Guardava annoiato il soffitto sopra di lui, coricato nel letto, intrappolato dalle lenzuola che strisciavano incurante per terra...
Conclusa: Sì
Fanfiction pubblicata il 08/09/2008 10:35:39
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<center>Uno come tanti</center>
Guardava annoiato il soffitto sopra di lui, coricato nel letto, intrappolato dalle lenzuola che strisciavano incurante per terra, le braccia erano incrociate dietro il capo per sostenerlo, le gambe erano accavallate, il silenzio regnava nella stanza e mille pensieri ronzavano nella sua testa.
Spostò lentamente lo sguardo verso l’orologio, che ticchettava incessantemente; se qualcuno avesse avuto mal di testa o non sopportasse quel continuo ticchettare, l’avrebbe già scaraventato dalla finestra, fregandosene altamente di trovarsi in un hotel. Alla fine avrebbe dovuto solo pagarlo, non sarebbe stato un dramma. E allora perché non lo prendeva e lo gettava da qualche parte? D’altronde lui, in quel momento aveva un enorme mal di testa. Ma ormai le forze lo avevano completamente abbandonato ed era stanco di ogni cosa, pure di prendere un semplice orologio. Fissò con il cuore in gola le lancette. Mancavano solo cinque minuti. Cinque minuti e un nuovo, comune giorno sarebbe arrivato. Si, perché alla fine era un semplicissimo, comunissimo giorno. Cosa cambia da un giorno all’altro? Se cinque minuti prima eri in uno stato, dopo altri cinque cosa cambiava? Assolutamente niente, solo la posizione delle lancette e la data in un calendario.
Sospirò amareggiato. Forse si faceva troppi problemi, forse doveva prendere la vita con un po’ più di filosofia. Sorridere felice per quel nuovo giorno. D’altronde era il suo giorno. Sarebbe diventato più grande di un anno. Anche se alla fine sarebbero stati sempre quei cinque minuti. Cosa cambiava? Solo un documento scritto, un nuovo numero da dover pronunciare e da dover scrivere.
Senza pensare che quella giornata sarebbe stata davvero dura. Sia in positivo che in negativo. Il <i>suo</i> giorno sarebbe passato inosservato. Tutti sarebbero stati concentrati solo per una cosa, dimenticandosi di lui. Infondo chi era? Un ragazzo che tra meno di quattro minuti avrebbe fatto vent’anni, che suona la batteria con tanto amore ed energia, che fa parte di una band, ormai mondiale. Pensandoci bene, lui non era nessuno. Se quello era il suo giorno e veniva messo da parte, pazienza. Non era un dramma, non sarebbe morto nessuno…<i>tranne il suo cuore.</i> Infondo non si era mai preoccupato di queste cose, non gli era mai importato veramente, non gli interessava festeggiare, fare baldoria o chissà che, era un giorno come un altro, uno qualsiasi o semplicemente aveva sempre mentito.
Scosse la testa. Chiuse gli occhi. Troppi pensieri e lui doveva dormire, l’indomani sarebbe stata dura e se non dormiva almeno un po’, lo sarebbe stata di più. Perché farsi tanti problemi? Alla fine doveva mostrarsi forte e interessato come sempre, lasciando un po’ di indifferenza. La ricetta perfetta per stare tranquillo e per nascondere le sue frustrazioni.
Aprì gli occhi, sbuffando sonoramente. Posò nuovamente i suo sguardo sull’orologio. Ancora tre minuti. Il tempo sembrava non voler passare mai. Eppure voleva semplicemente farsi gli auguri da solo e lasciarsi trasportare tra le braccia di Morfeo, non chiedeva molto. No, decisamente.
Due minuti.
Svogliatamente si girò verso la sua destra e il suo sguardo fu catturato da una foto. Sbatté più volte gli occhi, non ricordava di averla messa nel comodino, né di averla uscita dalla valigia. La scrutò attentamente. In quell’immagine c’erano loro quattro, solo loro. Soli e sorridenti. Quando tutti e quattro contavano qualcosa ed non esisteva alcuna preferenza o forse era sempre stata un’illusione. Infondo loro erano davvero amici? Si sentiva così emarginato e fuori posto quando stava in loro compagnia. Erano così entusiasti, felici, sorridenti, pieni di energie, solari, scherzosi e divertenti. Lui era quasi l’opposto.
Prese la foto in mano per scrutarla meglio e per <i>sentirla più vicina.</i> Non c’era che dire, erano venuti proprio bene. Ma era passato così tanto tempo d’allora? I gemelli avevano solo sedici anni e adesso ne avevano diciannove. Caspita! Il tempo era volato e loro erano cresciuti così, senza rendersene conto. Però forse la loro amicizia era cambiata completamente, forse non l’ho erano mai stati, forse era una sua impressione. Ok, doveva smettere di pensare, di farsi quei rompicapi, doveva semplicemente calmarsi ed aspettare. Ma aspettare cosa? In un minuto cosa ti può cambiare? <i>Nulla.</i>
Tornò alla posizione iniziale, abbandonando la foto nel comodino. Sospirò amaramente. Solo un minuto e sarebbe andato a dormire e quella giornata sarebbe trascorsa come tante. Un giorno è sempre un giorno, sono tutti uguali.
La lancetta dei secondi avanzava sempre più e quella dei minuti come quella delle ore, la seguivano lentamente, molto lentamente e il ticchettio sembrava quasi sparito. Il momento di addormentarsi stava arrivando.
Chiuse istintivamente gli occhi, mentre una figura si buttata a gran velocità sul letto, provocando piccoli sbalzi. Li aprì velocemente, ritrovandosi quella figura misteriosa dinnanzi, che sorrideva a trentadue denti. Alzò la schiena, ritrovandosi seduto sul materasso. Che cosa ci faceva la?
Tre secondi.
Le lancette avanzavano incuranti.
Due secondi.
La figura misteriosa si sistemava accuratamente sul letto.
Un secondo.
Il silenzio regnava nella stanza.
Mezzanotte.
- Auguri Gusty! - Pronunciò teneramente, accucciato nel materasso sostenendosi con le mani, guardandolo con occhi da cucciolo, che luccicavano, mentre gli regalava il sorriso più bello che avesse mai visto. O almeno in quel momento gli sembrava così, d’altronde solo lui sapeva dare quei sorrisi.
Sgranò gli occhi quasi incredulo. Era venuto nel cuore della notte solo per questo? Il cucciolo della band si era intrufolato nella sua stanza solo per fargli gli auguri appena sarebbe scattata la mezzanotte? Perse un battito. Possibile mai che fosse davvero così? Poteva essere un miraggio o un desiderio?
Il moro portò le braccia intorno al suo collo, stringendolo forte al suo esile petto. –Felici vent’anni. - Sussurrò dolcemente al suo orecchio, sorridendo divertito, stringendolo sempre più.
Improvvisamente sentì mancare l’aria. Forse era perché il cantante lo stava stritolando senza pietà, forse perché non si aspettava una cosa del genere, anche se poteva sembrare un piccolo, innocuo gesto, forse perché aveva perso ogni speranza e gli veniva buttata così la risposta alla sua domanda, forse semplicemente perché aveva sbagliato tutto.
Istintivamente rispose al suo abbraccio quasi goffamente, investito dal suo calore, dalla sua dolcezza e dalla sua allegria.
- Dai Bill, lascialo andare. Lo stai stritolando. - Disse in tono da finto rimprovero, una figura appoggiato allo stipite della porta, dai lunghi capelli rasta, mentre sorrideva divertito.
Girò la testa verso il fratello, lanciandogli uno sguardo da finto offeso. –Io non lo sto stritolando. - Disse accigliato con tono da bambino piccolo, intensificando la stretta, facendo la linguaccia al gemello.
Sorrise divertito, entrando a passo felino nella stanza. –Fai pure. Però se rimaniamo senza batterista è colpa tua, sappilo. - Disse in tono beffardo, portando le braccia in posizione conserta, osservando il cantante con un ghigno, mentre il moro gli lanciava occhiate di fuoco.
- Tom, lascialo in pace. - Pronunciò con tono da finto autoritario il basista, appoggiato allo stipite della porta, dove un attimo prima c’era il chitarrista, sorridendo beffardo, mente il cantante mollò la presa, contento di essere difeso da qualcuno, sorridendo dolcemente al suo salvatore.
Per un secondo si sentì smarrito. Niente più braccia avvinghiate al suo collo, niente calore, niente di niente, si sentiva quasi nudo, come accade ogni volta che un abbraccio finisce, però almeno poteva respirare tranquillamente. –Ma cosa ci fate qua? - Chiese curioso, tormentato da quella strana situazione, guardando attentamente ogni membro della band.
- Ah! Bill, voleva farti gli auguri di buon compleanno appena sarebbe scattata la mezzanotte, quindi ci ha costretto a venire tutti qua. - Disse tranquillamente il castano, entrando lentamente nella stanza, dirigendosi verso il letto per potersi sedere.
- Ma si. Tanto non avevamo niente da fare. - Pronunciò ironico il chitarrista, dirigendosi anch’esso verso il materasso, cercando un angolo dove potersi sedere.
Il batterista si girò velocemente verso il front - man. –Bill? - Chiese stupito a bassa voce, lanciandogli un’occhiata scioccata.
Abbassò la testa imbarazzato. - Ehm…volevo farti una sorpresa. - Pronunciò esitante ed imbarazzato, giocando nervosamente con le mani, senza mai distogliere gli occhi dalla sue dita.
Sgranò nuovamente gli occhi, portando una mano in un pugno, stringendolo. Era stato uno stupido, come poteva dubitare di loro? Come aveva minimamente pensato una cosa del genere? Loro quattro erano una cosa sola. Un’unica cosa. E tutto veniva racchiuso in un nome, in due parole, in dieci lettere: Tokio Hotel.
Con scatto felino saltò sopra il moro, abbracciandolo forte, forte a se. –Ragazzi siete fantastici! - Esclamò euforico, intensificando la stretta, sorridente, mentre i restanti membri della band si precipitavano ad abbracciarli e la camera si riempiva di continue risate.
Forse l’unica vittima sarebbe stato il cantante, stritolato possessivamente dal batterista e magari un giorno avrebbe scoperto come erano riusciti ad intrufolarsi nella camera.
Sorrise divertito. Cos’era cambiato in un minuto?
Tutto.
Oplà! C’è l’ho fatta!
La fan fiction per il compleanno di Gustav è pronta *__*! Come potevo non dedicargliene una? E’ pur sempre il mio mito e adesso ha vent’anni ç_ç, com’è cresciuto velocemente, anzi come sono cresciuti tutti velocemente, io ancora non riesco a crederci. Sono diventati degli uomini a tutti gli effetti *_*. Sono proprio orgogliosa di loro. Si, si u.u! E agli VMA sono stati davvero grandi *__*
Ringrazio tutti coloro che leggeranno e le povere anime che con un gesto di generosità (o carità, chissà, o semplicemente per fare un tributo al nostro Gusty!) commenteranno.
Bacioni Ryan92!
Ahahahahah!!!!