, e quella di aprì scorrendo verso l'alto.
John entrò a passo svelto, seguito dalla tutrice, che trascinava i bambini.
La stanza era a dir poco enorme, e la vista che si presentò ai due bambini era a dir poco orripilante, sotto certi punti di vista: il soffitto era altissimo, e ovviamente composto da vetrate molto spesse; a circa tre o quattro metri da terra, tutt'intorno alla stanza, erano appesi degli strani involucri, contenenti <i>corpi</i>: erano corpi apparentemente privi di vita, ma il tubo con scritto 'ossigeno' collegato a ciascuno di essi faceva pensare tutt'altro. Quelle.....quelle <i>cose</i> erano vive: corpi vivi incellophanati, pronti per sostituire le 'gravi perdite'.
I gemelli rabbrividirono.
La loro attenzione fu poi catturata da un altro tipo di involucro - di metallo - che si muoveva producendo uno strano ronzìo, mentre si avvicinava ad una specie di giaciglio bianco e solido.
- E' quasi pronta, non è magnifico? - mormorò neanche abbastanza piano il vecchio a John, e questi annuì estasiato. - Non è la prima volta, ma è sempre come se lo fosse. - rispose questi guardando l'involucro avvicinarsi sempre più al giaciglio. Arrivato, cominciò a inclinarsi fino a raggiungere la posizione orizzontale, e a quel punto due uomini in camice bianco si affrettarono ad aprirlo e a trascinare fuori un corpo inerte fino a quella specie di letto senza nè materasso nè coperte.
- Su, andate ragazzi. - li incitò la tutrice con una spintarella.
Bill e Tom si guardarono spaesati. Di certo non volevano vedere un altro corpo morto - perchè quello lo era di sicuro. Così rimasero immobili, chiedendosi perchè diavolo di trovassero in quella situazione assurda.
L'uomo dovette percepire la loro confusione, perchè rise bonario e disse: - Quella è vostra madre, ragazzi. - dandogli due affettuose pacche sulle spalle.
I due bambini si guardarono ancora più smarriti e inorriditi. La mamma?La mamma era lì.....morta?Ma allora la tomba, il funerale.....cosa diavolo avevano fatto al corpo della mamma?!Così non avrebbe mai raggiunto il Paradiso!! Bill singhiozzò e Tom gli strinse nuovamente la mano.
Proprio in quel momento, il corpo inerte ebbe uno spasmo, poi si rizzò a sedere di scatto.
- BILL, TOM!!! - urlò con voce di donna. Gli uomini con il camice bianco si affrettarono a coprirlo con dei vestiti provvisori.
A Bill e Tom si rizzarono i capelli sulla nuca: quella era la voce della mamma.
La donna - perchè ora vedevano chiaramente che aveva dei lunghi capelli castani - si girò verso di loro tendendo le braccia. - Bill, Tom.....piccoli miei, venite qui! Venite dalla mamma! - esclamò commossa.
I due bambini non ebbero un attimo di esitazione e corsero a perdifiato fino a gettarsi fra le sue braccia, piangendo. Bill continuava a ripetere 'mamma, mamma!!' fra le lacrime, e Tom aveva semplicemente arricciato le labbra e contratto i muscoli del viso in una buffa smorfia cercando di non piangere, nonostante le lacrime scorressero senza ritegno sulle sua guancie.
- Su su, calmatevi piccoli...va tutto bene, sono qui... - sussurrò la nuova Simone dolcemente.
- Visto?I cloni sono il futuro. - affermò soddisfatto l'anziano scienziato incrociando le braccia.
Bill voleva solo lasciarsi cullare dal famigliare tepore della madre, e dimenticare tutto il resto: morte, dolore, confusione, tutto sarebbe sicuramente scivolato via tra le braccia di Simone.
...
Solo che si accorse che quello che sentiva abbracciato a quella che doveva essere sua madre non poteva essere definito nè 'tepore' nè tantomeno 'famigliare'. Si accorse che gli sembrava di abbracciare un'estranea, e perse in un attimo l'euforia dei primi momenti, ripiombando nell'oscurità. Voltandosi verso Tom, si accorse che anche lui doveva aver percepito la stessa cosa perchè stava cercando di liberarsi dalla stretta della donna.
- Piccoli miei, che succede? - chiese leggermente allarmata il clone.
Bill la guardò furente, il volto rigato dalle lacrime, e prima che Tom potesse fermarlo si gettò addosso alla donna.
- TU NON SEI LA MIA MAMMA!! - le diede una grossa spinta che la fece cadere dall'altra parte del lettino.
- Cos'hai fatto!! - gridò uno scienziato accorrendo accanto al corpo. Quella che doveva essere Simone Kaulitz si alzò tremante, reggendosi il braccio destro con quello sinistro. Il gomito aveva una strana angolazione, probabilmente era rotto.
Bill arretrò stringendo la manica di Tom, entrambi sorpresi e spaventati.
- Guardate cos'avete fatto a vostra madre! - sbraitò la tutrice strattonandoli per un braccio entrambi.
- Quella non è la mamma, la mamma adesso è in cielo! - urlò Tom con tutta la forza che aveva, strattonandosi dalla presa della donna. Perchè non capivano?Quella non era <i><u>sicuramente</i></u> la mamma! Era un corpo vuoto in cui erano stati riversati i ricordi, l'aspetto e la voce della mamma, quasi fosse quella stupida signorina elettronica dell'automobile che ripeteva quattro frasi registrate! No, l'amore che la mamma provava verso di loro non era una cosa così scontata, non erano frasi buttate lì per consolarli...Quella non era la mamma, e mai lo sarebbe stata. Quello era un <u>clone</u>. Un corpo <u><b>senza</u></b> personalità alcuna.
- La mamma è con gli angeli, Tomi, lo so!! - singhiozzò Bill sul petto di Tom mentre qualcuno provvedeva a ingessare il braccio del clone.
*
<i>La vita è spaventosamente difettosa nella forma.
Le sue sciagure capitano nel modo sbagliato
e alle persone sbagliate.
[...]
Avvicinarsi alla vita significa restare sempre feriti:
le cose durano troppo,
o troppo poco.
- Oscar Wilde - </i>
<b> - 2 settembre 2107 - Bill Kaulitz (18 anni) - </b>
Bill giaceva steso sulla pancia sopra il suo letto, guardando svogliatamente una rivista di moda sfogliarsi davanti a lui. Oramai era tutto elettronico, tanto che la stessa lampada del comodino si accorgeva quando avevi bisogno di luce, accendendosi automaticamente.
Sospirò, l'attesa lo snervava. Il giorno prima era stato il loro diciottesimo compleanno, suo e del <u><i>suo</i> </u>Tomi, e Tom aveva finalmente ottenuto la sua prima macchina. Quindi, ora, stava svolazzando da qualche parte per i cieli di Magdemburg. Bill non aveva ottenuto la patente, e Tom non l'aveva voluto portare con sè nel suo giro di prova sostenendo che 'non era ancora pronto a sporcare i sedili nuovi facendo <i>certe cose</i> in macchina'.
Bill sorrise al pensiero.
In realtà, sapeva che Tom era il primo a volere una cosa del genere, era uno dei motivi per cui voleva una macchina da quando aveva solo <i>tredici anni</i> ed era un ragazzino che guardava troppi film a luci rosse - non vedeva l'ora di collaudarla <i>in quel senso</i> infatti - , e si stava solo preoccupando per lui, visto che non si poteva certo definire un 'pilota esperto' e il rischio dell'incidente era sempre in agguato. L'ultima cosa che Tom voleva era che Bill ci finisse in mezzo.
Sbuffò e si rotolò sulla coperta fino a tornare steso sulla schiena. L'attesa era davvero troppo snervante e stava combattendo contro la voglia di chiamarlo solo perchè sapeva che Tom non voleva essere disturbato.
- Bill, tesoro......vuoi qualcosa da mangiare? - non sentì neanche la porta aprirsi che quella......cosa, era lì in piedi sulla soglia con un sorrisetto felice. Alla fin fine erano solo due orfani contro il mondo degli adulti, e il tribunale, avendo visto che la madre <b>c'era</b> <i>di nuovo</i>, non ci aveva messo molto a decidere che una tutrice era completamente inutile per quei due bimbi. Così erano tornati tutti a vivere insieme mantenendo l'apparenza della 'famiglia felice'.
Ma Tom e Bill non avevano mai voluto bene a quell'essere. Mai. In pubblico si sforzavano di chiamarla 'mamma' ma in casa essa era il 'clone': 'clone, quando è pronta la cena?' 'clone esco' - e l'avvertirono solo fin quando non decisero che non ce n'era più bisogno - 'clone, hai lavato i miei jeans?'. Era questa la routine. E quella donna sopportava tutto, forse perchè era solo una 'stupida macchina' - come ritenevano i gemelli - o forse perchè li amava davvero troppo.
- No. - rispose secco. - Tv, accenditi. - disse poi sbadigliando, ignorando la madre sulla porta e aspettando che lo schermo piatto sul ripiano di fronte a lui si accendesse. La donna sospirò sconsolata e richiuse la porta dietro di sè.
- <i>He loves me, he loves me not..</i> - le note della canzone delle T.a.T.u. risvegliarono Bill dallo stato di noia in cui si trovava. Non che gli piacessero particolarmente le T.a.T.u., solo che trovava che quelle due ragazze russe avessero molto più in comune con lui e Tom di quanto ne avesse Nena, la sua cantante preferita. Di malavoglia, afferrò il telefono apprestandosi a rispondere, visto che era l'unico aggeggio che non lo sapeva ancora fare da solo.
- Pronto? - chiese guardandosi le french in modo distratto.
- <i>Il signor Bill Kaulitz?</i> - rispose una voce atona dall'altra parte.
Bill si mise a sedere incrociando le gambe. Non conosceva quella voce, ma quell'uomo sembrava conoscere lui. Come aveva il suo numero di cellulare?Non ce l'aveva neanche 'sua madre', e non che lui avesse poi molti amici. Si poteva tranquillamente dire che quel numero lo conoscevano solo lui e Tom. Rispose affermativamente.
- <i>Volevo informarla di un fatto che riguarda suo fratello.</i> -
Questa frase lo mise in agitazione. Sgranò gli occhi e corrucciò le sopracciglia, preoccupato.
- Che....che è successo a Tom? - chiese un poco allarmato. Un estraneo che lo avvertiva di qualcosa accaduto a suo fratello non era mai un buon segno.
- <i>Non deve preoccuparsi signore, ha avuto un incidente con l'auto e..</i> -
- E non dovrei preoccuparmi secondo lei?!? - ringhiò saltando in piedi. - Dove si trova ora!?Vengo lì immediatamente! - sbraitò incastrando il telefono nell'incavo fra la spalla e il collo, cominciando ad infilarsi il primo giubotto che gli capitò sotto mano.
- <i>Le ripeto: non deve preoccuparsi. E' stato portato immediatamente al pronto soccorso, e sono sicuro che lo riavrà presto a casa <u>come nuovo</u>. Volevo solo avvertirla del fatto su esplicita richiesta di suo fratello.</i> -
Bill smise di trattenere il fiato, con una manica del giubotto che non si era ancora infilato che ciondolava al suo fianco.Riprese in mano il telefono, e non sapendo cosa fare mormorò un 'ok' al suo interlocutore e riattaccò.
Tom stava bene.Stava sicuramente bene. Era bravissimo il suo fratellone. Era un bravissimo pilota il <i><u>suo</u></i> Tomi. Lui l'aveva visto alla scuola guida.
L'incidente doveva essere una cosa da poco. Sì, sicuramente.Non riusciva a pensare altrimenti.
*
Dopo due ore e mezza e ancora nessuna notizia Bill giaceva riverso sul letto, mezzo addormentato. Il cuscino era leggermente sporco di mascara, segno che aveva pianto per la preoccupazione. Aveva chiamato Tom diverse volte ma, nonostante il cellulare del gemello suonasse libero, non aveva ottenuto risposta.
- Tomi... - mormorò con voce spezzata.
Prese di nuovo in mano il cellulare, deciso a chiamarlo per l'ennesima volta, quando sentì la porta d'ingresso al piano di sotto sbattere, e dei passi veloci salire le scale. Il suo cuore prese a battere sempre più forte, decidendo che il petto di Bill non era abbastanza, e iniziando a salire su per la sua gola. Quando la porta della sua camera si aprì, rivelando l'ultima persona che oramai si aspettava di vedere, perse un battito.
Eccolo.
Tom era lì.
Il suo Tomi era tornato. Sano e salvo, apparentemente senza un graffio.
Bill si alzò tremante dal letto.
- Tomi...! - articolò a fatica, prima di gettarsi fra le sue braccia e sulle sue labbra. Tom sorrise mentre Bill lo baciava come se non si vedessero da anni.
- Ehi, Bi, sembra che non ci dovessimo più vedere...calmati. - gli soffiò dolcemente Tom sui capelli, tenendolo stretto.
- M...mi hanno detto dell'incidente.....io... - singhiozzò il moro in risposta. Dopotutto i ruoli non erano cambiati molto da quando avevano cinque anni: Bill singhiozzava e Tom lo consolava. Bill strinse i pugni sulla maglia XXL di Tom, riuscendo solo a pensare che, da qualche parte, doveva esistere un qualche Dio che li proteggeva.
- Ah, una cosa da niente.. -
Bill lo guardò furente. - Una cosa da niente!? - urlò isterico. - Hai idea della paura che mi sono preso!?Tomi, tu potevi essere morto per quel che...! - si arrestò, abbassando lo sguardo prima al collo e poi al petto di Tom.
- Come....come hai detto che è andata? - chiese riportando lo sguardo sul suo volto. Tom sorrise. - Non l'ho detto. Un pazzo mi è venuto addosso, mandandomi contro un grattacielo. Ma sono qui tutto intero, è questo che conta no? -
- Contro un grattacielo....?Tomi, non hai alcun segno sul corpo... - ribattè Bill guardandolo allibito. Insomma, i grattacieli erano quasi fatti tutti interamente in vetro e se davvero suo fratello ci era andato contro, com'era possibile che non avesse nemmeno un graffio?
- Ah, ecco.... - iniziò il biondo grattandosi la nuca.
Bill si allontanò di qualche passo, inorridendo.
- Tu...tu non sei Tom. - mormorò mentre gli occhi gli si facevano lucidi. L'altro si mostrò molto sorpreso. - Co...cosa dici, Bill? - ridacchiò nervoso. - Cioè, guardami! Sono Tom, tuo fratello....il tuo <i>ragazzo</i>, non mi riconosci?Stessi occhi, capelli, naso, bocca, mani... - disse indicandosi ogni parte del corpo che pronunciava. - ..sono Tomi. - concluse con un sorriso.
- TU NON SEI TOM! - urlò Bill strizzando gli occhi. - Tu non sei Tomi... - ripetè a voce più bassa cercando di ragionare. - ..non hai il suo profumo, non...non ti comporti come lui...tu... - e si portò una mano alla bocca, facendo sì che le lacrime iniziassero a scorrere anche su di essa. - <i>..tu sei un clone..</i> - esalò quasi senza voce. Arretrò ancora. - No, no....Tomi....no... - mormorò sconnessamente portandosi le mani al viso. Indietreggiando inciampò nel letto, cadendoci seduto sopra. - ..non è possibile...Tomi....no, no NO!! - urlò lasciandosi cadere sul cuscino e cominciando a prenderlo a pugni piangendo. Il falso Tom si sedette sul letto guardandolo comprensivo, e accarezzandogli la schiena, facendolo rabbrividire. - NON TOCCARMI!! - urlò schiaffeggiandogli la mano. Aveva il fiatone, così si portò una mano al petto cominciando a inspirare velocemente. - Dove...dov'è lui <i>adesso</i>? - chiese fissando con occhi gonfi e rossi l'altro ragazzo. - Dov'è!? -
L'altro Tom lo guardò di sbieco triste. - Bill, non dovresti andare a vederlo... -
- PORTAMI SUBITO DAL MIO TOMI! - balzò in piedi guardandolo furioso. - Adesso! -
L'altro si alzò, sospirando.
- Come preferisci...ma non dirmi che non ti avevo avvertito. - gli fece cenno di seguirlo, e uscì dalla stanza.
***
<i>You open your eyes,
but you can't remember what for..</i>
- Tom?Cosa ci fai qui?Pensavo che a casa.... - ma il vecchio scienziato si fermò, vedendo che dietro il rasta c'era anche Bill. Il clone l'aveva portato direttamente alla sede della S.S.E.U., ovvero la Società Scientifica per l'Evoluzione Umana. - Lui...cosa ci fa qui? - chiese spalancando gli occhi. - Oh no, non dirmi che... -
- Signor Paul, lui sa. Sa che non sono il vero Tom Kaulitz. - spiegò il ragazzo dando un'occhiata a Bill, che aveva smesso di piangere ma non di tremare.
- Oh mio Dio... - l'uomo si portò una mano alla bocca. - ...perchè diavolo gliel'hai detto!? -
Bill a quel punto si fece avanti. - Non mi ha detto nulla. - ringhiò. - Ho capito da me che era <i>solo</i> un clone. - il biondo abbassò lo sguardo alla parola 'solo', ma Bill non ci fece affatto caso.
- Credo che nel nostro caso, dottore, il legame affettivo con il vero gemello fosse troppo forte... - cominciò il falso Tom rivolgendosi all'anziano che intanto si era messo a sospirare rumorosamente.Fissò un attimo il ragazzo, squadrandolo da capo a piedi. - Bill Kaulitz, vero? - disse. - Se non sbaglio sei anche lo stesso Bill Kaulitz che tredici anni fa venne qui per il clone della madre, giusto? - lo scienziato annuì da solo. - Sì, ricordo. Voi fratelli Kaulitz siete stati gli unici a rifiutare un clone..... - scosse la testa come se avessero fatto una stupidaggine, per poi riprendere. - Bhè, e io cosa dovrei fare?Ti ho dato il clone di tuo fratello, più di questo no... - non finì la frase perchè il moro gli aveva mollato un pugno direttamente sul naso. L'uomo cadde a terra.
- LEI E' UN PAZZO! - urlò fra le lacrime. - Ha rovinato la nostra vita, e la mia per la seconda volta!!Dov'è mio fratello!?Lo voglio vedere ora, subito!!! - Tom lo trattenne per le braccia per evitare che saltasse addosso allo scienziato mentre ancora sbraitava verso di lui. Questi si rialzò tamponandosi il naso sanguinante con una manica, e senza dir nulla premette il pulsante della porta scorrevole. La stessa porta scorrevole che Bill aveva visto aprirsi tredici anni prima.
Anche la visione che gli si presentò era uguale: la stessa stanza uguale, con lo stesso soffitto alto e gli stessi involucri. Lo stesso giaciglio, sui cui ora però c'era steso il corpo di un ragazzo apparentemente privo di vita.
- TOM!! - urlò Bill sfuggendo alla presa dell'altro ragazzo e correndo fino al lettino. Il suo Tomi era lì: bianco cadaverico, steso, con gli occhi chiusi e intenzionati a non riaprirsi mai più.
<i>And I search through every face
without a single trace
of the person, the person that I need...</i>
Bill si inginocchiò accanto a lui, poggiando l'orecchio sul suo petto e, nonostante i singhiozzi che lo scuotevano e l'assordivano, riuscì a percepire chiaramente che non c'era più alcun battito dentro il corpo del fratello. Si rialzò lentamente, le gambe non lo reggevano, e lo guardò: il corpo era per metà coperto da graffi e tagli più o meno profondi.
- COSA DIAVOLO E' SUCCESSO!?ME LO SPIEGHI IMMEDIATAMENTE!! - urlò disperato girandosi verso il vecchio e l'altro Tom che intanto l'avevano raggiunto. L'anziano si stava tamponando il naso con un fazzoletto di stoffa, e la sua voce giunse ovattata quando cominciò a spiegare. - Tuo fratello ha avuto un incidente, un uomo gli è andato addosso con la sua auto scaraventandolo contro un grattacielo. L'uomo è morto sul colpo, mentre tuo fratello è stato portato all'ospedale mentre vomitava sangue. Non c'è stato nulla da fare.... - si portò anch'esso accanto al cadavere, e iniziò a dare una spiegazione dettagliata, perchè gli occhi del moro gli avevano fatto capire chiaramente che la esigevano.
§
<i> - Codice rosso! Codice rosso! -
Due uomini, facendosi spazio nel corridoio dell'ospedale, trasportarono velocemente una barella, su cui giaceva un ragazzo sui diciotto anni coperto di sangue, probabilmente proveniente dalla sua bocca, perchè continuava a vomitarne.
- Per Dio, cosa diavolo è successo? - un uomo anziano gli si avvicinò, mentre i due uomini sollevavano il lenzuolo e tutto il corpo del giovane per poi posarlo su uno dei lettini dell'ospedale. - Un incidente, dottor Paul. Un ubriaco è andato addosso alla sua auto, facendolo sbattere dritto contro un grattacielo. Non riusciamo a credere che sia ancora vivo. -
Il vecchio cominciò a visitarlo con uno stetoscopio. - Meglio preparare subito la sala operatoria. - disse grave, facendo un cenno ad un paio di infermieri che subito corsero via. Anche il vecchio dottore andò con loro, non prima di aver detto ad un infermiera di rimanere ad assistere il ragazzo finchè non fosse stato il momento di portarlo in sala.La ragazza era visibilmente spaventata - o inorridita? - dall'enorme quantità di sangue che sembrava non voler smettere di uscire dal suo corpo, ma si avvicinò a lui ugualmente.
- Dove.... - iniziò il diciottenne a stento. - ...dove sono..? -
- Sei in ospedale, hai avuto un incidente...ti ricordi come ti chiami? - chiese premurosa la giovane.
- Tom... - mormorò. - Tom Kaulitz... - si interruppe per sputare altro sangue. - Dovete....chiamare mio fratello....il numero è sul mio cellulare... -
- O - ok, aspetta che vado a chiedere al dottor Paul se.. - cercò di allontanarsi dal lettino ma Tom raccolse le ultime forze per allungare un braccio e afferrare un lembo del camice dell'infermiera, strattonandola e costringendola a rimanere ad ascoltarlo. - No, aspetti..! Non....ditegli cosa mi è successo....il mio fratellino si agita subito.. - sorrise, e forse fu per la situazione o perchè la sua bocca fosse completamente sporca di sangue, all'infermiera parve il sorriso più triste del mondo. - ..non ditegli nulla....ditegli solo che sto.....sto bene, e sarò presto a casa.. -
- Non devi parlare così, non...non stai mica morendo... - tentò lei singhiozzando leggermente senza sapere perchè, e lui le sorrise triste di rimando, come per consolarla, ma la presa sul camice della ragazza si fece sempre più debole, finchè la mano non ricadde inerte sul lettino. Il biondo chiuse lentamente gli occhi ancora sorridente. - ..non voglio che Bill si preoccupi... -
L'infermiera si portò una mano alla bocca, mentre alcune lacrime le rigavano il viso.
- Dottor Paul....! - urlò.</i>
§
- Questo è quanto mi ha raccontato l'infermiera. Quando sono arrivato io, tuo fratello era già morto. L'unica cosa che ho potuto fare è stata portarlo qui, clonarlo, e mandarti il suo clone, sperando che non notassi la differenza.... - alzò lo sguardo dal cadavere, passandolo da Bill all'altro Tom. - Evidentemente ho sbagliato i calcoli. Due milioni buttati al vento... - scosse la testa, deluso.
- Come può pensare ai soldi in un momento del genere!?Se solo l'aveste operato subito.....! - Bill si buttò sul corpo di Tom abbracciandolo. - Tomi, sono qui!! Tomi svegliati ti prego, dimmi che è uno scherzo!! Svegliati e dimmi che sono stato un'idiota perchè ci sono cascato!! Tomi, non puoi lasciarmi, non puoi... - disse battendo piano un pugno sul torace freddo del gemello. - ...non puoi.. - singhiozzò ad occhi chiusi.
- Bill...lui è...morto...non... - Tom si avvicinò al moro poggiandogli una mano sulla spalla, ma Bill la scostò bruscamente. - Non è vero! Non può essere, lui non è morto! Non può avermi lasciato anche lui, non il mio Tomi!! E tu...vattene, non voglio vederti, non sei mio fratello!! - gli urlò in faccia, e Tom indietreggiò.
Il dottor Paul si portò affianco al clone. - Se vuoi...posso distruggerlo.. - propose, e l'altro Tom lo fissò come se fosse impazzito. Cavolo, lui non voleva morire! Ma poi guardò Bill: lui non lo voleva vedere, per lui suo fratello era morto, e non ne voleva solo una stupida copia...e, nonostante tutto, dentro di sè teneva ancora tutti i sentimenti e tutti i pensieri del vero Tom, e sapeva che quella era la cosa giusta da fare.
- Bill...il dottore ha ragione...se vuoi, mi farò distruggere... - mormorò fissando il pavimento.
Bill si rialzò asciugandosi qualche lacrima, come se servisse a qualcosa, e si avvicinò a lui. - Io...io non ce l'ho con te...ma preferisco pensare che mio fratello abbia raggiunto un posto migliore, piuttosto che vivere per sempre con una sua....copia. Non lo sopporterei....io....non... -
- Ho capito. - sbuffò in un sorriso l'altro. - Non importa, in fondo so che è giusto così. -
Il dottore si intromise. - Allora forse faresti meglio ad andare...a meno che tu non voglia vedere quando....quando lui sparirà. - disse indicando il clone di Tom.
Bill scosse la testa e si avvicinò un'ultima volta al corpo del fratello. Si chinò su di lui, facendo in modo che i suoi lunghi capelli neri coprissero il volto pallido del suo Tom.
- Ti amo, Tomi... - gli soffiò sul viso, guardando i suoi occhi chiusi, prima di baciare delicatamente le sue labbra fredde per l'ultima volta. Lasciò cadere una lacrima sulle sue palpebre, guardandola scorrere sulle sue guancie marmoree e infine morire sulle labbra che aveva appena baciato, che aveva baciato altre cento, mille volte e che ora non avrebbe sfiorato mai più.
Si rialzò, non riuscendo a distogliere lo sguardo.
In realtà non voleva lasciarlo.
In realtà sperava ancora che si svegliasse, gli sorridesse dicendogli affettuosamente che era uno scemo ad aver creduto anche per un momento che lui fosse morto. Sperava che si alzasse e che lo abbracciasse, promettendo che sarebbero rimasti sempre insieme. Sfiorò il suo viso un'ultima volta, realizzando che non sarebbe successo nulla di tutto quello.
Si voltò avviandosi lentamente verso la porta, ma l'altro Tom lo bloccò per un braccio attirandolo a sè e stringendolo forte.
- Come...cosa..? - chiese confuso.
- Bill, ti amo. - gli disse quello. - Ti prego, non fare stupidate, perchè non voglio vederti qua da me in Paradiso prima di cent'anni! - sorrise.
- Ma cosa stai dicendo..? - gli domandò il moro riportandosi una mano alle labbra, sgranando gli occhi.
- Io non ho detto nulla. - rispose Tom con un sorriso. - Questi sono solo gli ultimi pensieri di Tom.Io te li ho solo riportati.Dentro di me sono rimasti tutti i suoi pensieri, fino all'ultimo minuto. - spiegò.
Bill strinse il suo braccio con una mano, tremando, sicuro che sarebbe crollato a terra ma il biondo lo sorresse.Come sapeva che avrebbe subito pensato al suicido?Il clone parve leggergli nel pensiero. - Si vede che ti conosce bene. - disse, parlando al presente. - Lui vuole che tu viva, Bill, non te lo dimenticare. - detto questo lo lasciò andare e lo salutò con un cenno della mano. Bill si sporse un'ultima volta per baciarlo sulle labbra, lasciandolo sorpreso.
- Danke.. - gli disse accennando un sorriso. Si avviò verso la porta, ma prima di uscire si voltò un'ultima volta verso di lui.
- Addio....Tom. - lo salutò, pronunciando incerto quel nome.
L'altro scosse la testa ridendo.
- Questo non è un addio, puoi contarci. Arrivederci. -
Anche Bill sorrise, pur continuando a piangere, e lasciò che quella porta scorrevole si chiudesse finalmente dietro di lui.
<center><b>The End</b></center>
<b>Note finali dell'autrice: </b>
Bhò.
E' una storia strana...ma mi piace.
L'idea, se non avete visto la tv l'altra sera, mi è venuta guardando il film 'Il 6° giorno' con Arnold Schwarzeneger, in cui lui scopriva di avere un clone e bla bla bla...insomma, si entrava nel mondo dei cloni ed era così triste che mi è balzata in mente queste idea malata!**
Perchè Oscar Wilde?Perchè lo amo, e adoro i suoi aforismi...quelli che non sono suoi sono rispettivamente di 'Don't Jump' e di 'Disappear' degli Hoobastank, che io venero *ç*
Il titolo e il sottotitolo sono tutti di canzoni delle T.a.T.u. *ç*
Ah, e avete visto come l'ho ambientata esattamente cento anni dopo?Che fantasia eh?XD
Che dire, spero che questa shot vi sia piaciuta la metà di quanto è piaciuta a me <3
Oddio... E' bellissima!!! Ti giuro che mi sono messa a piangere!!1 Ma io, infondo, mi metto sempre a piangere quando leggo qualcosa di triste... Però, giuro, questa mi ha davvero toccata enormemente!!! E pensare che il primo vero clone è stato un animale!!! Vuoi sapere una cosa??? Io non amo particolarmente la scienza e tutte 'ste cose di cloni e non cloni, soprattutto il fatto che in un futuro potrò ritrovarmi con un 'oggetto' (o quasi) uguale a qualcuno a cui voglio disperatamente ben... Altro...
Oddio... E' bellissima!!! Ti giuro che mi sono messa a piangere!!1 Ma io, infondo, mi metto sempre a piangere quando leggo qualcosa di triste... Però, giuro, questa mi ha davvero toccata enormemente!!! E pensare che il primo vero clone è stato un animale!!! Vuoi sapere una cosa??? Io non amo particolarmente la scienza e tutte 'ste cose di cloni e non cloni, soprattutto il fatto che in un futuro potrò ritrovarmi con un 'oggetto' (o quasi) uguale a qualcuno a cui voglio disperatamente ben... Altro...