Persone famose e TV
creata dalla serie JONAS BROTHERS:
"UN ALTRO GIORNO ANCORA"
una fanfiction di:

Generi:
Sentimentale - Romantico - Drammatico
Avviso:
One Shot
Rating:
Per Tutte le età

Anteprima:
E voi, cosa fareste sapendo che sono le ultime 24h della vostra vita?

Conclusa: Sì

Fanfiction pubblicata il 01/06/2009 21:08:23
 
ABC ABC ABC ABC




<i>Per prima cosa, qualche premessa.
1 - quesra FF è già stata postata su un altro sito dedicato ai JB ma ho voluto lo stesso postarla qui per sapere le vostre opinioni
2 - è la prima volta che mi cimento in una cosa simile, cioè, non ho mai provato a scrivere niente sui temi che tratto in questa One Shot, quindi <u>vi prego di farmi sapere il vostro parere</u> perché per me è veramente importante.
3 - anche se la serie è messa come JONAS BROTHERS in questa One Shot dei JB ci sono solo i nomi, tutto il resto è frutto della mia fantasia
4 - di dovere va un ringraziamento alla Dalla (la mia prof. di tedesco) che ci ha fatto vedere quel cortometraggio che mi ha ispirato questa storia.

Dovrei aver premesso tutto quello che dovevo premettere…
Quindi non posso fare altro che lasciarvi alla lettura e sperare che vi piaccia…
<u>Spero che commenterete…</u>
<b>kiz kiki
Enjoy!</b></i>





<b>One Shot – Prologo</b>



<i>“Sono in ritardo!”.</i>


Veloce.

Una macchina sportiva nera sfrecciava sulla strada ad alta velocità.
Il conducente imprecò conto il tempo mentre osservava la piccola scatola di velluto rosso poggiata sul cruscotto. La afferrò e se la mise in tasca.


Più veloce.

Il piede fece abbassare ancora di più il pedale dell’acceleratore e la macchina nera prese ancora più velocità su quella strada che costeggiava il mare, sulla scogliera.


Molto veloce.

C’era una curva di li a pochi metri, una curava di quelle strette e pericolose.
Il cellulare del ragazzo che stava guidando prese a squillare e lui non ridusse la velocità dell’auto.


Troppo veloce.

Stava piovendo. La tipica pioggia afosa di metà agosto.
La Porsche nera sfrecciò a 189 km/h sulla strada bagnata e l’auto non sterzò al momento opportuno.
Si udì solo l’assordante rumore del guardrail sfondato e poi più nulla.
Quella folle corsa conto il tempo terminò nell’oceano al di sotto della scogliera.


“No, non posso andarmene ora! Prima devo vederla, devo parlarle. È chiedere troppo volerle dire che la amo? Un altro giorno ancora, ho bisogno solo di quello”.




<b> - Un Altro Giorno Ancora - </b>


Il campanello suonò e Ashlin corse ad aprire.
«Joe!», esclamò impaziente. «Si può sapere che fine avevi fatto?», chiese osservando il ragazzo inzuppato di pioggia che sgocciolava nell’ingresso di casa sua.
Poi il suo sguardo si addolcii: «Mi stavo preoccupando: non rispondevi neppure al cellulare…».
Joe guardò il viso d’angelo della ragazza che gli stava di fronte e la abbraccio di slancio.
«Ash! Quanto sono contento che sei qui, tra le mie braccia», disse stringendola.
Lei ricambiò l’abbraccio dandogli un bacio sui capelli: «Amore, anche io sono felice», rispose lei. «Ma va tutto bene?», chiese poi guardandolo negli occhi ma senza lasciare la presa che aveva sui suoi fianchi.
«Oh, si, Ash», le rispose Joe sorridendo. «È tutto ok ora che sono qui con te».
A quel punto la ragazza sorrise, sollevata: «Ok, però è il caso che ti vada a prendere un asciugamano», disse guardando la piccola pozza d’acqua che si era formata ai piedi del ragazzo. «Sei completamente inzuppato di pioggia!».
E così dicendo Ashlin sparì su per le scale e ricomparve poco dopo con un asciugamano candido tra la mani. Lo poggiò in testa a Joe e iniziò a strofinare per asciugare i capelli fradici del ragazzo.
Dopo un attimo la ragazza riprese l’asciugamano tra le mani e scoppiò a ridere: «Ahahah!! No, amore, ti devi vedere: sembra che hai un porcospino in testa!».
Il ragazzo si guardò nello specchio dell’ingresso e scoppio a ridere anche lui, anche se in quella risata mancava tutta la sua solita gioia: era una risata triste.
«Oddio, sembra che i miei capelli abbiano fatto un giro in una centrifuga!», ridacchiò iniziando a lisciarsi i capelli ancora umidi tirando ciocca per ciocca con te dita.
«Ti vado a prendere anche una maglietta asciutta, prima che ti vanga una polmonite», aggiunse Ashlin dirigendosi di nuovo verso il piano superiore. «Ti va bene quella bianca con lo scollo a V che mi piace tanto?», chiese già con il piede sul primo gradino della scala.
In quel momento si senti afferrare da dietro e le mani calde di Joe si strinsero sul suo ventre.
Lei si girò e, sorridendo, prese il viso di lui tra le mani avvicinando le sue labbra a quelle del ragazzo.
Lui la baciò, con passione, come sempre.
Ma quel bacio era totalmente diverso da tutti quelli che l’avevano preceduto: meglio di tutti gli altri sembrava esprimere tutto l’amore che Joe provava per Ashlin, quasi con disperazione.
Quando le loro labbra si separarono, dopo troppo poco tempo, lei sorrise e, intrecciando le dita con quelle di lui, si lasciò seguire su per le scale.
Arrivarono in camera di Ashlin tra un bacio e l’altro.
Varcarono la porta e fecero qualche passo nella stanza continuando a baciarsi prima d’inciampare in uno dei tanti oggetti dispersi e disordinati sul pavimento della camera della ragazza.
Tutti e due caddero a terra scoppiando a ridere.
«Ok, dai, adesso vado a prenderti la maglietta asciutta», disse lei alzandosi per prima.
Porse una mano verso Joe facendogli segno di darle la maglia bagnata.
Lui si alzò a sua volta e si levò la maglia celeste che indossava, rimanendo a torso nudo.
Ashlin arrossì leggermente.
Joe sorrise: «Non smettere mai di arrossire così: è una delle cose che più adoro di te».
Lei sorrise di rimando e si allungò sulla punta dei piedi dandogli un leggero bacio nell’incavo del collo prima di uscire dalla stanza.
Rimasto solo, Joe iniziò a guardarsi intorno: conosceva tutto di quella stanza ma non si stancava mai di osservare le foto appese alle pareti, le foto di loro due, insieme.
Si diresse verso il soppalco rialzato dove era poggiato il materasso dove dormiva Ashlin e inciampò nell’ennesimo oggetto sparso in giro: la sciarpa di Ash.
Si chinò a raccoglierla e ne annusò il profumo.
Era lo stesso odore del suo bagnoschiuma, solo più dolce: l’inconfondibile profumo d’estate di Ashlin, della sua Ash.
Sorrise stringendo la sciarpa ancora una volta prima di appoggiarla dolcemente su una sedia.
Poi, sfilandosi le scarpe salì i gradini e si sdraiò sul grande materasso e, pervaso dal profumo di Ashlin sprigionato dalle lenzuola, iniziò ad osservare il soffitto.
Esattamene sopra al letto era attaccata una foto formato gigante di loro due insieme.
Sorridenti, abbracciati, innamorati.
Si mise una mano nella tasca dei pantaloni e sentì che la scatolina di velluto era lì, al sicuro.
In quell’esatto istante una maglietta bianca atterrò sul suo volto e Joe sentì Ashlin ridacchiare.
Lui si sollevò e le sorrise, afferrando la maglietta e mostrandola ad Ashlin.
«La metto?», chiese con un sorriseto malizioso osservando al ragazza poggiata allo stipite della porta. Non aveva ancora notato che indossava quel fantastico vestito scarlatto che lui adorava, quello corto, che si fermava quasi una spanna prima del ginocchio e che era legato dietro la nuca, lasciando le spalle e parte della schiena nuda e con un profondo scollo a V. Si, lui adorava quel vestito.
Lei gli lanciò un’occhiata che non era da meno del suo sorriso.
«Io avevo in programma una passeggiata al parco ma, visto il tempo…», disse osservando le gocce di pioggia scivolare sui vetri delle finestre. «Visto il tempo potremmo anche restare qui», concluse raggiungendo il materasso.
«È un no?», chiese lui.
Lei afferrò la maglietta: «È un no», confermò lasciandola cadere a terra.
Joe le accarezzò una guancia e la baciò.
In un attimo si trovarono entrambi sdraiati.
Ashlin faceva scorrere le dita tra i capelli di Joe mentre lui teneva una mano poggiata sulla guancia di lei e con l’altra percorreva il profilo delle sue gambe snelle.
Le dita del ragazzo si fermarono solo quando la sua mano oltrepasso l’orlo della gonna del vestito scarlatto di Ashlin.
Oltrepassato quell’orlo la sua mano si bloccò improvvisante timida e insicura.
Joe punto i suoi occhi nocciola in quelli di Ashlin: «Ti amo», le sussurrò.
Non gliel’aveva mai detto prima ma l’aveva sempre saputo. «Ti amo, da sempre, e lo sai», ripeté.
Lei sorrise arrossendo di nuovo. Le sue guance presero quell’adorabile color rossino che Joe adorava.
«Mi amerai ancora, domani mattina?», chiese timida.
«Per tutto il resto della mia vita e poi ancora, per sempre», rispose lui.
«Ti amo», disse allora lei, gli occhi lucidi in quelli di Joe. «Dalla prima volta che mi hai guardata negli occhi, lo sai».
Joe la baciò di nuovo per poi tornare a specchiarsi nei suoi occhi.
«Sposami», disse tutto d’un fiato tuffandosi negli occhi di lei con coraggio.
«Cosa?», esclamò Ashlin, sorpresa.
«Ti ho appena chiesto di sposarmi», ripeté Joe. «Ashlin Charlotte Smith, vuoi sposarmi?», chiese estraendo dalla tasca la piccola scatola di velluto rosso.
La aprì: sul piccolo cuscinetto bianco era adagiato uno splendido anello in platino e oro bianco con incastonato al centro uno scintillante diamante.
«Oddio, Joe!», esclamò Ashlin portandosi le mani alla bocca, le lacrime agli occhi. «Sei serio?».
Non poteva credere che tutto ciò stesse accadendo davvero.
«Non sono mai stato più serio in vita mia», disse Joe. «Sei la mia ragione di vita, l’unica certezza assoluta che abbia mai avuto, amore mio».
Ashlin non sapeva che dire. Era commossa, agitata, sorpresa, innamorata.
«Si, Joseph Adam Jonas, voglio sposarti», disse iniziando a piangere di gioia.
Joe la baciò e le infilò l’anello al dito, li dove sarebbe rimasto per sempre, e mentre le sue dita si intrecciavano a quelle di Ashlin, neanche i suoi occhi furono più in grado di trattenere quelle lacrime felici che volevano scorrere sul suo viso.
Entrambi ridevano, piangevano e sorridevano osservando il piccolo solitario scintillare sulla mano di Ashlin.
Si baciarono ancora e dopo un attimo Joe ricominciò a guardare Ashlin negli occhi.
«Ashlin, voglio amarti», sussurrò. «Voglio amarti completamente. Non solo con tutto il mio cuore, con tutta la mia anima. Voglio amarti con tutto me stesso, come non ho mai fatto con nessun altra prima di te: voglio amarti con il mio corpo ed essere tuo, solo tuo, per sempre», disse con gli occhi lucidi.
Ashlin sorrise e lo baciò.
«E io sono totalmente tua, solo tua, da sempre», gli rispose.
«Voglio… voglio fare l’amore con te», balbetto timidamente Joe.
«Fammi sentire amata», fu tutto quello che disse lei prima di baciarlo.

Avevano fatto l’amore per la prima volta e poi si erano addormentati l’uno di fianco all’altra, abbracciati.
Quando Ashlin si era svegliata Joe era al suo fianco appoggiato a un gomito che la guardava sorridendo.
«Ciao», lo salutò lei strizzando gli occhi e incurvando le labbra in un grande sorriso.
Lui le rispose con un bacio. Poi guardò l’ora: gli restavano poco più di due ore .
«Mi sa che ora devo andare», disse, la tristezza nella voce.
Ashlin lo prese per i fianchi: «No, dai», sbuffò facendo quella sua faccetta triste così buffa. «Resta qui ancora un po’».
«Ok».
Joe la abbracciò ancora una volta prima di alzarsi e iniziare a cercare i suoi vestiti per la stanza.
Una paio di boxer lo colpirono da dietro. Lui si girò per afferrarli e vide Ashlin che, appoggiata alla parete con la schiena e avvolta nel candido lenzuolo che poco prima copriva il materasso, rideva di gusto.
Anche lui ridacchiò, infilandosi i boxer neri. Poi si alzò e scese dal soppalco iniziando a perlustrare il pavimento con lo sguardo in cerca dei suoi jeans.
Intanto anche Ashlin stava cercando tra le lenzuola la sua biancheria.
Joe sentiva il fruscio degli slip che percorrevano le gambe di lei .
Adocchiati i pantaloni il ragazzo li infilò e in quel momento Ashlin scese anche lei dal letto.
La ragazza afferrò la maglia bianca e la porse a Joe che, al posto di indossarla, la infilò sulle braccia di Ashlin.
Lei sorrise e, mentre lui si infilava le scarpe, andò a recuperare un’altra maglietta asciutta per Joe.
Riapparve poco dopo con un’altra maglia bianca con uno smile che faceva la linguaccia disegnato sul petto.
Quando Joe si fu rivestito, i due ragazzi scesero in salotto, tra un bacio e l’altro.
«Vuoi mangiare qualcosa?», chiese Ashlin, già in cucina. «Sai, avrei un po’ fame, io».
Lui la abbracciò da dietro dandole un bacio sul collo.
«Uno dei tuoi pancake lo mangerei volentieri», le rispose.
E così Ashlin iniziò a destreggiarsi tra i fornelli con ancora indosso quella maglietta bianca decisamente troppo grande per la sua taglia.
Dopo una mancata di minuti i due ragazzi stavano mangiando i pancake ancora caldi rubandosi i bocconi dai piatti a vicenda.
Joe non poteva far altro che osservare Ashlin ridere felice.
Si, quello gli sarebbe di certo mancato.
La aiutò a sparecchiare e poi la condusse in salotto, al grande piano a corda bianco che troneggiava al centro della stanza.
Lei lo guardò sorpresa.
«Hai voglia di suonarmi la nostra canzone, amore?», gli chiese.
Ashlin sorrise e i due si sedettero uno di fianco all’altra al piano e lei iniziò a suonare quella melodia che entrambi conoscevano a memoria e che avevano ascoltavo un’infinità di volte.
Ashlin l’aveva scritta poco prima che si mettessero insieme, quasi due anni prima, ma ne lei ne Joe si erano mai stufati di ascoltarla.
Quando le dita della ragazza si fermarono sui tasti bianchi e neri del piano lui sapeva che doveva proprio andare: il suo tempo stava per scadere.
Si alzò e Ashlin lo accompagno alla porta.
«Se vuoi restare…», disse lei sorridendo.
Joe sorrise: «Lo sai anche tu che vorrei restare qui con te per sempre», disse.
Poi le prese la mano e le mostro l’anello che scintillava sul suo dito: «Ma qualcuno dovrà pur dare la notizia a Nick e Kevin, no?», aggiunse.
Lei arrossì: «Non mi sembra ancora vero», sussurrò.
«Credici, amore mio», le disse lui all’orecchio. «Ormai sei mia e mia soltanto», concluse baciandola.
«E tu lo sai vero che ora non ti libererai più di me?», ridacchiò lei.
«Lo so», rispose lui.
Poi mise una mano sulla maniglia.
«Ti amo, Ashlin», sussurrò.
«Anche io, Joe», gli rispose lei dolcemente.
Joe fece per uscire dalla porta ma lei lo afferrò per un braccio e lo tirò di nuovo a se.
«Un altro bacio ancora», disse avvicinandosi alle labbra di Joe.
E in quel baciò di fu tutto l’amore, tutta la passione e tutta la disperazione del ragazzo.
Ashlin lo guardò allontanarsi per il vicolo e chiuse la posta solo quando lui, prima di girare l’angolo, la salutò con una mano. Sulle sue labbra la ragazza lesse quel <ti amo> che Joe stava sussurrando.
Quando la porta si chiuse, Ashlin tornò al piano e sfiorò i tasti sorridendo e stringendosi nella maglietta di Joe che aveva indosso.
Ma c’era qualcosa che guastava quel momento perfetto.
Ripensò a quel bacio sfiorandosi le labbra con le dita.
Era come se Joe avesse pensato che quello sarebbe stato il loro ultimo bacio.
Era come se lui credesse che non avrebbero più avuto un altro giorno ancora.

Joe camminava malinconico per le strade piovose.
Prese il cellulare dalla tasca e compose il numero che sapeva a memoria.
«Pronto, Nick», disse quando il fratello minore rispose dall’altra parte. «Metti in vivavoce».
«Ciao, Joe», esclamò Kevin.
Il ragazzo sorrise, sentendo le voci felici dei fratelli.
«Ho una notizia da darvi», iniziò. «Ho chiesto ad Ash di sposarmi e… ha accettato!», concluse.
Dall’atro capo del telefono i due fratelli esultarono.
«Ho fatto l’amore con lei», aggiunse ancora Joe.
Il piccolo attimo di silenzio dei due fratelli fu interrotto dalla voce di Kevin: «Sappiamo che la ami davvero, fratello», disse il maggiore dei tre.
«Si, la amo con tutto me stesso», rispose Joe. «Vi voglio bene, ragazzi», disse prima di riagganciare.
Ora che aveva salutato anche loro poteva andare.
S’incammino in direzione della scogliera sapendo che non gli sarebbe stato concesso un altro giorno ancora.
Ma, dopotutto, aveva già avuto più di quanto il destino gli aveva concesso.



<b>Cinque anni dopo…</b>

«Zio Nick! Zio Kevin!», urlò una bellissima bambina lasciando la mano della sua bellissima madre e iniziando a correre verso i due ragazzi, ormai uomini, che stavano in piedi poco distanti alla lapide. Aveva dei lunghi capelli castano scuro leggermente mossi che sventolavano leggerei in quell’allegro venticello di fine agosto.
La madre la lasciò correre dagli zii e, continuando a camminare nella stessa direzione nella quale correva la figlia, ricominciò a giocherellare con il solitario montato su platino e oro bianco che luccicava sul suo anulare sinistro.
La bimba raggiunse i due uomini e Kevin la sollevo in aria facendole fare un giro nel cielo prima di abbracciarla.
«Ciao, Josie», la salutò. «Come sta la mia piccoletta?».
Nick la abbraccio a sua volta: «Ciao, piccola peste», disse scompigliandole i capelli.
Lei sbuffò e iniziò a lisciarsi le ciocche con le dita.
Entrambi i ragazzi ridacchiarono osservando la bambina sistemasi i capelli, proprio come era tipico fare lui.
In quel momento anche la ragazza, ormai donna, che era arrivata con Josie raggiunse il gruppetto.
«Ciao, Ashlin», la salutarono i due uomini, abbracciandola.
Lei sorrise. Un sorriso sinceramente felice.
Ma i suoi occhi la tradivano, perennemente tristi non erano in grado di mascherare il dolore che la affliggeva e che solo il sorriso della figlia riusciva ad alleviare.
«Ciao, ragazzi», disse semplicemente per salutari.
Era inutile chiedergli come stavano: Ashlin sapeva già che i loro sorrisi nascondevano lo stesso dolore che provava lei.
Fece qualche altro passo fino a trovarsi davanti alla lapide. Fece scorrere le dita sulla foto del ragazzo sepolto li e una lacrima scese sul suo viso.
«Ciao, amore mio», sussurrò. «Sono già passati cinque anni», constato osservando le scritte sulla lapide di Joseph Adam Jonas.
La ragazza si girò e allungò una mano. La bambina l’afferrò e raggiunse la madre sorridendo.
Quel sorriso fece sorridere anche Ashlin mentre gli stessi occhi nocciola che aveva appena ammirato nella splendida foto sulla lapide risplendevano di vita sul volto della figlia.
Ashlin si abbasso per dare un bacio sui capelli alla bambina.
«Su, tesoro», disse accarezzandole i capelli. «Saluta papà».
Josie toccò con la sua piccola manina la foto di quel padre che non avrebbe mai conosciuto.
«Ciao», disse con tutto il candore e l’innocenza che solo i bambini hanno. «Come stai, papà?», chiese, sorridendo alla foto di Joe.
In quel momento iniziò a piovere.
Ashlin guardò su, verso il cielo, e sorrise. Sorrise come non faceva dall’ultima volta che lei e Joe si erano salutai.
Lei, solo lei lo sapeva.
Quella non era pioggia: erano lacrime che cadevano dal cielo.
Le lacrime di gioia di Joe.
“Hai visto, amore? Il tuo ultimo giorno sta crescendo sano e felice al mio fianco”, pensò Ashlin tra se e se mente la pioggia le cadeva dolcemente malinconica sul viso.
“Ti amo, Joe”.

<i>Su, nel cielo, per chi ci crede, vivono gli angeli.
In quel momento, mentre quella dolce pioggia bagnava le guance di una bellissima ragazza e della sua splendida figlia, un angelo con gli occhi color nocciola guardava verso di loro con le lacrime agli occhi.
«Anche io ti amo, Ashlin», sussurrò. «E amo anche te, mia piccola Josie».
Si, il suo ultimo giorno era stato il migliore della sua vita.
Ora lo sapeva, guardando sua figlia e l’unica ragazza che avesse mai davvero amato dal cielo.
La sua vita l’aveva vissuta al meglio, fino all’ultimo, e non poteva essere più fiero di ogni sua singola azione.
E ora no, non gli importava di non aver più a disposizione un altro giorno ancora.</i>




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FINE
 
 
 
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