Manga e Anime
creata dalla serie SUPERCHICCHE
e crossover Tartarughe ninja:
"HEROES IN NEW YORK CITY"
una fanfiction di:

Generi:
Sentimentale - Comico - Drammatico - Azione - Avventura
Avviso:
CrossOver
Rating:
Per Tutte le età

Anteprima:
Questa è una storia inventata per una mia amica: quando tre eroine si trasferiscono a New York, è proprio qui che iniziano i guai con altri quattro er

Conclusa: Sì

Fanfiction pubblicata il 13/08/2012 19:22:00 - Ultimo inserimento 12/06/2013
 
ABC ABC ABC ABC



 QUANDO IN CITTà INIZIA LA SCUOLA…


La città più famosa al mondo, conosciuta per la moltitudine di persone, per la bellezza, per il tenore frenetico di vita: eh, sì, New York! Chiamata Grande Mela, la città ha moltissimi posti da visitare; da Manhattan a Time Square, dalla Statue of Liberty a Broadway, da Wall Street alla Fifth Avenue. Insomma, hai solo l’imbarazzo della scelta! Grattacieli che si stagliano nel cielo azzurrino della città, le automobili con il loro tran tran quotidiano, i taxi gialli che vanno e vengono dai vari aeroporti, i pullman, i turisti che non mancano mai e immensi palazzi abitati, tanti come i piani. Noi, ci concentreremo su un palazzo abbastanza alto nella 39esima strada, la più caotica e pericolosa della città, dopo Harlem, uno dei famosi quartieri della Grande Mela, ventesimo piano…
Sono appena le sette del mattino quando la sveglia rosa tondeggiante di una ragazza dai lunghi capelli biondi, tendenti all’arancio chiaro, schiude beata i suoi bellissimi occhioni rosa. Un lungo sbadiglio l’accompagna, poi salta giù dal letto, allegra.
"Oggi inizia un nuovo giorno! Non vedo l’ora di conoscere questa città…", pensa, afferrando un accappatoio rosa e delle ciabatte dello stesso colore, come il pigiama che indossa.
E' ora di una doccia, quindi si richiude in bagno e comincia ad allietare l’acqua calda sui capelli con una canzone. Una porta bianca chiusa alla luce del giorno, si apre sbattendo contro il muro con tale furia da far cadere un po’ dell’intonaco verdino delle mura.
- Ecco un’altra giornata noiosa! - dice sbadigliando una ragazza dai corti capelli neri fino alla nuca, occhioni verdi come il pigiama a maniche lunghe che indossa.
Si gratta la testa e nota la porta bianca dalla maniglia a pomello ottonata, del bagno chiusa, come ogni santa mattina. Questo la fa ancor più innervosire: quindi, senza pensarci due volte, se ne torna a dormire, sbattendo nuovamente la porta della sua camera.
- Ecco qui! Ho finito, mi manca solo il fiocco e sarò pronta! - esclama la ragazza dai bei capelli, pettinandoseli con la spazzola rossa sul lavandino bianco e lustro, sistemandosi il grosso fiocco rosso sulla testa.
Raccoglie tutti i suoi vestiti ed esce, bella e allegra: gonna rossa, camicia bianca a maniche lunghe, calze bianche e scarpe lucide rosse.
- Coraggio, Molly! Sono pronta, puoi andare adesso! Il bagno è libero! - chiama a gran voce la bella signorina quattordicenne, rivolgendosi alla porta chiusa della verdina, che sbuffando nuovamente, esce.
- Grazie tante, Lolly! - fa sarcastica: - Ci pensi tu a preparare la colazione e a svegliare Dolly, no? - afferma retorica Molly, chiudendosi in bagno.
Lolly scuote il capo, lasciando ciondolare i capelli, poi ride di gusto alla faccia rossa della sorella e si dirige in cucina.

La cucina è molto piccina ma confortevole: in terra vi è il pavimento verde, i mobili sono bianchi lucidi e vi è un tavolo di formica liscia marrone, con tre sedie dello stesso colore. Lolly apre il frigo grigio metallizzato e prende una bottiglia di latte, delle uova e poi zucchero, pane e un barattolo di marmellata dalla credenza.
"Ora farò una buona colazione e così anche quella dormigliona di Dolly si sveglierà!" pensa la ragazza, cominciando a friggere le uova in una padella nera, canticchiando, con i suoi occhioni laser, rossi!
Un buon profumino si aggira in tutto l’appartamento, formato in tutto da tre stanze, un bagno e la cucina: l’ultima camera, quella di Dolly, l’odorino bussa a tal punto di conquistare il suo stomaco e farla alzare immediatamente!
- Lolly starà preparando la sua colazione speciale! Vado! - esclama saltando giù da letto con foga! Intanto, Molly esce come nuova dal bagno, asciugandosi ancora il viso umido con un asciugamano verde pistacchio, sempre imbronciata.
Vedendo Dolly correre a gran velocità verso la cucina, la ferma afferrandole il braccio.
- Dove vai? Prima il bagno e poi il cibo! - ordina con lo sguardo furente.
Dolly rimane perplessa, nel suo pigiama azzurro, come gli occhioni intonati alla grande con i suoi capelli biondi, morbidi oltre le spalle ma non tanto lunghi come quelli di Lolly: a lei le arrivano oltre il fondoschiena!
- Uffa! E va bene! - esclama sbuffando la biondina, chiudendosi in bagno.
Molly scuote il capo e si guarda allo specchio della sua cameretta: una stanza completamente tinta di verde, dalle mura, al copriletto! Jeans blu, maglietta a giro maniche verde, un paio di scarpe nere e verdi, con i lacci.
- Sono pronta per pestare tutti gli stupidi della città! - dice alla sua immagine riflessa, agitando il pugno destro dinanzi allo specchio.

Intanto anche Dolly si fa bella: con il pettine raccoglie i capelli in due codini morbidi dietro la nuca, indossa una maglietta azzurra a maniche corte, un paio di jeans che le arrivano oltre il polpaccio, un paio di scarpe a stivali blu e bianchi, dai lunghi lacci, che coprono la metà del polpaccio scoperto.
- Sono pronta per la colazione! - esclama, aprendo in fretta la porta, correndo a gran velocità fino a sedersi per ultima, ovvio, a tavola.
- Ritardataria - bofonchia Molly, mangiando una fetta di pane e marmellata.
- Coraggio Dolly, mangiamo e poi dritte a scuola, ok? - dice con un sorriso la maggiore, alias Lolly.
- Ok: ma mangiare in fretta non mi si metterà tutto sullo stomaco? - chiede perplessa la biondina, mettendosi l’indice della mano destra sotto al mento.
- Io ho finito - informa Molly, alzandosi dal tavolo, afferrando lo zaino verde e bianco, nell’ingresso dell’appartamento, accanto all’attaccapanni di legno.
- Perché non ci aspetta mai?! - chiede Dolly ingenuamente, guardando con la coda dell’occhio sua sorella, mentre sorseggia il latte nella sua tazza celeste come il cielo.
- Sai com’è fatta Molly. Non farci caso - la rincuora Lolly, aggiustandole il nastrino blu del codino destro con amorevole dolcezza.
Alla fine, Lolly sciacqua e pulisce tutto a velocità supersonica e afferra il suo zaino rosa e bianco e Dolly quello azzurro e bianco (i loro colori preferiti). Si affrettano a prendere l’ascensore che non tarda ad arrivare al piano venti: le porte di ottone si aprono e le tre ragazze entrano, attendendo che la cabina le conduca all’androne principale del palazzo.

- Ok: inizia un anno nuovo in questa città. Occhio: nessuno deve sapere chi siamo in realtà. Mi raccomando Dolly: cerca di tenere a freno la lingua e tu Molly, non fare a pugni come al solito, ok? - spiega Lolly osservando nello specchio dell’ascensore la seconda delle sorelle completamente distratta e la terza del tutto nella sua fantasia.
- Ragazze? - chiede la rosa, come per ricevere un segno di non parlare a delle statue.
- Sì, abbiamo capito, Lolly! - ringhia scocciata Molly, notando che le porte della cabina si stiano riaprendo.
- E’ arrabbiata - ammette Lolly, guardando la sorella uscire dal palazzo per incamminarsi velocemente (senza super - velocità!), verso la scuola media, a pochi passi dal loro appartamento.
- Come tutte le mattine! - conclude Dolly, prendendo la mano della maggiore, correndo via per raggiungere la verde.
- Lolly, posso chiederti una cosa? - dice Dolly, fermandosi un secondo: - Tu pensi che qui ci vorranno bene come a Townsville? - continua un po’ triste.
- Certo: ci faremo tanti amici nuovi! - rincuora la rosa, prendendole di nuovo la mano per continuare a correre verso la scuola.

Qualcun altro, in un vicolo, alla larga da occhi indiscreti, sta nascosto nell’ombra e dà suggerimenti, parlando a bassa voce.
- Ok: primo giorni di scuola. Ricordatevi di evitare di fare a pugni e comportiamoci da bravi ragazzi, se non vogliamo rogne! - .
- Ok, capito. Senti un po’, Intrepido… - fa eco sarcasticamente una seconda voce: - Però se ci provocano è ovvio che dobbiamo darci dentro, vero? -
- Solo se siamo nei guai! - replica un po’ stufo la voce maschile che ha parlato per primo.
- Ok, ok… Andiamo adesso, non vorrai arrivare tardi, vero? - continua la seconda, uscendo alla luce del tiepido sole di settembre, 19 settembre per la precisione.
Un ragazzo dalla maglietta nera, bordata di rosso al collo, a giro maniche senza nessuna scritta che mettono in mostra i muscoli, un paio di jeans aderenti blu scuro, scarpe da ginnastiche nere e rosse e uno zaino appeso alla spalla destra, penzolante, rosso.
Capelli neri, corti e occhi verdi, un’espressione che ti ordina di stare alla larga.
- Sempre lo stesso! Aspettaci, Raph! - grida il primo, uscendo anche lui, mostrandosi al sole.
Una camicia azzurra, un po’ sbottonata al collo, le maniche risvoltate fino al punto di piegatura delle braccia, un jeans aderente blu e scarpe bianche e blu, da ginnastica ma a strappi.
Capelli lunghi fino alla nuca castano chiaro, occhi color rame e la determinazione che capeggia sul suo candido viso.
- Rilassati, Leo! Non vado mica in Giappone! - esclama il rosso con un ghigno sulla bocca, che fa spazientire quello che sembra il maggiore.
- Scusate, non vorremmo fare i guasta feste! Però se non ci sbrighiamo, verremo sbattuti fuori al primo giorno! - irrompe un terzo ragazzo, a fianco di uno leggermente più basso dei primi tre.
- Don ha ragione! Muoviamoci! - dice Leonardo annuendo anche con la testa.
Il ragazzo che si chiama Don, ha i capelli lunghi fino sulle spalle arancioni; occhi color nocciola e aria da geniaccio. Indossa una maglietta a maniche corte viola, con una piccola tartaruga verde stampata sul fianco destro; un paio di jeans neri aderenti e alquanto elastici, scarpe bianche a lacci con alcune sfumature viola e una borsa a tracollo, viola e nera.
- Infatti: come facciamo ad arrivare a scuola se sono le otto meno cinque? - chiede il quarto, chiamato Mik, dai lunghi capelli biondi legati dietro la nuca e un folto ciuffo che capeggia sulla fronte; occhi blu e un’aria sempre da combina guai!
Indossa un kimono a giro maniche bianco, abbottonato da cinque bottoni molto larghi, dalla forma cilindrica arancio chiaro. Un paio di pantaloni aderenti dello stesso colore, sorretti da una cintura arancione, scarpe nere lucide (tipo quelle delle Anime: avete presente Ranma?) e calzini bianchi. Sul kimono capeggia una stria arancione dalla spalla destra al fianco sinistro.
- Una mezza idea c’è l’avrei! - ridacchia Raph, osservando i tetti di alcuni palazzi…

- Molly! Aspetta! - grida Lolly con Dolly, cercando di raggiungere la sorella che accelera!
- Ok: l’hai voluto tu! - esclama la rosa, correndo a velocità supersonica, senza farsi notare, ovviamente!
Si piazza davanti alla verde, che arresta la corsa, imbronciandosi.
- Non vale! Hai detto che non dovevamo usare i nostri poteri! - replica Molly, incrociando le braccia e guardando verso il cielo, mentre i suoi capelli vengono scossi dal venticello estivo che sta per far posto a quello autunnale.
Qualcosa attira l’attenzione della seconda, che cancella la sua espressione irata.
- Guardate! Ci sono dei ragazzi che corrono sui tetti! - esclama esterrefatta, puntando il dito contro quattro veloci figure.
Dolly e Lolly guardano anche loro, però non vedono proprio nulla.
- Sei sicura? Io non vedo nulla! - dice Lolly, varcando il grande ingresso della scuola.
Molly rimane a fissare ancora quel punto in cui ha visto le ombre, e socchiudendo gli occhi, segue le due sorelle.

La scuola si presenta così: un grande edificio bianco, dalle grandi finestre per ogni aula, alberi e palestre!
- Beh, l’aspetto non è male, dipende da chi incontriamo! - esclama la giovane Molly, guardando gli alberi mentre corre, schiantandosi contro qualcosa, o meglio qualcuno.
- Ahio… Ehi, dico! Guarda dove metti i piedi! - ruggisce la verde bloccandosi di colpo, quando un ragazzo dai capelli neri e gli occhi verdi la guarda un po’ infastidito.
- La stessa cosa vale anche per te! - replica alzandosi e porgendole la mano: Molly non accetta, troppo orgogliosa e per questo si rialza in fretta e da sola, pulendosi nervosamente il jeans.
- Molly! Tutto bene? - chiede preoccupata la bella Lolly, osservando il ragazzo, che ridacchia furbetto.
- Molly, eh? Mi ricorderò di te! - e detto questo, torna dai suoi fratelli, lasciando alla verdina il dubbio che quel ragazzo è lo stesso che ha visto sul tetto, poco fa.

La campanella della scuola suona e tutti i ragazzi che erano nel grande cortile, si voltano quando un fischio di un microfono attira la loro attenzione. Ci sono molte grida di coloro che decideranno di rendere la scuola un covo di pazzi, oppure un edificio da demolire, o semplicemente per rivedere amici in un nuovo anno di scuola. Un uomo panciuto, dai capelli castani con gel, giacca e pantaloni blu, comincia a fare un discorso con la sua voce bassa; si avvicina a un microfono e comincia a parlare.
- Miei cari studenti, è con grande piacere che io, il preside Augustus Turner, vi auguro un nuovo anno alla Memphis’s School, una fra le scuole medie più importanti della magnifica città di New York! - esclama sottolineando il nome della famosa Grande Mela.
- Quindi, buona permanenza e fate della Memphis, una scuola degna del nome che porta! - conclude ricevendo un caloroso applauso da tutti gli studenti, tranne da Molly (imbronciata e a braccia conserte) e Mik, intento a fissare le nuvole bianche, nonostante le gomitate di Raph alle costole.
Dopo il discorso del preside, tre professori dell’età di trent’anni ciascuno, con una cartellina blu in mano e un microfono metallico nelle mani, cominciano a nominare il nome di ogni studente, classificandolo in quattro sezioni diverse: A, B, C, D, E.
- Lolly, Dolly e Molly Utonium, classe I E! - chiama a gran voce un’insegnate dai capelli lunghi biondo cenere e occhi castani, vestita completamente di rosa, giacca, gonna e tacchi.
- Almeno saremo insieme! - esulta Dolly, saltando allegramente, facendo sobbalzare i suoi codini.
Un salto di troppo e la biondina, però, si ritrova sospesa a mezz’aria! Lolly e Molly la guardano male e cercando di non farsi notare, afferrano per una mano Dolly e correndo in modalità supersonica, si nascondono dietro a un albero fitto, dal tronco scuro e robusto, abbastanza da nasconderle tutte e tre.
Molly si guarda intorno con i suoi occhioni verdi e poi s’imbroncia nuovamente, mettendosi a braccia conserte.
- Dolly, che cosa ti avevo detto prima? - rimprovera Lolly, accovacciandosi accanto alla sorella bionda, seduta sull’erba verde, mentre si dispera, strofinandosi gli occhi celesti con le mani.
- Scusa… Sigh! E’ vero, niente poteri! Sigh! - singhiozza, intenerendo entrambe le sorelle, che l’abbracciano con un sorriso.
- Ok, scuse accettate! Ricorda di trattenerti! - continua Lolly, alzandosi e porgendo la mano destra a Dolly, che tornata sorridente, accetta l’aiuto e le tre si rimescolano fra gli studenti, che si smistano nelle varie sezioni.
Fra le centinaia di ragazzi e ragazze, qualcuno, però si è accorto del salto troppo alto di Dolly, ma non ha il tempo di aprire bocca e parlarne agli altri, perché un professore dai capelli neri come gli occhi a mandorla, dalla statura un po’ bassina, vestito da una polo nera e jeans tendenti al blu molto scuro, idem per le scarpe a lacci, fa i loro nomi.
- Leonardo, Raphael, Donatello e Michelangelo Hamato! I E! - dice senza bisogno di urlare, per via della sua voce amplificata grazie al microfono, collegato a un amplificatore Marshall nero.
- A quanto pare non verremo divisi! Fantastico! - sorride Donatello, lisciandosi il mento con fare pensieroso.
- Qualcosa non va? - chiede Leonardo, accanto a lui.
- Mmh, prima ho notato una cosa strana, però non importa. Entriamo o rimarremo fuori! - taglia corto il pel di carota, dirigendosi con gli altri ragazzi verso la prima E, quando la sezione è completa.
- E così, la verdina sarà nella nostra stessa classe! Chi l’avrebbe detto! - pensa Raphael con un ghigno, continuando a fissare Molly, non accortosi di nulla.
- Ragazzi, ho una fame! - esclama sospirando Michelangelo, poggiandosi una mano fra i capelli biondi.
- Chi te l’ha detto di fare tardi e non mangiare la colazione?! - ringhia sottoforma di rimprovero Raphael, dandogli uno schiaffo sulla testa.
- Ahio! Ehi, sono delicato! - protesta il biondino, agitando il pugno destro, dal polso coperto da un polsino arancione, come sull’altro.
Quando il secondo dei fratelli, alias Raphael, sta per dargli un cazzotto in piena zucca, (il suo punto preferito, dopo la nuca e la guancia!), ecco che gli offre il suo panino al salame, estraendolo dal taschino superiore del suo zaino rosso.
- Mangia e zitto! - gli raccomanda, con sul viso la stessa espressione di chi è completamente stufo.
Michelangelo rimane senza parole, poi in un impeto d’affetto, salta al collo del fratello, ringraziandolo di cuore.
- Grazie, ma tienilo! E’ tuo! E poi se aspetto, il pranzo arriverà visto che c’è la mensa! Eh! Eh! - ridacchia facendogli l’occhiolino, porgendogli l’involucro commestibile avvolto in una carta argentata.
Anche Raph, notando il sorriso sul viso del minore, rimane stupito perché, in genere, Mik non rifiuta mai niente.
- Sei sicuro? - chiede nuovamente il rosso, passandogli dinanzi agli occhi il panino.
- Sì. Uh? Guardate, si deve entrare! - informa, indicando le porte di vetro aprirsi, diventando serio.
- Fine dell’estate, ragazzi - ironizza Raph, fissando ancora il cielo limpido e le nubi soffici che giocano a rincorrersi sulle correnti d’aria.

La prima E. Un’aula molto spaziosa, dal pavimento a mattonelle opache marroncine, dalle mura intonacate di bianco e di giallino chiaro, tre finestre dagli infissi neri, sedici banchi monoposto, una lavagna nera, una cartina dell’America e un armadietto metallico, chiuso da un lucchetto piccolo e ottonato, che riflette le luci biancastre dei neon appesi al soffitto. Le prime a entrare sono le tre Superchicche, seguite dai quattro fratelli con i nomi dei grandi maestri del Rinascimento e poi gli altri studenti, alcuni anche di colore.
- Mitico! E’ come a Townsville! - esulta Dolly, prendendo posto accanto alla finestra, incantandosi dall’altezza giusta da vedere il campo da calcio e quello da pallavolo.
- Lolly, Molly, venite a vedere! - esclama la ragazzina, appiattendo il viso contro il vetro dell’anta della finestra.
- Bello! - esclamano all’unisono le tre ragazze, notando una risatina sinistra di un ragazzo dai capelli rossicci e corti, occhi neri, un orecchino all’orecchio destro, una maglietta nera con un teschio rosso sull’addome piatto e muscoloso, un paio di jeans blu strappati e delle scarpe rosse e nere, a lacci.
- Guardate, tre nuove studenti! - esclama ridendo come un perfetto idiota.
Molly non resiste alle sue provocazioni e perciò gli si fa vicino, imbronciata e le mani sui fianchi.
- Hai qualche problema? - chiede ironicamente la verdina, non facendosi intimorire delle occhiatacce che fa il povero stupido.
- Mi chiamo Yousself Coricy, e questa è l’aula che comando io: quindi sei autorizzata a portarmi rispetto, chiaro? - dice freddamente, agitando l’indice verso il soffitto con fare minaccioso.
- Leo, guarda quello! - esclama divertito sottovoce Raph, attirando l’attenzione del maggiore, tirandogli appena la manica destra della camicia.
- Quello le prende, te lo dico io! - continua ancora il secondo, godendosi la scena con un sorrisetto stampato sul viso.
Molly non fa chiacchiere e cerca di ignorarlo e soprattutto di trattenersi dal dargli un bel pugno in pieno viso; l’idea della battaglia rimandata non va a buon fine perché Yousself le afferra il braccio e cerca di colpirla in pieno viso con uno schiaffo.
Molly, a questo punto non se ne frega proprio di non fare a botte, come promesso: carica un pugno e colpisce in pieno stomaco il buffone della classe, lasciandolo a terra dolorante, sotto lo sguardo atterrito di Lolly, Dolly, i quattro fratelli e il resto della classe che applaude.
Lolly scuote il capo in segno di negazione e attende che la seconda ritorni.
- Molly… - dice come per rimproverarla dolcemente, che irrita la verdina.
- Senti, quello mi stava sulle scatole! E poi se lo è meritato! - replica imbronciandosi.
- Va bene. Però la prossima volta, trattieniti! - sorride la rosa, notando Leonardo fissarla sorridente.
- Buongiorno ragazzi! Prendete posto adesso! - dice un’insegnante dai capelli corti e barbetta castani, occhi vispi noce scuro, una camicia bianca e un pantalone nero, idem per le scarpe.
- O volete che vi assegni io i vostri banchi?! - ironizza il prof; a queste parole, tutti si siedono fulmineamente, occupando tutti i sedici banchi.
Dolly ha preferito il banco accanto alla finestra, a fianco c’è Lolly nella fila centrale, del quarto banco e dietro di lei c’è Molly. Leonardo è dietro Lolly, Raphael dinanzi a Molly al primo, Donatello è all’ultimo della prima fila con Michelangelo che ha preferito sedersi dietro Dolly, all’ultimo banco accanto a Don.
Ancora uno: Yousself si è seduto dietro Raphael, in ottima posizione per dar fastidio a Molly, un po’ distratta.
- Allora, tanto per cominciare: mi chiamo Alexander Belt e sarò il vostro professore di educazione fisica; più tardi farete conoscenza con altri insegnanti e spero che vi troverete bene. Quest’anno abbiamo sette nuovi compagni di classe: prego, venite accanto a me, ragazzi! - dice con un sorriso, indicando le Superchicche e i quattro guerrieri, che si alzano immediatamente.
- Ah, molto bene! Chi vuole presentarsi per primo? - chiede il prof scrutando i giovani studenti.
- Comincio io. Mi chiamo Lolly Utonium e vengo da una città chiamata Townsville. Ho quattordici anni e mi piace studiare - si presenta la rosa, sorridendo a tutti.
- Molto bene, Lolly. Ora puoi tornare a sederti - dice Alex soddisfatto.
- Io sono Molly Utonium e come mia sorella Lolly, anch’io vengo da Townsville - taglia corto la verdina, tornandosene a sedere col broncio.
- Io invece sono Dolly Utonium e spero che diventeremo amici! - ride la bambolina, andando a posto.
- Molto bene, abbiamo conosciuto le nuove compagne: ora passiamo a voi, ragazzi! - dice Alex incrociando le dita delle mani, appiattite l’una con l’altra.
- Mi chiamo Leonardo Hamato e sono americano e questi sono i miei fratelli. Spero di farmi amici in questa scuola - si presenta il giovane, flettendo il busto in avanti, per inchinarsi.
- Ditemi, ma voi siete giapponesi? I vostri abiti e il vostro rispetto fa pensare che siate un po’ come dei guerrieri nipponici, amanti delle arti marziali! - dubita Alex.
- Beh sì, nostro padre era giapponese e ci ha insegnato le arti marziali. Riguardo ai vestiti, ci piace andare così. Mi chiamo Raphael Hamato, il secondo dopo Leo! - risponde il rosso, tagliando corto.
- Io che sono il terzo, mi chiamo Donatello Hamato e adoro la tecnologia! - sorride il viola, con volto angelico e furbetto.
L’ultimo che è Michelangelo, sembra essere distratto da Dolly, che lo guarda attendendo le sue presentazioni; una gomitata da parte di Don, però, lo riporta alla realtà.
- L’ultimo dei miei fratelli, mi chiamo Michelangelo Hamato e mi piacciono gli sport, soprattutto il basket! - si presenta immediatamente, sorridendo con tutti i denti che ha.
- Scusa un po’, biondino! Se tu giocheresti davvero a pallacanestro, saresti alto perlomeno un metro e novanta! Tu sarai alto si e no un metro e settantacinque! - replica Yousself offendendo il povero Mik, che non se la prende.
- Forse hai ragione, però se fossi uno spilungone come te, non riuscirei a fare questo… - e l’arancione si esibisce in un salto mortale con capriola in avanti, che lascia a bocca aperta tutti, compreso Yousself, verde d’invidia.
- Se ti fa piacere, io sono l’insegnante di basket, Michelangelo! - azzarda Axel, facendo segno con il braccio destro disteso di poter ritornare a sedersi.

La mattinata vola in fretta, perché non si fa praticamente nulla se non le conoscenze fra studenti e insegnanti; per fortuna, arriva l’ora di pranzo, gioia per un golosone come Michelangelo, che oggi pare parecchio perplesso.
- Tutto bene? - chiede Don, trascinandoselo un po’ in disparte, lasciando che gli studenti sgombrino l’aula per dirigersi alla mensa, un piano in giù, dopo una rampa di scale di marmo.
- Sì, perché? - chiede il biondo, non guardando negli occhi il fratello, cercando pure di chiudere il discorso.
- No, aspetta un attimo, Mik! Che c’è che non va? Forse è stato quello… ehm… Yousself, a farti innervosire? Non gli devi dare corda! - parla con timbro preoccupato Donatello, poggiandogli una mano sulla spalla destra.
- Di lui non mi preoccupo affatto, Don… - biascica piano l’arancione, sospirando.
- E allora? - chiede nuovamente il viola, facendolo voltare, poggiandogli entrambe le braccia sulle spalle.
- Il maestro Splinter, Don… Sono tre anni che lo cerchiamo e niente… Se ci avesse abbandonato? Se non ci volesse più bene? - balbetta incapace di trattenere le lacrime che gli rigano il volto candido.
Donatello abbassa lo sguardo e comincia a ripensare al passato, più precisamente quando loro avevano solo dodici anni.

Una mattina di pioggia in mare aperto, una nave diretta a Okinawa, stava affrontando le mareggiate violente che sballottavano la nave a destra e a sinistra, mentre forti correnti d’aria innalzavano come mani invisibili grosse onde blu scuro, schiantandosi contro le pareti in metallo della nave bianca e rossa.
Nella grande stiva della nave, nascosti fra grosse casse di legno scuro e bagagli, vi erano cinque mutanti, ovvero quattro tartarughe antropomorfi e un topo intelligente. Le quattro tartarughe erano alte circa un metro e cinque, avevano una fascia marrone che cinghiava loro il ventre a piastroni giallastri e il carapace verde salvia.
Ai gomiti e alle ginocchia indossavano paragomiti e ginocchiere marroncino chiaro; portavano dei polsini marrone scuro e sugli occhi indossavano delle bende che lasciavano scoperti il resto del viso. I colori delle bende erano celeste scuro, rosso, viola e arancione; il colore della pelle cambiava a seconda della tartaruga: quella blu era verde mela leggermente più scuro, quella rossa era verde smeraldo, la viola era verde oliva e infine, l’arancione era verde acqua chiaro.
Come armi, il blu portava sul guscio due spade katana dall’impugnatura fasciata dello stesso colore della sua maschera in due foderi marroni sorretti da un nodo dello stesso colore; sui pettorali giallastri capeggiava una fascia marrone da leader, dalla spalla destra fino al fianco sinistro.
Il rosso aveva due Pugnali Sai, infilati nella cintura, dall’impugnatura fasciata di rosso; tre lame d’acciaio, una lunga venti centimetri e le altre due di dieci centimetri. Il viola aveva un lungo Bastone Bo infilato nella cintura, sul guscio: anche la sua arma aveva l’impugnatura fasciata di viola. Infine l’arancione portava nella cintura due nunchaku (bastoncini di legno uniti da una catena d’acciaio), con l’impugnatura arancio.
Il topo aveva il pelo grigio scuro, indossava un kimono marrone bordato di nero, come la cinghia che chiudeva la veste all’altezza dello sterno. Una coda rosa faceva capolino dal retro del kimono e un piccolo bastone di legno da passeggio, lo accompagnava dappertutto.
- Molto bene, figli miei. Come in passato, ora giungeremo alla terra natale del mio defunto Maestro Yoshi. Comportatevi bene come sapete fare e rendete onore al mio sensei. Leonardo, posso fidarmi di te? - aveva detto con saggezza e dolcezza, abbracciando i suoi trovatelli.
- Certo maestro Splinter, fidati di noi! - gli aveva risposto il maggiore dei quattro, inchinandosi appena, con serietà.
Un ultimo abbraccio prima di un grande squarcio in una delle pareti bombate della stiva: acqua, moltissima acqua che entrava e a poco a poco riempiva quel “pesce metallico sulle onde”.
Poi il buio e l’allarme che scattò: non si vide nulla e la tempesta non migliorava di certo la situazione…
I mutanti scapparono, ma alcune casse caddero per la furia dell’acqua, seppellendo Michelangelo che non riusciva a nuotare: un suo piede si era incastrato sotto una cassa contente materiale d’acciaio e con l’acqua, si era notevolmente appesantito.
- Aiuto! Aiuto! Sto affogando! Ho una gamba incastrata! Maestro Splinter! - gridava impaurito, continuando ad agitare le mani per restare a galla.
Leo, Don e Raph erano riusciti ad arrampicarsi e mettersi al sicuro su alcune casse, posizionate l’una sull’altra, creando un’altezza di quasi sei metri o forse più.
- Mik! Sto arrivando! - aveva gridato il coraggioso Leo, prendendo una rincorsa per saltare e andare a liberare la tartaruga sfortunata.
- No, figlio mio! Ci andrò io! - disse serio Splinter, bloccandolo per una mano.
- Ma maestro… - tentò di replicare ma una carezza sul viso da parte del saggio topo lo fece zittire.
Splinter si tuffò nell’acqua e nuotò, cercando di raggiungere il suo adorato figliolo, ormai svenuto, per la mancata aria. Il roditore lo trovò e riuscì a liberarlo, nuotando poi verso il soffitto, trattenendo il respiro più che poteva.
Intanto i tre tartarughini cercavano di avere fiducia nel loro padre, che tardava a far spuntare la sua testa oltre il pelo dell’acqua.
- Credete che… - aveva balbettato impaurito Donatello, tremando come una foglia.
- No! Dobbiamo avere fiducia nel maestro! Lui ce la farà! - ribatté con le lacrime agli occhi Raphael, sporgendosi oltre il bordo della cassa, cercando di visualizzare un volto familiare.
Improvvisamente, il sensei riemerse sotto gli occhi increduli e felici dei tre fratellini che aiutarono il padre a mettersi al sicuro sulle casse, completamente fradicio. Michelangelo aveva la gamba destra completamente rossa, segno inequivocabile di una ferita molto profonda.
- Dobbiamo curarlo o peggiorerà! - disse Splinter, strappandosi una manica del kimono, avvolgendola attorno alla gamba dell’arancione, privo di sensi.
Un improvviso rumore non tardò a manifestare l’immane pericolo: la nave stava per affondare!
- Figli miei: dobbiamo salvarci e per farlo dobbiamo usare il tuo potere, Leonardo! - gridò serio il sensei, poggiando le mani sulle sue spalle fradice.
- Maestro Splinter, io non… Che potere? - balbettò impaurito il blu, piangendo disperato.
- Tutti voi avete i poteri: per questo vi ho sempre portati da Ancent One, ovvero l’Antico. Speravo che col tempo, vi avremmo insegnato a dominare i grandi poteri in voi… E’ il momento giusto, figliolo mio: concentrati, puoi farcela! - raccontò brevemente il maestro, infondendo un po’ di coraggio nella tartaruga spadaccina, che guardò l’acqua che sfondava le pareti e la nave che affondava a poco a poco.
Il piccolo mutante guardò ancora una volta il suo sensei e i suoi fratelli che confidavano in lui, poi chiuse gli occhi e sospirò: era pronto. Pian piano una grande energia avvolse il suo corpo, sul braccio destro comparì un tatuaggio celeste scuro a forma di onda, tutta intrecciata e gli occhi diventarono azzurri scuro intensi: gridò quando l’acqua inghiottì lui e la sua famiglia, sprofondando nel buio…
I ricordi diventano flebili, poi continuano…
Una città, una grande città, un edificio bianco, tanti edifici; New York e quattro ragazzini in quattro lettini, nella stessa stanza. Pavimento marmoreo chiaro, pareti bianche, armadietti metallici per medicine e lenzuola pulite, un via vai di umani in camici bianchi o verde acqua.
- D - Dove sono…? Maestro Splinter… Fratelli… - balbettò un ragazzino, che schiuse piano gli occhi, voltandoli a destra e a sinistra, sperando di trovare volti familiari…
Ben presto si rese conto di essere Leonardo Hamato e anziché una tartaruga mutante, era un essere umano, come i suoi fratelli.
Il maestro Splinter? Non si sa, sparito per sempre, forse…

- Ragazzi! Vi stavamo aspettando, venite! - irrompe la voce di Raph, salendo le scale, di corsa, riportando alla realtà Don e Mik, con gli occhi lucidi.
- Che è successo? - chiede serio Raphael, notando l’aria afflitta che capeggia particolarmente sul volto di Mikey, che deglutisce un groppo di tristezza.
- Nulla. Allora andiamo a mangiare? Non vorrei proprio che quelli si spazzolino tutto! - mente il giovane biondo, voltandosi verso i due fratelli sorridendo.
- Sei sicuro? - chiede Don inclinando appena la testa, scrutando con i suoi occhi nocciola il fratellino, che annuisce, dirigendosi verso le scale con fare allegro.
- Non è mai stato bravo a mentire - sussurra Raphael prima di andare, anche lui, a mensa con Donatello.

La mensa è un’aula molto grande e spaziosa, tinteggiata di giallo - arancio, forse lo stesso colore dello zabaione, per rendere l’idea; ha quattro finestre chiuse dagli infissi in ottone, il pavimento è formato da uno strato di mattonelle grigio chiaro, dieci per otto.
C’è un bancone con due cuoche dalla retina bianca che contengono i capelli, un grembiule dello stesso colore, un vestito a maniche corte azzurro chiaro e tacchi neri.
Leonardo è seduto a un tavolo bianco da solo, aspettando i suoi tre fratelli, che non tardano a sedersi accanto a lui.
- Dove eravate finiti? Vi ho tenuto il posto! - dice il blu, cominciando a mangiare un piatto di penne rigate al sugo di pomodoro.
- Oh mamma! Il mio piatto preferito! - esulta Raphael afferrando il cucchiaio di plastica bianco per iniziare a mangiare, dal momento che il suo stomaco reclama cibo!
Qualcun altro, seduto un banco in avanti alle Tartarughe ninja in versione umana, sta scrutando curiosa Raphael, intento a papparsi quella squisitezza, con contegno.
- Molly che hai? Perché non mangi? - chiede preoccupata Lolly, notando la disattenzione della sorella, che tornata in sé, afferra il cucchiaio e porta alla bocca alcuni maccheroni, che risultano un po’ freddini per i suoi gusti.
Molly si guarda in giro poi i suoi occhi s’illuminano di rosso: dei raggi di calore scaldano nuovamente il piatto, che ritorna fumante!
- Molly! - esclama Lolly sottovoce evidenziando un po’ con rabbia il nome della seconda, che mangia ridendo.
- Guardate ragazze! C’è quello che ha infastidito Molly stamattina! - informa Dolly con l’espressione curiosa sul viso da bambolina.
- Davvero? A me pare che si stia dirigendo da quei quattro bizzarri ragazzi! - replica Molly, sotto sotto curiosa al massimo!
Come previsto dalle tre Superchicche, il ragazzaccio dai capelli rossi si sta dirigendo con cattive intenzioni dalle Tartarughe, che chiacchierano fra loro ingenuamente. La prima cosa che fa, spintona intenzionalmente Raphael facendogli cadere il piatto di maccheroni in terra, ridendo sguaiatamente.
- Ops, scusa tanto! Non l’ho fatto a posta! - ironizza ancora.
Se c’è una caratteristica di Raph è che quando si arrabbia, la sua ira gli dà potenza, quindi niente rabbia, niente Raph. La tartaruga impulsiva stringe i pugni, poi sbatte un pugno sul tavolo alzandosi così rapidamente da far girare l’intera mensa, professori compresi.
Raph gli si piazza dinanzi con occhi infuocati e denti stretti, che incutono parecchia paura al fessacchiotto rosso.
- Con chi credevi di avere a che fare, eh? Con quatto idioti come te? Eh? RISPONDI! - grida afferrandolo per la maglietta e appiattendolo contro il muro, con foga.
- Che cosa vorresti farmi, eh? Picchiarmi? - ironizza ancora Yousself, provocandolo ulteriormente.
- Se è questo che vuoi… - e la “tartaruga umana” carica il destro, con l’intenzione di spaccargli la faccia sul serio.
Yousself si spaventa a tal punto da chiudere gli occhi, in modo da non vedere quelle cinque dita piegate schiantarsi sul suo viso.
- FERMATI! - grida una voce che blocca il colpo di Raph e fa riaprire gli occhi del povero deficiente.
E’ Leonardo che si è alzato è guarda serio il fratello, che scuote lentamente il capo allentando la presa della maglietta e lasciando cadere il braccio lungo il fianco.
- Eh! Eh! Eh! A quanto pare ti fai pure comandare dal fratellone! Sei solo un povero fesso! - ridacchia Yousself liberandosi come un serpente dalla presa di Raphael, che s’infuria nuovamente ma prima che possa davvero scaricargli addosso tutta la sua adrenalina e renderlo totalmente irriconoscibile, egli scappa via, inciampando anche in uno sgambetto di Molly, divertita da tale scena, ma precipita su Michelangelo, il quale si ritrova sul pavimento anche lui.
"Molly, ma che hai combinato, dannazione!", dice telepaticamente Lolly, contrariata da tale comportamento assunto; Molly non risponde in quanto si sente parecchio in colpa.
Nel rialzarsi, Yousself da volontariamente un calcio alla gamba destra di Mikey, che geme un po’.
- Io a quello lo smonto pezzo per pezzo e mi ci faccio la moto nuova! - ringhia come un leone Raphael, trattenuto da Leonardo, che gli ricorda che con tipi come Yousself, non vale la pena sporcarsi le mani.
- Tutto bene? - chiede Molly aiutando Michelangelo a rialzarsi, porgendogli la mano destra.
- Sì, grazie! Tu sei… mmh… ah, sì! Sei Molly, giusto? - chiede l’arancione rimessosi in piedi, prima di avvertire un leggero fastidio alla caviglia.
- Sì, infatti. Quel tipo è davvero insopportabile! - si lamenta la verdina imbronciandosi un po’.
- Sì, però mai quanto Raph! - ironizza Mik, ottenendo una tiratina della coda di cavallo che porta dietro la nuca da parte del citato.
- Perché non vi sedete con noi? - propone nuovamente il biondino, strappando un sorriso a Molly, che guarda le sorelle in cerca di consensi, che giungono con un bel “grazie”.
E fu così che le Tartarughe Ninja conobbero le Superchicche.

La campanella delle quindici suona puntuale e il suo “drin” rimbomba nelle orecchie di ogni studente, che afferrato zaino e quanto altro, si dirige felice alla porta d’ingresso della scuola. In poco tempo, infatti, la scuola gremita di studenti, si ritrova a essere una conchiglia vuota, spenta e immensa.
- Allora, voi dove abitate, ragazze? - chiede Donatello interessato.
- Beh, noi abitiamo nella 39esima strada, ventesimo piano! - informa Dolly, sorridendo col vento che le scuote i codini biondi.
- Che buffo! Noi abitiamo al vostro stesso indirizzo, solo al ventunesimo piano! Che coincidenza! - ridacchia Michelangelo, gettando un’occhiata a Yousself, intento a origliare dietro a un albero i discorsi dei ragazzi.
- Ragazzi, abbiamo compagnia! - sibila ridendo l’arancione, indicando l’albero in questione.
- Nessun problema! - e Raph prende una bella pietra e la scaglia quasi in testa dello stupido, che subito scappa via, temendo davvero di finire pestato.
Tutti ridono soddisfatti: è bello avere degli amici che condividono con te la vita.
- Ok, allora perché non venite a casa nostra? - propone Leonardo con un sorriso.
- Perché no? Mi sembra una buona idea ma… - s’interrompe Lolly tornando seria.
- Ma? - chiede nuovamente Leonardo, anche lui serio.
- Che cosa diranno i vostri genitori? - prosegue la bella rosa.
- Oh, non dovete preoccuparvi… Per quello non c’è il minimo problema…! - risponde Michelangelo, con un sorriso che viene tradito dalla tristezza negli occhi celesti.
- Ok, andiamo allora! - dice Dolly al settimo cielo…




...Continua nel prossimo capitolo


 
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