Intervista a Katsuhiro Otomo! Ultimo lavoro
data: 10/01/07
scritto da: winre profilo
Intervista a Katsuhiro Otomo realizzata da Midnight Eye, in occasione della 63° Mostra Del Cinema Di Venezia per presentare -Bugmaster- il suo ultimo lavoro, dal manga di Yuki Urushibara.


Com’è nato Bugmaster?

Il produttore Satoru Ogura voleva fare un importante jidai geki (film storici giapponesi nel cui filone s'inserisce il genere 'cappa e spada' orientale) in coproduzione con lo staff dietro 'La Tigre e il Dragone'. Mi chiese se fossi interessato a dirigerlo. Non facevo un live action da molto tempo, però, e non ero abbastanza preparato per un progetto di quella portata, perciò avevo pensato che sarebbe stato veramente difficile per me mettere in scena qualcosa del genere.
Comunque, dissi a Ogura che avevo il desiderio di adattare il manga Mushishi, che è anche una sorta di pezzo storico. Lo lessi e pensai che poteva essere un film interessante. Poteva darmi un’occasione di mischiare live action e computer graphic, per creare un ibrido di reale e virtuale, nella speranza di ottenere una combinazione armoniosa dei due.

Lei è noto per la fantascienza. Che interesse aveva nel fare un film storico?

Sono sempre stato interessato ai jidai geki e al realizzarne uno. Da giapponese, cresci guardando jidai geki. Ogni autore di film probabilmente vuol farne uno, per essere come Akira Kurosawa. Ma non tutti possono essere Kurosawa. Poi, io non sono interessato a fare film che qualcun altro ha già fatto. Se faccio un film, voglio che sia qualcosa di diverso e quando trovi un’idea che può permetterti di farlo, come nel caso di Bugmaster, sei davvero motivato.

Per avere i diritti per fare questo film lei ha dovuto incontrare l’autrice Yuki Urushibara. Solitamente, sono le persone che vogliono adattare uno dei suoi manga a contattare lei. Com’è stato essere dall’altra parte della tavola?

E’ stato piuttosto semplice: volevo davvero adattare la sua storia, perciò le ho chiesto se fosse d’accordo. Non era un lavoro facile, però, perché il manga va avanti per 13 o 14 volumi e ognuno di essi è una storia completa, con un inizio, uno svolgimento e una fine. Ho scelto elementi da parecchi di essi combinandoli in una mia sceneggiatura. Ho spedito ad Urushibara il copione e lei mi ha fatto i complimenti, ma principalmente mi ha permesso di fare quel che volevo.
Sai, un disegnatore di manga che è molto attaccato al suo lavoro avrà sempre il desiderio di farne da sé una versione cinematografica. Ma quelli che ci riescono sono casi eccezionali, come Akira era stato per me. Io non posso farli tutti, perciò non mi importa se qualcun altro fa un adattamento di uno dei miei manga. Non amo ripetermi, e sento che adattare un mio stesso manga è essenzialmente ripetere qualcosa che ho già fatto in precedenza.

E’ stato felice di come altri registi hanno diretto i suoi lavori?

Certo mi sento attaccato a quei film e talvolta chiedo di leggere la sceneggiatura prima di permettere che il progetto vada avanti, ma in genere ho provato a starne fuori. E’ il lavoro di qualcun altro. In ogni modo, non ci sono molti miei manga ancora da adattare. Joe Odagiri è un fan di ‘Domu: A Child's Dream’ (In Italia 'Sogni di Bambini'), che è uno di quelli che non sono stati ancora adattati.
A Venezia ho incontrato Guillermo Del Toro, che per un po’ aveva l’intenzione di adattare Domu. Ma non so che c’è di immediato. Abbiamo provato a finirlo anche prima, ma c’erano problemi col produttore. Ho dato a Del Toro i diritti, quindi, per quanto sia dispiaciuto, se mai verrà finito, è lui che lo farà. Chissà, Domu è pubblicato in USA dalla Dark Horse, che pubblica anche 'Hellboy'. Perciò c’è ancora una chance che si possa fare.
Ho scritto Domu perché volevo scrivere un film. E’ come lo storyboard di un intero film. Ho già fatto il film Domu, in altre parole, e non sono interessato a rifarlo di nuovo. In genere non mi piace rivisitare o persino leggere i miei manga. Forse semplicemente non mi piacciono i miei lavori (ride).

C’è qualcosa di molto filosofico nella storia di Bugmaster, e sul ruolo giocato dagli insetti. Nel film c’è luce e oscurità, ma non significa automaticamente che la luce sia il bene e l’oscurità il male, o che la luce vinca sulle tenebre. Semplicemente essi coesistono in armonia. E’ quell’idea di una zona grigia, che l’affascinava nel manga originale?

Si. Dipende tutto da come si vedono gli insetti, da ciò che pensi sulla loro esistenza. Gli insetti simboleggiano l’irrazionalità, in un certo senso, ciò che gli umani non possono controllare, come sfortuna, catastrofi e morte. Il punto è come noi accettiamo l’esistenza di queste cose. E’ di questo che parla la storia. Per esempio, oggi siamo molto preoccupati dal terrorismo. Una bomba esplode da qualche parte e molta gente muore. Ma se si vede lo stesso evento da un altro punto di vista, molto distante, potrebbe sembrare bellissimo. Un lampo di luce e un’esplosione di scintille quando le vedi di notte possono sembrare un bellissimo spettacolo, ma la verità è che delle vite umane sono state distrutte. E’ questa l’assurdità; la distruzione può sembrare bellissima da una prospettiva esterna. Questo è il modo in cui io intendo la presenza degli insetti in questo film.
L’umanità deve coesistere con gli insetti. Non puoi evitarli. Non hai altra scelta che accettare la loro esistenza. Quello è l’atteggiamento di Ginko, il protagonista. Poi, qualcuno probabilmente avvertirà che il film non ha un vero climax. E’ un film disteso per tutta la sua durata. Ma ciò è valido anche per le nostre vite di esseri umani. Se guardi al passato della tua vita, forse puoi indicare qualche momento che hai avvertito come culminante nella tua esistenza o un punto di svolta, ma allora, quando li stavi vivendo nella realtà, non li intendevi come puoi fare oggi. La vita avanza a poco a poco, con calma, e io volevo portare in Bugmaster quella stessa emozione.

Ginko è un personaggio interessante. Può comunicare con la natura, ma non ha raggiunto un equilibrio o un’armonia di tipo zen.

Forse, ma io credo che egli provi a raggiungere quell’equilibrio. Egli riconosce e affronta l’esistenza degli insetti, quando molte persone preferiscono ignorarli. E’ come per dei malati di cancro: alcuni riescono ad accettare la loro malattia e nonostante tutto vivere con dignità, mentre altri cadono nella disperazione. Nel film, i due protagonisti principali Ginko e Tanyu, possono accettare l’assurdità e provare a cercare il modo di coesistere con essa, ma sono i soli che riescono a farlo.

Il film è ambientato nel periodo Meiji, benché non sia così specifico in termini temporali e di luoghi. Nel periodo Meiji, molte importanze straniere vennero abbracciate dai giapponesi e molti dei valori esistenti vennero rovesciati. C’è un sentimento di critica da parte sua nell’uso di quest’ambientazione per il film?

Non è proprio una critica. Il film è una specie di fiaba, per questo occorre un’ambientazione che sia un po’ fuori tempo. Non avrebbe funzionato perfettamente nel periodo Edo, e l’era Taisha e Showa erano già troppo moderne. Poi, quella sensazione di instabilità costante, di realtà in mutamento e in declino, incontra molto bene i personaggi. Occorreva dare la sensazione che essi potessero improvvisamente sparire senza lasciare alcuna traccia. Cercavo di dare al film un filo di fantastico e il periodo Meiji è quello che mi ha permesso di realizzare al meglio la mia idea…

Ho l’impressione che il modo in cui lei è visto, specialmente fuori dal Giappone, è ancora come ‘L’uomo che ha creato Akira’. Questo la infastidisce?

Non mi pongo il problema di come la gente mi considera veramente. Sai, quando scrissi Akira dopo Domu - che è perfino più fantascientifico di Akira - molti fan si lamentarono. Poi, quando ho fatto 'Steamboy' dopo Akira, molti fan di Akira mi hanno chiesto perché abbia fatto un film come Steamboy. E’ sempre la stessa storia. E’ inutile per me ascoltare questo genere di critiche. Farò sempre ciò che voglio senza ripetere ciò che ho già fatto. Non m’importa quel che gli altri pensano di me o dei miei lavori. Non ritengo di poter migliorare ripetendomi. Quello che odio di più è stare fisso nello stesso punto. Non fraintendetemi, io credo che sia un onore che alle persone piacciano i miei lavori tanto da diventarne fans devoti, ma ogni volta ho voglia di non stare a lungo assieme a loro.

Ma non sarà che lei abbia perso interesse per la fantascienza o gli scenari futuristici?

Niente affatto. E’ solo che non sono interessato a esplorare luoghi che ho già visto. Attualmente ho un’idea per una nuova storia, ambientata nel futuro.

Sarà per un film o per un manga?

E’ per un film, ma probabilmente sarà davvero costoso. Mi meraviglio di come la sto maturando… oh beh, vedrete (ride).

La differenza principale tra il fare film e scrivere manga è la collaborazione. Scrivere manga è qualcosa che fai da solo, ma un film richiede collaborazione con molte persone. Negli ultimi anni si è dedicato più al cinema, significa che ha trovato più divertente lavorare con altri?

Si, è vero. Certamente, lavorare da soli è più facile ma anche più duro. Non c’è niente di favoloso nel disegnare fumetti. Quando finisci, sei sollevato e felice, ma è notte fonda e non c’è nessuno con cui dividere la tua gioia. Facendo cinema hai un party con tutta la tua troupe e poi c’è la prima. Tutte cose che ti perdi quando disegni solo manga. Ma ci sono inconvenienti anche nel fare un film: qualche volta è davvero difficile comunicare le tue idee al gruppo, per esempio. Ma è vero che ho scoperto il piacere di lavorare in gruppo. Adesso, ho un idea per un nuovo manga e probabilmente lo potrò fare prima del mio prossimo grande progetto cinematografico. Il tempismo sarebbe perfetto, ma è la mia motivazione il problema. Non sono sicuro di volermi rimettere a sedere alla scrivania tutto da solo. A meno che un editor non mi costringa a farlo. Non ho fatto nessun manga per circa dieci anni. Suppongo che potresti dire che sono una sorta di mangaka in via di estinzione (ride).

Ci sono film o registi che l’hanno interessata ultimamente?

‘Talk to Her’ di Pedro Almodovar era veramente interessante. Ho provato realmente emozioni insolite guardandolo. La storia, le immagini, la recitazione, la regia - tutto meraviglioso.

I suoi film sono di regola ai festival cinematografici adesso. Le fanno piacere queste manifestazioni?

Sono molto divertenti, ma in verità ti senti il peso di una forte responsabilità per quello che hai fatto. Mi fanno capire che dovrei essere responsabile nel girare buoni film. Io avverto solo la responsabilità verso i miei film, però. Non mi sento di rappresentare il Giappone o il cinema nipponico in nessun modo.

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