da una serie originale:
"AMOR SOTTILE"
una fanfiction di:

Generi:
Sentimentale - Romantico - Commedia - Drammatico
Avviso:
One Shot
Rating:
Per Tutte le età

Anteprima:
Testo spedito ad un concorso che, ahime, non andato per il meglio. Lascio a voi l'ardua sentenza di giudicare!

Conclusa: Sì

Fanfiction pubblicata il 30/04/2010 21:56:42
 
ABC ABC ABC ABC




Ed ecco la mia prima storia originale ed è anche la mia prima One Shot (e purtroppo anche l'unica finita...)! Molto tempo passai revisionando e migliorando, trascurando quindi le mie fic sul sito, ma l'impellenza impediva di fare altrimenti.
La sintesi dice tutto, ma state sicuri che vi lascierò a bocca aperta!
Ed ecco a voi... Amor Sottile!





Venni al mondo nel Caseificio, non so né che giorno fosse né che tempo facesse fuori dal fabbricato della catena di produzione dove mi affacciai per la prima volta alla breve vita che mi attendeva.
Appena tirato fuori dalla mia dolce e calda alcova materna che era lo stampo, venni buttato senza troppi riguardi nella macchina confezionatrice che mi sigillò ben bene in una bustina di plastica che mi stringeva tremendamente. Venni poi impilato assieme ad altri sette sconosciuti e tutti insieme fummo impacchettati dentro una grossolana confezione di plastica colorata.
Ciò che molti definirebbero un’infanzia difficile, non trovate? Ma vedo che vi sto confondendo.
Permettete che mi presenti, io sono una sottiletta, maschio aggiungerei, se solo ne fossi sicuro, ma questa bustina mi limita un po’ nei movimenti, e quella che vi sto per raccontare è la storia della mia vita. Non aspettatevi troppo, le possibilità di una vita avventurosa per uno come me sono limitate al modo di essere cucinato e mangiato. Piuttosto ciò che ha reso questa storia degna di essere narrata è quello che ho trovato dentro quella confezionaccia di plastica: l’amore.
Quando mi ripresi dallo shock del confezionamento lei fu la prima cosa che vidi e forse fu questo a far sbocciare l’amore. Proprio come quando un pulcino d’anatra riconosce la madre nella prima cosa che vede.
Pensai subito che la bustina di plastica le calzasse a pennello…
<Certo che si sta davvero stretti qui, eh?> - iniziò lei in tono colloquiale.
Oh, meravigliosa creatura dalla pelle ambrato chiaro! Dovevo assolutamente dire qualcosa di intelligente per impressionarla.
<Eeh…?>
Patetico, avrei voluto morire…
<E questa bustina tiene un caldo impossibile, come vorrei togliermela…>
Svenni di botto.
Fu quello l’inizio della nostra amicizia all’interno della confezione. Ogni giorno parlavamo di ciò che più ci piaceva: del Caseificio (scoprii tra l’altro che il suo stampo era stato poco distante dal mio, quando si dice il destino!) e dei nostri sogni per il futuro. Lei desiderava tantissimo essere cucinata in un ristorante extra - lusso o servita sulla mensa di un principe, io mi sarei accontentato di finire in un buon toast. Ma lei parlava di quelle cose con una passione ed un’enfasi tale, come se le avesse viste mille e mille volte, che anche io ad un certo punto mi ritrovai a sognare ricchi piatti cucinati da chef famosi e posate d’oro tenute in mano da aristocratici d’alto lignaggio.
Io e tutte le altre sottilette della confezione ascoltavamo entusiasti i suoi discorsi e molti di loro cominciarono anch’essi, come me, ad amarla. AH! Ma solo io potevo godere dei suoi abbracci! Lei era solo mia! Quel giorno realizzai quanto fossi geloso e possessivo verso di lei. Aaah, l’amore talvolta è così egoista…
Io la rassicuravo sempre dicendole che gli Dei impacchettatori che ci proteggevano dal Caseificio si sarebbero di certo prodigati affinché le loro creature avessero visto esaudirsi le loro preghiere. Lei ogni volta strillava tutta contenta e sembrava avvicinarsi di più come ad abbracciarmi.
Vivevo per quei momenti. Sentire le nostre plastiche aumentare il contatto fra di loro mi mandava in estasi, dimenticavo addirittura di quanto stessimo stretti lì dentro, pigiati l’uno contro l’altro. Eravamo solo io e lei.
Vivemmo in quel modo idilliaco ancora per qualche tempo, fino a quando la busta di plastica, la nostra casa e il nostro nido d’amore, venne brutalmente strappata sopra le nostre teste e uno di noi fu carpito da un enorme artiglio con cinque lunghe punte affusolate color rosa.
In quel mentre scorgemmo la nostra meta finale: una macchina per i toast color bianco sporco e dalla superficie ricoperta di graffi che lasciavano intravedere il metallo sottostante. Il frigo dove stavamo era piccolo e mal fornito: eravamo in una casa povera. E un bambinetto sdentato urlava con voce petulante:
<Mamma mamma, voglio un toast con la sottiletta, voglio un toast con la sottiletta!>
Quelle poche parole infransero i nostri sogni. Per molti giorni la mia bella rimase inconsolabile, vani erano i miei tentativi di risollevarle il morale e si chiudeva spesso in lunghi silenzi, povera la mia cara. Nel frattempo tutte le altre sottilette sparivano una dopo l’altra per soddisfare le voglie gastronomiche di quel piccolo mostro. L’ultimo a sparire prima che rimanessimo solo noi due fu Barney lo Storpio, così chiamato perché durante l’imballaggio si era schiacciato un angolo nella bustina. Sognava di trovare un famoso chirurgo plastico che lo avrebbe rimesso a posto prima di mangiarlo. Era un tipo veramente simpatico Barney.
L’aumento di spazio disponibile non costringeva più me e la mia bella al contatto forzato e lentamente ci allontanammo. Erano solo pochi millimetri ma vi assicuro che a me sembravano kilometri.
Non riuscivo a darmi pace. Ogni momento con lei poteva essere l’ultimo d’ora in avanti. Eravamo rimasti solo io e lei nella confezione. Cosa fare? Non le avevo mai detto nulla sui miei sentimenti per lei, non mi ero confessato. E se fosse scomparsa prima che potessi dirle tutto? Non avrei retto al dolore.
Non potendo muovermi adeguatamente non riuscivo a far altro che premere sulla plastica per cercare di starle vicino, ma lei sembrava non gradire i miei sforzi.
<Cosa vuoi tu?> – mi chiese sgarbatamente ad un certo punto.
<Io volevo…>
<Lasciami in pace! Non hai fatto altro che illudermi con tutte quelle panzane sugli Dei impacchettatori! Sei un bugiardo!>
Devo ammettere che oltre al dolore al cuore mi sentii offeso anche nel mio amor proprio.
<Io veramente…>
Ma m’ignorò completamente.
In quel momento il frigorifero si aprì e una morsa strinse la confezione: era arrivato il momento di separarci e io non mi ero confessato. Il panico mi colse. Cercai di aggrapparmi a lei con tutte le mie forze, non l’avrei lasciata andare per nessun motivo al mondo! Mi attaccai con tale accanimento che uscimmo contemporaneamente dalla confezione con le bustine appiccicate.
<Ma che fai!? Lasciami andare!> - protestò lei.
<Neanche per sogno! Prima devo dirti che…>
Fummo staccati con un gesto secco. La vidi allontanarsi da me sempre di più, dritta verso la macchina per i toast, dritta verso la voragine sdentata di quel piccolo demonio. Mentre venivo riposto nella confezione ormai troppo larga per me solo fissai l’artefice della mia rovina con tutto l’odio possibile e gli scagliai addosso tutte le maledizioni che conoscevo. Sia tu maledetto distruttore di amori, sia tu dannato brutto mostro! Spero che cagli, che ti caschino quegli occhi a palla con i quali mi fissi, che…
<Mamma… posso averlo con due sottilette il toast?>
Benedetto ragazzo!
Felice come non mai venni estratto dalla bustina a posto sopra la mia amata anch’essa nuda. Qual meravigliosa sensazione mi travolse al contatto! Qual sublime cosa era la sua superficie senza l’ingombro della bustina! Finalmente potevo toccarla! Finalmente potevo abbracciarla sul serio! Fummo premuti l’uno contro l’altro da due fette di pane e quando la sentii sotto di me la testa cominciò a girarmi e… oh, ma tu guarda…
…sono davvero un maschio.






Non scriverò dieci righe di "AHAHAH!!" mentre penso alle vostre facce dopo aver finito la lettura. Diciamo che ho riso tanto, ma tanto tanto.
Commentate gente!! Voglio la vostra opinione!




FINE
 
 
 
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