Londra, 24 dicembre 1871. Un Samurai e il suo servo. Il Big Ben. Il Natale. La neve. Una decisione che forse, nel manga, non verrà mai presa. SASUNARU
Conclusa: Sì
Fanfiction pubblicata il 28/12/2008 19:36:16
ABCABCABCABC
<b>Autore: </b> Lady Kokatorimon
<b>Titolo: </b> Listen to the big ben at christmas midnight
<b>PRIMA CLASSIFICATA A PARIMERITO AL “CONTEST NATALIZIO” DI IAIA86</b>
<b>Genere: </b> Romantico, malinconico
<b>Rating: </b> Verde
<b>Avvertimenti: </b> Shounen ai, one shot, Alternate Universe
<b>Motivazioni delle scelte: </b> La coppia è la Sasuke X Naruto, e l’ho scelta per il semplice motivo che è la mia preferita, e ci tenevo a far vivere a loro una calorosa situazione natalizia. L’ambientazione è situata nella Londra Vittoriana (ovvero sotto la Regina Vittoria) sia per ciò che stava accadendo nel frattempo in Giappone (lo vedrete poi leggendo), sia perché è un contesto che m’ha sempre affascinato e su cui progettavo da tempo di scrivere qualcosa, ed ho colto la palla al balzo. Ma soprattutto il motivo è semplice: chi cacchio l’ha detto che la città più romantica è Parigi? XD
Buona lettura.
<b>Introduzione: </b>
<i>Londra, Vigilia di Natale del 1871. Un testardo Samurai ed il suo fedele servo. Il Big Ben. Il Natale. La neve.
Una decisione che forse, nel manga, non verrà mai presa…</i>
<i>Londra, 24 Dicembre 1871</i>
Natale. Era una cosa a cui non riusciva ancora del tutto ad abituarsi.
Non è normale che la neve ed il freddo possa dare allegria alle persone.
Andiamo, come si può essere felici se il gelo ti si avvinghia alle ossa come se non ci tenesse a far nient’altro?
Tremava da capo a piedi, correva più veloce. La città gli si stringeva addosso come lui le sorrideva, e lei gli rispondeva borbottando di sbuffi neri di ciminiera, e con occhiate sfuggenti dei grandi, fieri palazzi. Tornava poi sulle sue, altezzosa, gotica, indifferente. Pur non comprendendo, Naruto rallentò il passo.
<i>Neanche tu l’hai mai capito, né, dannato Bon* Sas’ke?</i>
Con due pomodori avvolti in un fazzoletto nelle mani, Naruto sentiva come se la sua giornata avesse assunto un senso inequivocabile, un importanza capitale…soddisfacente per davvero. Anche se aveva dovuto pregare una vecchia bisbetica signora inchinandosi fino a quasi leccarle i piedi, e rendere ancora chiara la sua debolezza, fino in fondo. Non gl’importava. Non riusciva a smettere di sorridere.
Capelli biondi, occhi azzurri, nome giapponese. Undici e mezza in punto.
La casa dove vivevano, ormai, la si poteva identificare soltanto osservando bene la miriade di finestre tutte uguali, e scegliendo la più polverosa. Per niente degno di lui, del suo apparire così fiero ed irraggiungibile. Del suo essere così fiero ed irraggiungibile.
Da parte sua le cose erano sempre state così, e sempre così sarebbero rimaste.
Bastava svestirla dei ghirigori occidentali e della grigia presunzione d’essere all’apice del mondo, e la sua mente tornava ai tatami bagnati di neve, al freddo delle notti giapponesi. Eppure se ne lagnava come un riccastro ragazzino viziato.
Niente a che vedere con quello. Niente a che vedere con quando il Bon si rendeva appena conto della sua esistenza.
Ora riusciva a sorrideva come se per davvero tutto andasse fin troppo bene. Ed in fondo, quei dannati pomodori era riuscito a trovarli.
Poteva bastare, no? Per ora poteva bastare a fargli digrignare i denti come se per davvero il mondo stesse girando per il verso giusto. Almeno per lui.
La porta dell’appartamento si vedeva già dal quinto gradino delle scale, consunta e rovinata, nemmeno chiusa a dovere. Aprendola il cigolo gli trapassò le orecchie e lo fece bestemmiare a mascella contratta. Avrebbe dovuto togliersi le scarpe, ma era un’abitudine che aveva fatto in fretta a relegare in quella piccola parte della sua mente che ogni tanto stava a ricordargli da dove veniva.
Avrebbe dovuto anche annunciarsi, a dire il vero, ma il silenzio e la penombra erano sacri. Mai dimenticarsi questo.
Il Bon era nella sua stanza, come sempre. Non che avesse mai avuto l’intenzione di averlo a mente, ma il Natale non lo toccava. Non ne aveva mai compreso il senso, non aveva mai compreso il senso del prostrarsi davanti a qualcosa che non è possibile vedere. Ma che senso ha cercare il significato di una cosa bella? Nessuno deve essere lasciato solo a Natale, pensava Naruto con convinzione.
Come sempre si sedeva per terra, con la schiena poggiata sulla porta chiusa della stanza del Bon.
- Bon Sas’ke? - non rispondeva subito, figurarsi se quel pomposo teme** si degnava di dare la sua attenzione così a buon mercato!
- Bon Sas’ke! Sono riuscito a recuperare dei pomodori, li vuole? -
<i>Potresti almeno ringraziare per il fatto che almeno tu puoi nutrirti del tuo cibo preferito, al contrario di qualcun altro… teme!</i>
- Non potresti almeno provare a portarmi rispetto, Naruto? -
Udendo la sua voce provenire dalla stanza chiusa, Naruto si rese conto di aver espresso ad alta voce i suoi pensieri. Sasuke, a sua volta, aveva udito la sua breve risata colpevole, mentre si sfregava il retro della testa. Che domanda stupida… la risposta era ovvia.
- Certo che no, Bon Sas’ke -
- Non so neanche più perché te lo chiedo -
Non avrebbe aperto subito, figurarsi se quel frigido idiota si permetteva di lasciar intendere che, di tanto in tanto, desiderava umanamente qualcosa!
Avrebbe dovuto inchinarsi fino in fondo alla superiorità del padrone… ma neanche morto, pensava Naruto. Il mio sangue non era del tutto giapponese, teme! Affermava, sghignazzando, dentro di sé. Lui era un libero e indipendente uomo occidentale, kami sama!
Un fiero proletario, possidente di sé stesso. E di quel passo, certo di prole non ne avrebbe avuta mai, in verità.
Oltre alla libera scelta di essere proprietà di Sasuke Uchiha, Naruto non possedeva altro che sé stesso.
Andava più che bene così. Parlare al suo orgoglioso Bon attraverso il legno di una porta sbarrata non era un peso poi troppo grande.
Le loro più grandi conversazioni avvenivano da una parte all’altra di una barriera invalicabile da chiunque non fosse il Bon. Appoggiava la schiena al legno gelido, ascoltava, parlava, rideva, immaginava occhi neri illuminarsi di gioia in modo fuggevole, poi man mano fissarlo, intensi, entusiasti. Quando poi però li aveva davanti non divenivano altro che raggelanti… fin nel più profondo delle viscere. Pensandoci, la sua fantasia diveniva più forte.
Si protraeva in avanti, cercando d’afferrare il più possibile di quell’immagine.
- Bon, non sono in possesso della facoltà del tele trasporto…dovrebbe aprirmi la porta, se vuole questi pomodori -
- Non mi pareva di averteli chiesti - borbotta.
- No... - sghignazza ancora - …è per questo che li ho presi -
La risata del Bon Sas’ke era flebile ma profonda, come se la tirasse fuori con forza dalla gola, e poi s’impegnasse a non farla esplodere.
Voleva farla passare per ironica, ma lui ricambiava allo stesso modo, come se stessero ridendo di qualcosa di divertente.
- Dannate porte troppo sottili… -
- … la rovina della società contemporanea occidentale! -
Rideva, in modo sempre più profondo - Mi chiedo dov’è che hai imparato ad esprimerti in questo modo -
- Se apre la porta glielo spiego -
- Scordatelo -
- Bon, lei è davvero testardo…gliel’aveva mai detto nessuno? - anche troppe volte, pensava Sasuke affranto tra sé e sé.
- Oh, certo, se non fosse così non saremmo a Londra da quasi due anni in più del tempo pattuito -
- Oh sì, tra le altre cose… - enfatizzò, facendosi poi improvvisamente serio - …dovremmo tornare, Bon -
<i>La guerra Boshin*** è finita da un bel pezzo, ora possiamo tornare. È finita! Torniamo a casa, Bon!</i>
Sasuke ne aveva nausea a forza di sentirselo ripetere ogni santo giorno, man mano che tutto ciò che aveva intorno decadeva ogni momento di più.
Ormai non era rimasto più nulla del giovane Samurai, oggetto di curiosità e ammirazione degni intellettuali inglesi pieni di sé, che era giunto in Inghilterra quattro anni fa. La sua terra natia non bastava più a renderlo esotico, benché meno interessante.
Ormai non era rimasto più nulla nemmeno della ragione per cui vi si trovavano ancora.
- È la vigilia di Natale, Bon -
Sasuke si sedette contro la porta che non si decideva a spalancare con la forza di ciascun muscolo delle sue braccia.
Il calore di Naruto era così forte da attraversare lo spessore dei loro vestiti, del legno, e scaldargli la palle. Vi si lasciò andare contro, sospirando.
- Me ne dovrebbe importare? - non riuscivano ad abituarsi al calore senza motivo, alla felicità insensata del Natale.
Anche sé il servo era molto migliore del padrone nel costruirsi apparenze scintillanti su sorrisi troppo dolci, ed accettarlo. Tutto cadeva loro intorno.
Non c’era niente lì per loro, eppure Naruto sorrideva, e parlava di vittorie di cui non gl’importava niente.
- Non ho voglia di mangiare, lasciami in pace -
- Mio padre non è qui… - sempre meno fiato usciva dalle sue labbra, man mano che continuava a parlare. - … e nemmeno il Bon Itachi -
- LO SO! -
Soddisfatto a metà d’aver toccato il tasto dolente, il servo sorrideva amaro. - …allora torniamo a casa, Bon -
Dicendolo Naruto si voltò, s’aggrappò alle incisioni quadrate della porta, giungendo le mani in una preghiera che il suo Dio non avrebbe visto mai.
Sasuke rifiutava sempre le sue fusa, ignorava sempre le sue provocazioni.
<i>Tu che almeno hai delle tombe da visitare alla luce del sole… tu che almeno sai da dove vieni… tu che almeno possiedi qualcosa senza nemmeno saperlo.</i>
- …sai che un giorno ti riporterò a casa, in un modo o nell’altro -
Minato Namikaze non era probabilmente più in Inghilterra da molto tempo.
Non aiutava il fatto che, di quel che lo riguardava, tutto ciò che Naruto sapeva era d’assomigliargli, e quel nome falso che l’amante giapponese gli aveva affibbiato nelle loro corrispondenze. Le aveva lette tutte quelle lettere, una per una, ignorando le macchie incrostate di sangue scarlatto.
Lui era il porto in cui poteva rifugiarsi, per sfuggire alle onde che il vento faceva sempre più grandi****, ma che l’aveva abbandonata molto prima che la tempesta si facesse davvero pericolosa.
La signora Kushina era la sua padrona, eppure spendeva sempre troppo tempo nell’abbracciarlo, e troppe lacrime nel parlargli.
Non era mai stata una buona attrice, a dire il vero. Aveva percepito la verità da molto tempo prima che lei decidesse di tagliarsi la gola con l’antico cimelio del clan Uzumaki. Una katana bellissima e mortale, brillante degli occhi rossi di un demone volpe sull’elsa.
Non aveva mai sopportato quel modo di vivere. Non aveva mai sopportato di mentire al sangue del sangue. Non aveva mai sopportato di non poter fare nulla se non abbracciare quel bambino biondo che, la mattina, spazzava le travi del pavimento canticchiando, piangendo ancora a dirotto senza un apparente motivo.
Quel demone dai capelli dorati e gli occhi di zaffiro non aveva fatto altro che gettare la sua maledizione sull’ennesima povera vittima.
Il suo popolo lo rifiutava, lo fissava con disprezzo. Si vide gettare chili di sale e sguardi accusatori addosso, mentre il corpo spariva nei meandri della sua bara. Nella sua terra non c’era felicità insensata, non c’era affetto dato solo per il gusto di farlo.
Ma ora sentiva molto più freddo che allora.
Itachi Uchiha non era più in Inghilterra da molto tempo.
Lasciandosi dietro la lama sporca del sangue di ogni suo singolo parente, era fuggito con la coda tra le gambe e la faccia tosta.
Sasuke Uchiha non si riteneva più suo parente da molto tempo. Da quando il clan Uchiha, uno dei più prestigiosi e fidati tra i vassalli dello Shogunato, era decaduto in modo tanto ignobile, affogando nella proprio stesso sangue. Da quando lui era stato costretto a farsi ospitare dal clan alleato Uzumaki, entrandovi con la testa alta, ma con l’orgoglio piegato. Tutti gli onori gli erano dovuti, ma il suo animo non sapeva star quieto.
Decise di partire il giorno dei funerali della Signora Uzumaki.
Davanti all’immagine di quel servo che tentava di cavarsi i meravigliosi occhi e lo scalpo pur di non essere più un demonio, capì di essere ancora in tempo per non veder del tutto calpestato il proprio vanto. Riuscì a limitare il danno a pochi graffi sulle guance paffute, che il rancore non fece rimarginare per alcuni giorni. Il sangue si mischiava al pianto che un fazzoletto non riusciva ad asciugare.
Con una raccomandazione e Naruto come unico bagaglio, partì quella stessa notte, con un cadavere ancora caldo nella tomba poco più in là, e occhi azzurri inondati di lacrime troppo tempo trattenute.
Niente di quello che cercavano era in Inghilterra.
Sasuke strinse i pugni, calcò l’orma del suo piede nel pavimento consunto della gelida camera.
<i>25 dicembre 1868, Itachi Uchiha muore combattendo nella gloriosa guerra civile Boshin</i>. Quelle parole non riusciva a togliersele dalla mente.
Prese un profondo respiro, mentre gli ideogrammi scritti di fretta sulla carta di una lettera stropicciata e la voce di Naruto s’intrecciavano in una visione delirante. Le sue braccia aprirono la porta, come non facessero più parte del suo corpo. Lui non lo voleva.
Assolutamente non lo voleva.
- Bo… bon? Avrebbe anche potuto anche avvertire sa? -
Naruto, non avendo più la superficie su cui la schiena stava prima appoggiata, lo guardava ora da disteso com’era sul pavimento.
Gli occhi spalancati e acquosi erano fulmini azzurri, più belli man mano che cercava di schivarne la visione, i capelli scintillavano, inumiditi, e ricadevano per terra meno ispidi del solito. La camicia bianca, il panciotto di tweed, il cravattino slacciato, la giacca spalancata in modo sconsiderato, tutto, come in un complotto, si apriva sul collo dalla tipica pelle degli abitanti d’Osaka, dorata e tesa.
- E così sarebbe Natale, eh? - chiese, impedendosi di guardarlo direttamente.
- Fino a prova contraria… - rispose, poco convinto, roteando gli occhi - … cioè, in realtà sarebbe la vigilia…m… -
- Usciamo! -
- Eh? -
Figurarsi se quel teme gli concedeva una santa volta di finire una frase di senso compiuto!
- Usciamo! - ripeté, con le braccia sui fianchi in una posa particolarmente plastica, per poi gettargli addosso la giacca ancora umida di condensa che aveva preso dal divano dell’anticamera. Senza aspettare un cenno affermativo, Sasuke si diresse verso la porta con le chiavi in mano, facendole tintinnare in ammonimento alla sua lentezza. Infilò quel mantello nero da perfetto lord, se è così che si chiamavano poi, mentre gli era di spalle.
- Beh, che aspetti? -
<i>Le sue spalle… avevo dimenticato quanto fossero larghe…</i>
- Che lei si decida di ricordarsi che io sono una persona e che voglio avere voce in capitolo, se non le disturba! - fece, in modo sarcastico.
- Oh certo… - rise - … me ne ricorderò sicuramente -
- TEME DI UN BON! - il suo modo d’urlare diventava più fastidioso di giorno in giorno –Prima o poi la supererò, e sarò io a fare il padrone! -
- Oh certo… - ripeté, con lo stesso odioso tono. - …lotta di classe, my dear, lotta di classe -
No, decisamente Naruto Uzumaki non era capace di avere rispetto per Sasuke Uchiha.
Come Sasuke Uchiha non era capace di avere rispetto per Naruto Uzumaki.
E non lo sarebbero mai stati.
Fuori pioveva d’una pioggerellina appena accennata.
- Bon… - borbottò, tenendo il cappuccio abbassato testardamente per non si sapeva quale motivo - …non vorrei disturbarla sa, ma starebbe piovendo -
Naruto starnutiva ad intervalli regolari, in polemica, ogni volta che la luce di un lampione lo illuminava e lui poteva vederlo da pochi metri più avanti. La testa bionda spiccava in modo disturbante dal mantello nero che si stringeva addosso con tutte e due le mani, squarciando il buio man mano che trotterellava per stargli dietro.
E allora voltava la testa, sospirava, premeva le tempie con due dita della stessa mano.
Non si voltò nemmeno a guardarlo in faccia, mentre rispondeva –e quindi? - che poi non era nemmeno una vera risposta.
- TEEEEMEEEE! - urlò, battendo i tacchi delle scarpe il più forte possibile. –HO FREDDO DANNAZIONE! -
Sasuke aggiustò il cilindro nero sulla testa che si distingueva a malapena dalla lucentezza dei capelli, batté l’inutile ed appariscente bastone da passeggio in una crepa del marciapiede, voltandosi e notando il colletto della camicia ancora slacciato. Dannato ragazzino testardo. Facendo spallucce, continuò a camminare, facendo volteggiare la stoffa sulle ampie spalle.
- Come se dipendesse da me, Baka***** d’un Uzumaki -
Il paesaggio si faceva sempre più affollato, come la strada cambiava.
Ma a mezzanotte non si dovrebbe essere a letto, di solito? La faccia di Naruto si fece tanto beffata, quanto sciocca e deliziosa. La testa di capelli biondi passava inosservata, in mezzo alla moltitudine di Ladies ingioiellate, Lords distinti in frac o in tight, sorrisi così falsi da sembrare veri. Le luci della strada erano più forti, i negozi erano più aperti del solito. Naruto sentì la mano di Sasuke afferrare la sua, il mondo nasconderlo, avvolgerlo.
Il rintocco di campane giunse alle sue orecchie.
- Io non la capisco, Bon -
Sasuke strinse la presa su di lui, camminò più velocemente in mezzo all’elegante via vai.
Le lancette di un grande orologio, su una torre davanti a loro, indicava la mezzanotte.
- Nemmeno io mi capisco -
- Divertente - Sasuke rise, come concordando con quel giudizio.
- Non l’avevo mai sentita ridere tanto -
Sasuke sembrava divertito, divertito davvero. Osservava il quadrante circolare dell’orologio, sorridendo a tempo perso. Altrettanto tempo si perdeva, osservandolo a propria volta. –e il mio regalo dov’è? -
Avere sul volto un espressione più ebete era impossibile –Di che diavolo parla? -
- Visto quanto ne cianciavi pensavo lo sapessi… - soffiò nel suo orecchio - …a Natale si fanno regali, Baka -
- Lo so, dannato Bon! - ribatté ringhiando –ma a lei non è mai importato niente, per quanto mi ricordo -
- Ora m’importa - rispose tanto repentinamente da fargli perdere la cognizione del tempo… non era abituato a tanta considerazione da parte del Bon!
Dannazione, aveva lasciato i pomodori sul tavolo! Pensò Naruto, balbettando. Frugò ingenuamente nelle tasche, tenendo la situazione in sospeso con ancora quella espressione da pesce lesso sulla faccia, mentre Sasuke tamburellava le dita sulla sua spalla dandogli i brividi.
- Non ho niente - concluse poi tristemente, con le tasche del mantello ancora capovolte.
Sasuke, quando sorrideva era bello, forse anche troppo. Bello della bellezza di quegli eventi che accadono tanto raramente che, per serbarne il ricordo, devi stringerlo con tutta la tua anima. Che poi glielo mostrasse così da vicino… non gli sarebbe ricapitato mai più, fino alla fine dei suoi miseri giorni.
Aveva incominciato a nevicare. Quando se ne accorse, sulla stoffa che copriva le spalle c’ era una patina di cristalli bianchi.
Un perfetto quadro natalizio. Un perfetto e crudele quadro natalizio. Il freddo della neve ti spinge a rifugiarti in braccia calde che puntualmente non trovi mai ad aspettarti. Lui era sempre un po’ più avanti, era inutile guardare a quel che aveva di fronte, nel presente.
Avrebbe dovuto inseguirlo ancora.
- Torniamo a casa, Bon... – ignorava, quelle parole supplicanti, come al solito. Ma il sorriso non era sparito dalle sue labbra.
- …torna a casa con me -
Ma il cappuccio del mantello calò sui suoi occhi.
Qualcosa avvolse i suoi fianchi facendolo avanzare di un passo.
- Allora scelgo io il mio regalo -
Ciò che apparve a quei passanti con la puzza sotto il naso, che accoglievano la nascita del Signore come li stesse osservando e giudicando tutti dall’alto del rintoccante Big Ben, era l’immagine di un’unica ombra nera che spariva e ricompariva, eludendoli e burlandoli.
Le labbra del suo padroncino erano gelide, ma morbide, e fatte apposta per baciare le sue. Il bastone da passeggio, tra le sue gambe, faceva da impedimento alla fuga. Sarebbe inciampato, peggiorando solamente le cose. Ma non ci pensava nemmeno.
La mano libera sul limite degli stretti fianchi premette, facendogli chiudere gli occhi che aveva tenuti aperti fino ad allora, ed in cui Sasuke s’era sentito affogare. Il bacio era dolce, ma gelido. Gli provocava brividi profondissimi che squarciavano la schiena, facevano aprire ancora di più le labbra arrossate, e diventare più profondo il contatto. Sapeva di pomodoro, il suo Bon, anche se non ne aveva voluti mangiare.
Ne avrebbe riso, se soltanto non fosse stato impegnato nell’affondare il più possibile nell’altra bocca, avvicinarsi e catturarne ancora ed ancora.
Ed improvvisamente tutto il calore dell’universo lo avvolse. Sasuke vide le sue guance graffiate arrossire, lui che amava quella usanza delle giovani dame inglesi di chiudere gli occhi durante un bacio, pudicamente. I lineamenti dolci, le labbra delicate, il rossore del viso.
Non riusciva a distogliere lo sguardo da lui. La danza delle loro lingue affamate li aveva distratti dal battere insistente delle campane del Big Ben.
È così che si chiamava! Esclamò Naruto dentro di sé, mentre il bastone dietro i fianchi gl’impediva di cadere all’indietro.
Il cappuccio che gli nascondeva il capo ricadde all’indietro, la torre dall’immenso orologio gli apparve, sdegnata di esser stata dimenticata.
Quelle sue labbra, incomplete, bruciarono e risero, ma non tentò di rialzarsi.
- Perché ridi? -
–Non lo so… - Il suo corpo, la sua mente, non rispondevano più. - …forse perché lei se n’è reso conto, ora -
- Reso conto di cosa? -
- Del fatto che io ci sono, ci sono sempre stato… - respirò, come dovesse essere l’ultima volta - …e che da me può sempre potuto tornare -
Sul volto di Sasuke il sorriso s’estinse, come il suo solito sprezzante monosillabo veniva esalato.–Non ti montare la testa, Baka… - esclamò.
- Sono ancora in tempo per cercare la tomba di quel bastardo d’Itachi, e sputarci sopra come merita***** -
- Oh, certo - il sibilo sarcastico fu interrotto dall’improvvisa caduta. Sasuke faceva roteare il bastone nella mano destra, ghignando.
- Se torniamo in Giappone non è perché sei stato tu a chiedermelo…ricordatelo -
- Tks, non avevo dubbi al riguardo -
La folla intorno a loro, la neve, lo sguardo dell’orologio senza giudizio e senza tribunale. Non avevano senso.
Le campane del Big Ben suonavano. Incredibile come un luogo in cui si capita per caso possa diventare un cornice tanto perfetta per una dichiarazione d’amore fatta a metà, per quel suo orgoglio di vendicatore che si piegava ad un servo. E che lo faceva con una tale gioia da travolgerlo.
Poteva tornare a quella sua casa, distrutta dalla guerra, che non aveva più nulla per lui oltre una tomba senza nome e senza onore.
Ma andava bene così, quello che gli serviva l’aveva con sé.
Ciò che lo riscaldava nel gelo.
Il suo Natale.
- Buon Natale, Teme -
- Buon Natale, Baka -
*Teme= bastardo
**Bon= padroncino. L’ho sentito in Kizuna, in riferimento al figlio di un capo Yakuza, quindi effettivamente non so se va bene, ma passatemela XD
***La guerra Boshin (戊辰戦争 Boshin Sensō, letteralmente "guerra dell'anno del drago") fu una guerra civile giapponese, combattuta nel 1868–1869 tra i sostenitori dello shogunato Tokugawa e i fautori della reinstaurazione dell'imperatore Meiji, vinta da quest’ultimi.
**** Da Nami= onde, kaze= vento, Minato= porto o attracco.
*****Baka= idiota, stupido, sciocco
******PERDONATEMI FAN D’ITACHI!
<b>NOTE DELL’AUTRICE</b>
Bo, come al solito non ho molto da dire! Sono arrivata seconda, ancora, ma sono abbastanza soddisfatta! XD
Sono decisa ad arrivare prima, prima o poi! U - U comunque questa fic avrebbe potuto essere una long, dato i diversi punti oscuri lasciati.
Tipo: perché il padre di Naruto ha abbandonato l’amante così all’improvviso? E perché non si trova più in Inghilterra? Perché Itachi ha deciso improvvisamente d’andare in Inghilterra dopo aver sterminato tutta la sua famiglia? E perché ha deciso di tornare in Giappone per combattere nella guerra in cui poi sarebbe morto? Il problema è che non lo so nemmeno io! xD ma se siete interessati potrei anche farci un pensierino…
È anche la mia prima AU. Sono poco propensa a scriverne, perché penso che sia inutile tirar fuori i personaggi dal loro contesto, ma per la Londra Vittoriana ho fatto un eccezione! *O* ho cercato di renderla il più verosimile possibile, e spero d’essere riuscita nel mio intento.
Comunque grazie d’aver letto, e spero che vogliate farmi sapere il vostro parere.
Owari!
RETTIFICA!
C'è stato un cambio di giudice e sono arrivata prima a parimerito xD ecco i giudizi: http: //freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=8090670&p=12
kami che meraviglia!! l ambientazione stupenda... i buchi neri che dicevi dopo aver letto il finale non mi interessano piu!!!! che scenette mozzafiato!!! l ambientazione poi è stupenda!! divina Ko' .. continui cosi!!!