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Paprika, tra sogno e realtà
data: 06/04/07 scritto da: winre profilo
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l'atteso film uscirà a giugno!
riporto l'articolo di oggi su repubblica:
Paprika, tra sogno e realtà
E se qualcuno volesse rubarvi il cervello? Con il suo nuovo lungometraggio, presentato anche a Venezia, il maestro d’animazione Satoshi Kon inventa la macchina in grado di penetrare nei sogni degli altri e di trasformarli in film. Rubando la psiche di chi dorme...
Futuro prossimo: l’invenzione chiave è un dispositivo chiamato DC-Mini, in grado di penetrare nei sogni delle persone e di mostrarli come fossero un film. Anzi, per essere precisi, un film a disegni animati. È questa l’idea di partenza di Paprika, il nuovo lavoro del bizzarro Satoshi Kon, già celebrato regista di altre tre importanti opere.
Rispetto a questi – è bene dirlo subito – in Paprika c’è una novità: non è perfetto. Ed è davvero un peccato, perché quest’ultimo ha avuto in Italia la grande visibilità che gli altri avrebbero meritato: Paprika è infatti entrato in concorso all’ultimo Festival di Venezia, cosa che l’autore ha tenuto peraltro in grande considerazione, dedicando persino una scena (come dire: una ruffianata) alla manifestazione cinematografica diretta da Marco Muller. Quasi fosse la partecipazione a Venezia uno dei desideri inconsci del regista.
Satoshi Kon interpreta in pieno lo stereotipo giapponese dell’artista: una lunga coda, pizzetto e baffetti, accompagnati però da un evidente amore per le precisazioni e i dettagli: «Il rapporto tra un cartoon e un film vero è simile a quello che intercorre tra una foto e un quadro. Lo stesso oggetto viene raffigurato in maniere diverse. Nella vita quotidiana realtà esterna e interna coesistono parallelamente così come nel mio film c’è la sovrapposizione di realtà parallele», spiega.
Attorno al DC-Mini si svolge infatti una trama tra lo spionaggio e lo psicanalitico. In attesa che il governo emani una legge che ne autorizzi l’uso, il dispositivo viene rubato. Il rischio è grande: il DC-Mini può permettere a chi lo usa di entrare nella personalità del sognatore e di rubargli anima e psiche. Per questo il suo inventore, la dottoressa Atsuko Chiba, decide di rischiare il tutto per tutto, inserendosi nel mondo dei sogni con il nome in codice “Paprika”, per scoprire chi sia il ladro e quali finalità persegua. Non si può dire che il soggetto non sia intrigante.
Ma troppe cose rimangono fuori fuoco. Quello di cui Kon ha sempre parlato è l’illusione della realtà. O, se preferite, la realtà delle illusioni. Nel suo primo film, Perfect Blue, del 1998, Kon stupisce tutto il mondo con la forza di un film giallo e horror che vede protagonista una giovane cantante (giapponese) presa di mira da un appassionato che non sopporta il cambiamento d’immagine della ragazza. Il film è un crescendo di inquietudini: la vita diventa sogno e il sogno vita, e il timore di ciò che potrebbe accadere forse fa ancora più paura di ogni possibile realtà. Questo film (che riscrive completamente l’omonimo libro di Yoshikazu Takeuchi) è il risultato di un montaggio finale che ha escluso centinaia di scene.
Eliminando certi passaggi, certe spiegazioni, Kon ha reso omaggio al mistero della vita. La cifra stilistica di Kon si ripete quasi miracolosamente nel film successivo, tra tutti quello meno visto in Italia: Millenium Actress, realizzato nel 2001. Si tratta di un “documentario” su una grande attrice ormai al termine della sua carriera. La donna ripercorre la sua vicenda attraverso i suoi film, ma quelle pellicole (storiche, di guerra, di fantascienza, melodrammatiche) diventano la sua storia personale. Un lavoro eccessivo dall’equilibrio miracoloso: perfetto, come dicevamo. Tanto perfetto che era come se avesse chiuso un cerchio, partito con Perfect Blue. Ci si chiedeva: ma come potrà Satoshi Kon ritornare ancora a parlare dell’illusione della vita, della realtà del sogno? E infatti spiazzò tutti quanti con il suo quarto film, uscito nel 2003: Tokyo Godfathers, rivisitazione di un western di John Ford. Un film che è stato perfino distribuito da noi nelle sale cinematografiche con la stessa formula che viene usata per i prodotti per ragazzi: solo proiezioni pomeridiane. E così le famigliole accorse in sala hanno accolto con una certa sorpresa i protagonisti del film: tre barboni tra cui un gigante travestito. Grande ritmo, grandi personaggi, grandi sorprese: sembrava che Satoshi Kon avesse imboccato un’altra strada.
E rieccoci a Paprika: Kon ritorna ai sogni adattando l’omonimo libro di un celebre (in patria) romanziere di fantascienza, Yasutaka Tsutsui. «Ma il romanzo non è un film: io ho dovuto ridurre molto il numero dei personaggi e non sono stato per niente fedele perché volevo esprimere la mia idea». Resta però una certa complessità che rende a volte impervia la trama: «Per me il pubblico è sempre qualcuno che un po’ mi assomiglia e che si trova in varie parti del mondo», afferma Satoshi Kon. Anche se in questo caso probabilmente il film guarda a un pubblico decisamente più adulto mentre Tokyo Godfathers aveva il pregio di essere più trasversale... «Non è una cosa che mi preoccupa. I miei film non sono esattamente diretti ai bambini». E in effetti, lo shockante Perfect Blue è li a dimostrarlo.
di Luca Raffaelli |
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