[...] Vorrei che questa notte durasse il tempo di una vita [...] Dm/Hg
Conclusa: Sì
Fanfiction pubblicata il 19/09/2009 16:53:03
ABCABCABCABC
<center><b>Sole dormiente.</b></center>
Dormiva, il respiro pesante e lento, l’espressione serena e quieta come non avrebbe mai giurato di vederla possibile sulla sua pelle d’alabastro. Lei se ne stava premuta sul suo petto scolpito e glabro che si abbassava e si alzava ipnotico, ma non abbastanza da lasciarla addormentare.
Lei preferiva contemplare quella creatura divina che anche nell’abbandono del sonno stringeva con prepotenza la sua vita. La coperta calda di pile li avvolgeva, proteggendo la loro pelle riscaldata dalla passione dal freddo invernale, dallo spiffero sottile che nemmeno lo scoppiettante fuoco sapeva distruggere.
Era la prima volta che lo vedeva così tranquillo e calmo, innocuo, tanto che chiunque avrebbe potuto fargli del male in quell’istante. Se avesse raccontato quell’immagine così delicata che le si presentava nessuno le avrebbe creduto, lo avrebbero preso per uno scherzo un po’ strano.
Tanto nessuno lo aveva visto come lo aveva visto lei. Nessuno lo conosceva in quell’intimità stretta come lo conosceva lei.
Lei sola aveva gustato quel lato nascosto, visibile solo dopo un’intera giornata.
Aveva potuto anche quella sera guardare i suoi malinconici occhi grigi e freddi, spesso agitati dalle onde dell’odio e della rabbia, che insieme a lei si placavano per accendersi di amore; aveva avuto l’esclusiva del riflesso infuocato delle fiamme su quegli oceani di ghiaccio e la possibilità di perdersi tra le onde, fino a desiderare di non volerne più uscire, intrappolata nella morsa di quel gelo bollente.
Un sospiro mosse il torace del giovane, ma il sonno non fu disturbato, e lei dopo un attimo di immobilità totale tornò ad osservarlo avidamente, mentre con dita leggere si mise a sfiorare la linea degli addominali per quel breve tratto prima di scomparire nel bordo della coperta che voluttuosa lo copriva.
Nella camera di lui, dove si erano incontrati di nascosto e dove soprattutto lei era entrata senza alcun diritto, regnava il silenzio disturbato solo dai loro respiri e dai battiti dei loro cuori vicini.
<i><font size=2>The sun is sleeping quietly
Once upon a century
Wistful oceans calm and red
Ardent caresses laid to rest
Il sole dorme quietamente
Una volta ogni secolo
Malinconici oceani calmi e rossi
Ardenti carezze distese a riposo</font></i>
Si strinse contro di lui e quasi lo avesse chiesto ad alta voce, sempre immerso in un sonno splendido, lui si voltò verso di lei stringendola contro di sé, grugnendo nel sonno. Soffocò un sorriso a quel verso, mentre gli si accoccolava sul petto stendendovi una mano. La sua pelle era rosea come “i fiori di pesco”, le diceva sempre in quelle notti di peccato, e a contrasto con quel marmo sembrava addirittura più scura.
Le era parso un sogno la prima volta che lui si era avvicinato e aveva premuto le labbra pallide contro le sue; uno splendido sogno che non si era infranto come una bolla di sapone, no, ma che si ripeteva ad ogni calar del sole dietro l’orizzonte. Un sogno che le permetteva di sentirsi viva e sicura di sé, come non lo era di giorno. Un sogno che la spingeva ad andare avanti tutta la giornata con un sorriso sulle labbra.
Ma c’era anche il desiderio pressante e continuo di tornare da lui, il desiderio insano della notte carica di passione infernale, il desiderio di poterlo sfiorare quando le passava vicino, il desiderio di potergli sussurrare di amarlo. E anche con quelli che le dannavano la mente, che rischiavano di distrarla durante le lezioni e farle mancare qualche risposta, arrivava ad amare la notte stessa quando finalmente giungeva. Si ritrovava a dire grazie al sole per esser calato ed avergli donato l’arrivo di quelle ore che tanto aspettava, quel buio nel quale la sua anima si consumava insieme a quella di lui, e diventavano un solo essere per poi scindersi all’alba.
Ma la frase che in cuor suo forse voleva udire, e temeva insieme, uscir da quelle labbra chiare e dure ancora le sue orecchie non avevano potuto contemplarla. Bugia o verità? I sogni spesso ingannano, eppure lei era sicura che quel bisogno che sentiva quando la prendeva tra le braccia, quando la baciava disperato non erano bugie. Lui la voleva e aveva paura di dire quella frase.
Come lei.
Tuttavia la speranza di poterla ascoltare dalle proprie labbra e da quelle di lui permaneva, in fondo alla sua anima la fiducia per lui si era radicata con radici tanto profonde che nulla avrebbe potuto fargliela perdere perché farlo sarebbe stato come una condanna, un delitto punibile con la peggiore delle torture.
Non lo avrebbe mai abbandonato e lui non lo avrebbe fatto con lei.
<font size=2><i>For my dreams I hold my life
For wishes I behold my nights
The truth at the end of time
Losing faith makes a crime
Grazie ai miei sogni tengo in mano la mia vita
Grazie ai desideri scorgo la mia notte
La verità alla fine del tempo
Perdere la fiducia è un delitto</i></font>
Inspirò l’odore di quella pelle ardente: muschio bianco, un profumo pulito e ordinario ma molto da principe. Perché lui <i>era</i> un Principe.
Non l’avrebbe mai ammesso in sua presenza o in presenza di altri, ma per lei lo era sicuramente; il suo principe non azzurro come quello di <i>Cenerentola</i> ma bianco e magari anche con qualcosa di nero. Con un mezzo sorriso pensò che se glielo avesse detto lui le avrebbe chiesto che cosa fosse <i>Cenerentola</i>, per poi sfoderare quel suo irresistibile ghigno da presa in giro.
Come ogni notte, si ritrovò a desiderare che l’alba non arrivasse mai con le sue luci, con i suoi cinguettii e con il freddo che doveva sopportare dopo aver scoperto il bollente calore della loro unione. Desiderava che quelle poche ore buie non finissero, poi avrebbe desiderato che le ore di luce terminassero in fretta e di nuovo da capo. Era un ciclo senza fine dentro il quale entrambi erano caduti, una spirale infinita.
E lei sperava che quella notte continuasse, continuasse e continuasse per l’eternità, per tutta la durata della breve vita umana, che non avesse mai termine per poter rimanere abbracciata a lui per sempre. Il tempo fermo in quel modo, tutti persi nei loro sogni e solo loro svegli a riscaldarsi le membra fredde per la solitudine.
La notte si stava invecchiando e non moltissimo mancava al momento in cui l’oscurità avrebbe tolto le tende, il buio che era testimone dei loro incontri e che li avvolgeva più efficacemente di una coperta li avrebbe lasciati a fronteggiare il quotidiano distacco illuminato dal sole loro nemico.
Alzò le iridi di miele e le posò sulle palpebre chiuse sull’oceano freddo del suo sguardo, le ciglia chiare che si intrecciavano l’une con le altre, strette almeno quanto lo erano loro due, guardiane dei porti dei suoi occhi.
Sospirò. Era stanca ma non osava lasciarsi cadere nel sonno, alla quale lui si era abbandonato, per non perdersi anche un solo istante di lui, prezioso come non mai.
Si ritrovava ogni volta a perdersi nel particolare disegno dei suoi muscoli o sulla linea dura e affilata della sua mascella o magari nella tinta delicata delle sue labbra, perdendo poi tutto il sonno che recuperava in qualche ora della pausa dei compiti dopo i pasti addormentandosi su qualche libro.
Sperava con tutto il cuore che lui non l’avesse mai vista.
Avrebbe desiderato crollare nei sogni insieme a lui, dormire con lui ma non ci riusciva e sentiva che gli occhi le facevano male fino a lacrimare. Però non dormiva, perché lo doveva contemplare.
<font size=2><i>I wish for this night - time
to last for a lifetime
The darkness around me
Shores of a solar sea
Oh how I wish to go down with the sun
Sleeping
Weeping
With you
Vorrei che questa notte
durasse il tempo di una vita
L’oscurità attorno a me
Coste del mare solare
O come vorrei immergermi con il sole
Dormire
Piangere
Con te</i></font>
Era bello, bello in una maniera indicibile, bello di una bellezza struggente che offuscava chiunque gli camminasse di fianco. Per esempio, quel Zabini era tutto sommato un bel ragazzo, la pelle color cioccolato, alto, attraente; tuttavia, quando camminava assieme a <i>lui</i>, sfioriva e diventata come una piccola, insignificante margheritina vicino ad una splendida rosa bianca nel pieno della sua bellezza.
Era un paragone impossibile.
E lei era la prima a testimoniarlo.
Gli poggiò il capo sul torace e lui non fece una piega, continuando a riposare beato e soddisfatto. Come stava bene, avvolta in quel calore profumato tutto per lei, solo per lei; non voleva pensare che tra non molto si sarebbero dovuti separare, costruire come ogni mattina la solita barriera di freddo sigillata con un unico bacio. Faceva male pensarlo, una fitta proprio al centro del petto, un po’ spostata a sinistra, proprio lì. Un dolore sordo, <i>umano</i> si sarebbe detto ma ormai si era trasformato in un dolore insano, che veniva in fretta sostituito dal morboso bisogno di un suo contatto.
Ma lui come faceva ogni giorno a rimanere con la sua maschera impassibile? Chissà se nei momenti di solitudine la lasciava cadere per mostrare anche lui lo stesso desiderio che le attanagliava la viscere?
Tutta colpa di lui che aveva cominciato tutto. Il suo dio.
Perché era quello in cui si era trasformato, per lei. Una divinità superiore, dai capelli tinti del fulgore delle stelle, le iridi agitate come lo onde dell’oceano, la pelle adornata della freddezza cristallina del ghiaccio e un sorriso, quello vero, capace di sciogliere chiunque e qualunque cosa.
Quel dolore era provenuto direttamente da lui.
E lei, al suo fianco, si sentiva persa, senza una direzione verso il quale dirigere la sua mente che andava alla deriva. Già quando lo vedeva avvicinare poteva sentire i propri pensieri scivolare lontani, come piccole barche che dolcemente scivolavano sull’acqua, navigando e navigando senza alcuna meta; disperse, minuscoli punti in sull’immensità di un oblio così piacevole nel quale tutto si annullava e vi era solo lui.
E ancora, mentre stava tra le sue braccia, non trovava la strada per la sua lucidità, per tornare se stessa e mai l’avrebbe trovata. Solo col sorgere del maledetto sole.
<font size=2><i>Sorrow has a human heart
From my god it will depart
I'd sail before a thousand moons
Never finding where to go
Il dolore ha un cuore umano
Dal mio dio partirà
Navigherei per migliaia di lune
Senza trovare la mia strada</i></font>
Dalle sei di mattina alle nove di sera, dodici ore di maledetta luce più tre di buio lontano da lui per mantenere intatto quel loro segreto; in tutto quindici ore di puro delirio e tormento celato sotto sorrisi stanchi, occhiaie coperte da strati di creme e un luccichio strano nelle iridi d’oro che non sapevano vedere nulla con attenzione che non fossero i capelli biondi quasi bianchi o la pelle eburnea del suo dio.
Ogni secondo passato a contatto con il suo corpo caldo e liscio tra le ombre della notte malediceva quelle quindici ore che sarebbero dovute arrivare, le malediceva perché glielo avrebbero portato via come il sole che strappava via le tenebre con i suoi artigli di fuoco.
E strappava anche la sua carne, ferendo il suo cuore, che si rimarginava col comparire della prima stella nel sipario corvino del cielo, una luce che era la sua speranza e il suo amore ad alimentarla ai suoi occhi.
E con quell’ancora luminosa arrivava lui, col suo ghigno e con le sue carezze, con la sua pelle che adornata dalle ombre e dai bagliori rossi del camino si trasformava in un opera mozzafiato; una figura che solo in quei momenti scuri e così intimi avrebbe saputo portare un semplice poeta all’apoteosi dell’ispirazione, trasportandolo in un vortice di parole, aggettivi, similitudini divine sin a farlo ritrovare senza più nulla da dire, con la piuma in mano e il foglio ricco di scritte ma la mente completamente vuota.
Il nulla.
<font size=2><i>Two hundred twenty - two days of light
Will be desired by a night
A moment for the poet's play
Until there's nothing left to say
Duecentoventidue giorni di luce
Saranno desiderati da una notte
Un momento dell’opera del poeta
Finché non ci sarà più niente da dire</i></font>
Si accorse che i pensieri stavano tornando, il freddo del distacco che cominciava a tendere le dita sottili verso di loro, si sentì tornare lucida, troppo lucida. Il cuore cominciò a battere più in fretta, la paura dell’ennesima giornata da passare senza di lui, <i>lontana</i> da lui e senza sapere come colmare quel vuoto nel petto che si apriva non appena si staccava dal suo angelo paradisiaco.
Alzò gli occhi verso la finestra, un leggero chiarore stava comparendo all’orizzonte e già percepiva i muscoli potenti attorno a lei irrigidirsi come per annunciarle l’ora, il risveglio che li avrebbe dovuto compiere assieme a lui.
Si premette sul suo petto, cercando di assaporare sino all’ultimo tutto il calore, cercando di trattenere nelle narici tutto il profumo di muschio bianco, ancora un attimo prima di lasciarsi per altre interminabili quindici ore di agonia completa e totale.
Lo vide, lo vide aprire gli occhi di oceano ghiacciato, lo vide indugiare sul suo volto e poi sulla finestra, con un’espressione di profondo rammarico e mestizia. Avvicinò le labbra alle sue, ma lei voltò la testa, come ogni volta perché quel bacio avrebbe suggellato l’ultimo secondo dell’infinita notte peccaminosa e l’avrebbe costretta a prendere di nuovo le distanze.
Ridendo, una risata gutturale, pura melodia celestiale, le prese il volto tra le mani guardandola intensamente nelle iridi mentre lei si sentiva sciogliere sotto l’ultimo bollore del metallo dei suoi occhi e poi schiuse a lui le sue labbra.
L’ultimo contatto prima che la luce li avrebbe investiti con il suo maledetto calore. Un calore per lei finto, inesistente.
L’ultimo assaggio di lui prima del tormento.
Così, con un bacio e una lacrima che le scese dalle palpebre chiuse, venne sigillato il loro segreto.
<font size=2><i>I wish for this night - time
to last for a lifetime
The darkness around me
Shores of a solar sea
Oh how I wish to go down with the sun
Sleeping
Weeping
With you
Vorrei che questa notte
durasse il tempo di una vita
L’oscurità attorno a me
Coste del mare solare
O come vorrei immergermi con il sole
Dormire
Piangere
Con te</i></font>
<hr>
Tutti i personaggi, i luoghi e gli oggetti sono della mente di J.K.Rowling, tranne qualcuno di mia invenzione.
Ta daaaan! Ecco un’altra One - shot, che in realtà è una Song - fic. E’ la prima volta che ne scrivo una, spero sia di vostro gradimento.
E spero anche di aver reso un po’ l’allusione di Draco al sole, che come questo cala una volta ogni secolo Draco si mostra per quello che è una volta ogni giorno ^__’ Forse come sole sarebbe stata più adatta Herm, ma per il motivo appena descritto ci vedevo meglio il nostro Serpentino.
Beh, scusate per gli errori se ve ne sono.
Grazie molte a chi è arrivato qui <inchino>
Mei - chin.
Prrrrmau ^o^ Grazie, grazie per tutti i complimenti!! Eh lo so, avrei dovuto pubblicarla come nuova, lo so, lo so :P Dai, quando sarà finita in fondo in fondo la pubblicherò di nuovo!
Dato che non mi fa votare, ti dico che il mio voto sarebbe stato... ... sarebbe stato... ... fammi pensare... ... CINQUE STELLINE!!!!... Ciao!! Pierrechocola94
Perchè hai riscritto la fanfic? Potevi farne una nuova!!! Comunque bellissima *___*!! Mi ha anche colpito molto il titolo... ...SOLE DORMIENTE... Titolo stupendo per una ff stupenda! Ciao!! Pierrechocola94
Grazie, grazie per tutti i complimenti!!
Eh lo so, avrei dovuto pubblicarla come nuova, lo so, lo so :P Dai, quando sarà finita in fondo in fondo la pubblicherò di nuovo!