Videogiochi
creata dalla serie "FINAL FANTASY X":
"FINAL FANTASY X: IL ROMANZO."
una fanfiction di:

Generi:
Sentimentale - Romantico - Avventura - Fantasy
Rating:
Per Tutte le età

Anteprima:
Ho pensato sarebbe stato molto carino dare la possibilità a chi non ha giocato al videogames di conoscerne la bellissima storia. Spero appreziate.

Conclusa: No

Fanfiction pubblicata il 04/03/2014 16:32:47 - Ultimo inserimento 16/04/2014
 
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 1


Ricordo quel giorno come fosse ieri, quello stesso giorno in cui la mia vita cambiò radicalmente.
A quel tempo Zanarkand, la mia Zanarkand, era brillante e festosa. Adagiata sulle rive del mare, a qualsiasi ora del giorno e della notte le vaste strade vomitavano un nutrito numero di persone affaccendate all'interno degli immensi palazzi perennemente illuminati dai quali si stendevano un'infinità di ponti costruiti ad altezze spropositate. Essi avevano lo scopo di collegare molti dei piani più alti degli edifici tappezzati di cartelloni pubblicitari dai colori e dalle forme più sgargianti.
Un groviglio di giochi d'acqua, luci e tecnologia; Zanarkand, a quel tempo, non dormiva mai.
Ma la routine giornaliera non era certo paragonabile all'aria che si respirava quel giorno, no!
Già la mattina stessa si avvertiva chiaramente, quasi fosse palpabile con mano, l'eccitazione della gente perchè si sapeva che, quella sera, si sarebbe giocata la più attesa partita di Blitzball degli ultimi dieci anni: la Finale della Coppa Jecht.
Per gli abitanti della città tecnologica, non vi era nulla di più importante. Essi vivevano per il Blitzball acclamandone i giocatori come gladiatori sulla rena e, inutile dirlo, a noi piaceva.
Adoravo quel loro modo di farci sentire eroi; per quell'ora noi eravamo il loro svago, la loro felicità, la loro ragione di vita. Così ogni volta che affrontavamo una partita, davo il meglio di me stesso per lasciare un ricordo memorabile nelle loro teste.
Il cielo scuro di quella sera era punteggiato di stelle la cui luce, al confronto di quella che irradiava Zanarkand, sembrava scemare miseramente.
Mancava poco meno di un'ora alla partita, avevo tutto il tempo di prendermela comoda per arrivare allo Stadio ma decisi comunque di uscire prima di casa sapendo già di dover affrontare la marea di fan davanti alla mia porta.
Mi fermai dopo pochi passi notando l'immensa folla urlante che, alla mia vista, si animò ulteriormente. Alzai una mano in segno di saluto e corsi verso di loro senza esitazione per salutare i bambini in prima fila che sventolavano i loro palloni blu e bianchi da farsi autografare. Con il sorriso sulle labbra, firmai una ad una le palle da Blitz dei miei piccoli fan che si spintonavano per non essere lasciati indietro per poi avvicinarmi a due ragazze che attendevano diligentemente il loro turno.
“In bocca al lupo per stasera!” Mi augurò quella con i capelli rossi porgendomi il suo pallone. “Tutto sotto controllo!” Risposi io e, per farmi notare un po', feci roteare l'oggetto sul dito prima di riporgerglielo. “In che posti siete?” Chiesi loro firmando quello dell'amica. “Spalto est, prima fila. Quinta da destra!” Rispose quella, emozionata all'idea di scambiare qualche parola con la stella emergente degli Zanarkand Abes. “Ricevuto! Se segno un goal allora mi girerò da quella parte e...” Ci pensai un po' su, poi alzai le braccia sopra la testa con le mani protese e annunciai: “...farò così! Significa che ve lo dedico, ok?” Le due ragazze ridacchiarono compiaciute alle mie parole e i loro visi arrossirono lievemente. Mi faceva piacere sapere che un gesto così semplice, poteva rallegrare fino a quel punto una persona.
Salutai le mie due fan e mi girai per incamminarmi verso lo Stadio, quando i bimbi di prima mi bloccarono nuovamente chiedendomi in coro di insegnargli a giocare.
“Ehi! Ora ho la partita!” Risposi loro divertito da tanto entusiasmo notando però la delusione nelle loro faccette. “...e dopo...?” Azzardò timidamente uno del gruppetto con i capelli castani.
Non ebbi nemmeno il tempo di rispondere che qualcun altro dietro di me lo fece al posto mio: “Non puoi sta sera.” Disse seccamente cogliendomi di sorpresa e costringendomi a girarmi.
Aveva l'aspetto di un ragazzino, o per lo meno era quello che potevo supporre dato il viso nascosto dal cappuccio blu notte. La carnagione era olivastra e spiccava attraverso la casacca senza maniche decorata con motivi dorati.
Ero certo di non averlo mai visto prima, eppure lui sembrava pensarla diversamente dal modo insistente con cui mi fissava.
“Meglio domani...” Risposi distrattamente al bambino dai capelli castani senza togliere gli occhi di dosso allo strano individuo. “...promesso!” Aggiunsi infine rivolgendomi di nuovo ai bambini e meritandomi la loro stima accompagnata da una riverenza. “...ma ora devo andare. Fate il tifo per me, mi raccomando!” Li esortai. E con un saluto confidenziale, mi allontanai ignorando volutamente il grosso cartellone pubblicitario che ritraeva un uomo dall'aria spocchiosa con una bandana rossa stretta in fronte.
Lo Stadio di Zanarkand era qualcosa di indescrivibile, la struttura più curata ed imponente di ogni edificio della città. L'entrata troneggiava possente sull'immensa piazza principale ed era presidiata da due alte statue lucenti in posa di combattimento, mentre il vero e proprio varco d'accesso era protetto da una sottile barriera. L'edificio, all'interno, era di forma circolare con gli spalti che ne percorrevano l'intero perimetro e al centro l'arena di gioco. Varcai l'ingresso e subito le urla dei fan mi esplosero nelle orecchie facendo pompare l'adrenalina in corpo. I giocatori delle due squadre si radunarono nell'arena attendendo con ansia l'inizio della partita. Una gigantesca palla d'energia luminosa azzurra esplose al centro dell'area aprendo meccanicamente il tetto dello Stadio per ospitare un'immensa sfera d'acqua nel quale si sarebbe giocata la Finale.
“Apriamo le danze!” Ghignai fra me e me.
L'inizio della partita venne segnato dal fischio del tabellone dei punteggi e la palla sparata in alto al centro della sfera. Il Blitzball era uno sport tutt'altro che facile. Dovevi essere dotato di grande resistenza fisica, saper nuotare bene ma soprattutto avere la capacità di resistere in apnea per lungo tempo. Si, perchè questo gioco si svolgeva interamente sott'acqua e lo scopo era quello di segnare i goal nelle porte con quei grossi palloni blu e bianchi.
In un attimo i giocatori si fiondarono come cani sguinzagliati a recuperare la palla tipica; c'era chi passava, chi marcava, chi veniva catapultato fuori dalla sfera d'acqua fra la gente, e chi, come me, cercava di segnare in rete. Quella era l'occasione per dimostrare a me stesso che potevo far di meglio di quell'uomo dall'espressione spocchiosa che tanto odiavo.
Qualcuno lanciò il pallone verso la parte superiore della sfera, la mia qualità migliore era la velocità così nuotai con tutte le mie forze agitando le gambe e spiccando un balzo che mi fece finire fuori dal margine del campo.
Tutt'attorno calò il silenzio e percepii che i tifosi pendevano dalla mie labbra. Potevo farcela, DOVEVO farcela ad eseguire quel tiro: il famigerato Tiro Jecht. Arcuai la schiena all'indietro mentre le gocce d'acqua mi cadevano dai capelli biondi rigandomi il viso. La palla stava cominciando a precipitare verso il basso così eseguii una rovesciata all'indietro preparandomi a colpire.
Fu allora che notai qualcosa che mi raggelò il sangue nelle vene.
Per un motivo che ignoravo, un'ondata dalle proporzioni bibliche si stava avvicinando ad una velocità disarmante alla mia amata città. Il terrore mi avvolse, ero l'unico nello Stadio che se ne fosse accorto e non potevo far nulla per avvertire gli altri a parecchi metri sotto di me. In un attimo vidi quell'immensa onda scagliarsi con furia omicida sui palazzi di Zanarkand avvolgendoli nelle proprie spire come un serpente fa con le sue prede, e fu il panico. Percepii la scena in modo ovattato, quasi come se non fossi realmente li: esplosioni, urli...stavo forse sognando?
Quando finalmente realizzai di essere nel mondo vero, mi accorsi che stavo precipitando verso il suolo e, in extremis, agguantai con una mano sola una sporgenza presente nell'arena di gioco ma il mio guanto bagnato e la superficie scivolosa fece cedere la presa e un'improvvisa scossa di terremoto fu letale. Precipitai.
Non so poi come, miracolosamente, toccai il suolo senza procurarmi danni permanenti, avevo solo un forte mal di testa ma dopo un lieve barcollare mi rimisi in piedi trovandomi però di fronte uno spettacolo orribile.
La maggior parte dei palazzi era crollata in seguito alle esplosioni come l'entrata dello Stadio, e i giochi d'acqua che fino a pochi istanti prima decoravano le vie, ora spruzzavano a caso sulle macerie della città. La gente correva spaesata e spaventata scontrandosi l'una all'altra urlando, non capivo nulla.
In un attimo la mia Zanarkand venne distrutta.
Mossi qualche passo verso la piazza in rovina e, con mio stupore, vidi un conoscente di vecchia data. “AURON!” Urlai. Era molto più grande di me, io avevo solo diciassette anni a quel tempo. Aveva i capelli scuri e un paio di occhiali dalle lenti nere e ovali a coprirgli lo sguardo perennemente serio. Portava un giaccone marrone dal quale pendeva sempre una delle due maniche, chissà poi perchè? Per comodità forse? Me lo domandavo ogni volta che lo vedevo ma non era quello il momento giusto per darsi una risposta. “Che ci fai qui?” Gli domandai sbalordito.
Lui, con la sua solita espressione impassibile, mi rispose semplicemente un “Ti aspettavo” che mi lasciò ancor più perplesso. Auron era un tipo misterioso, gli piaceva nuotare nell'acqua torbida.
“Che diavolo dici?” Protestai, ma lui era già fuggito via chissà dove.
Maledetto, pensai mentre cercavo di raggiungerlo fra la folla imbizzarrita, ma ben presto mi dovetti fermare per riprendere fiato e ammettere di averlo perso.
In quell'istante tutto si fermò; la gente che pochi secondi prima stava correndo a perdifiato in ogni direzione, si era come paralizzata nell'ultimo movimento compiuto e per di più non si percepiva più alcun rumore. Solo io potevo muovermi liberamente attorno a quella sfilza di statue umane. Cosa sta succedendo? Sempre più terrorizzato, mi guardai attorno e vidi di nuovo il ragazzino col cappuccio blu notte e la pelle scura.
“Comincia.” Disse. “Non disperare.” Ero sempre più confuso, e quel tipo iniziava a darmi sui nervi. Decisi dunque che doveva darmi una spiegazione, così mossi qualche passo verso di lui ma in un batter d'occhio il tempo tornò a funzionare correttamente e le persone a correre e urlare, permettendogli di dileguarsi.
In lontananza avvistai di nuovo Auron e gli corsi incontro. Era fermo a fissare qualcosa al di la delle mie spalle. “Guarda.” Mi esortò a girarmi facendomi notare nel cielo un enorme ammasso fluttuante. “Lo chiamano Sin!” Non sapevo cosa potesse essere, indietreggiai sbalordito e spaventato. “Sin?” Riuscii solo a balbettare, e lui annuì.
In quel momento una potente esplosione nel palazzo alla mia destra, mi fece sobbalzare. Non era ancora finita. Incredulo di quanto i miei occhi azzurri stessero vedendo, mi girai verso Auron che osservava la scena con estrema tranquillità. Quella che solo quell'uomo di quarant'anni poteva avere.
Dalla voragine creatasi ai piani alti del palazzo, era uscito un qualcosa che non sapevo definire. Possedeva tentacoli luminescenti che si agitavano minacciosi in avanti e, al centro di essi, spuntava quello che pareva esserne il corpo interamente ricoperto di squame. Queste si misero a vibrare e una ad una si staccarono dal loro giaciglio per piovere violente a pochi passi da noi causando le stesse esplosioni che avevano bombardato la città. Quando finalmente ebbi la possibilità di vederle da vicino, capii che anche quelle squame giganti avevano vita propria perchè in realtà altro non erano che le ali chiuse di esseri minori che emettevano versi assordanti e striduli.
Senza troppe cerimonie, una volta al suolo, mi si fiondarono addosso per attaccarmi quando il mio conoscente mi si avvicinò porgendomi una spada dall'impugnatura massiccia e la lama rossastra. Era senza dubbio la cosa che ci voleva se non fosse stato per il suo eccessivo peso che mi fece sbilanciare in avanti.
“Da parte di Jecht.” Ammise Auron armandosi anche lui di una possente katana. “Mio padre?” Dissi sgranando gli occhi incredulo e perdendo nuovamente l'equilibrio per il peso dell'oggetto che tenevo in mano. “Spero tu sappia usarla.” Aggiunse con noncuranza. “Non sprechiamo tempo, apriamoci un varco!” Sentenziò infine sollevando la sua spada come se fosse fatta di carta e colpendo una delle scaglie di Sin. Con un sol fendente essa scomparve dissolvendosi in tanti piccoli luccichii che si dispersero nel cielo stellato. “Elimina solo quelli che ti ostacolano il passaggio e corri.” Mi intimò senza badare alla mia espressione sorpresa e fiondandosi sulle nuove scaglie che erano comparse dinnanzi a noi. Era il momento di prendere coscienza di quanto stava succedendo, dovevo combattere al suo fianco se volevo salvarmi. Così afferrai saldamente la mia spada e mi fiondai contro uno di quei mostri strillanti, ma prima che il mio colpo andasse a buon fine, il mio avversario sferrò il suo procurandomi una grossa ferita al braccio e facendomi ruzzolare a terra.
Mi rimisi coraggiosamente in piedi e balzai nuovamente su di lui con tutta la forza che avevo in corpo sferrando un fendente con la mia spada dalla lama rossa disintegrandolo nei piccoli bagliori luminescenti. Con fierezza mi girai verso il mio compagno che nel frattempo ne aveva sterminati una riga notevole e lo seguii di corsa lungo la strada finalmente sgombra.
Dopo pochi passi però, una nuova scossa di terremoto ci costrinse a fermarci e l'essere dai lunghi tentacoli comparve dinnanzi a noi sbarrandoci la strada.
“EHI, TU! VATTENE DALLA MIA CITTA'!” Gli urlai sventolandogli l'arma contro sentendomi già più sicuro di me. “Tsè! Hanno fretta di morire.” Disse con sarcasmo Auron poggiandosi la katana sulla spalla. Spiccò un balzo verso l'alto e conficcò, atterrando, la lama nell'asfalto causando una grossa esplosione che sterminò l'avversario.
Dovevo ammetterlo, il nonnetto ci sapeva fare. Corremmo lungo la strada distrutta passando di nuovo davanti al cartellone pubblicitario che rappresentava l'uomo dall'espressione spocchiosa, Jecht. E tu cosa cos'hai da ridere lassù? Pensai. Quell'uomo aveva il potere di farmi irritare anche stampato su una foto.
Intanto, davanti a noi, Sin aveva sguinzagliato altre scaglie circondandoci. Raggiunsi Auron e gli urlai di fuggire da li, ma lui sguainò nuovamente la spada fiondandosi verso gli avversari. Dove trovi tutta questa forza? Dammi un po' di tregua! Mi rimboccai le maniche e iniziai a colpire i piccoli mostri alati. Uno dopo l'altro cadevano sotto i nostri colpi, ma nonostante questo non sembrava che la situazione migliorasse. Anche Auron doveva essersene reso conto perchè vidi che iniziò a guardarsi in torno finchè non puntò un grosso camion capottato e abbandonato sul bordo della strada.
“TIDUS! Dobbiamo abbattere quello!” Mi urlò indicando il grosso carico che produceva elettricità roteando su se stesso. “CHE?! SEI IMPAZZITO?” Non era un'idea molta furba a mio avviso, rischiavamo di lasciarci la pelle pure noi. “Fidati, vedrai!” Disse con un tono che non ammetteva repliche.
Per niente convinto strinsi il pugno e accettai di assecondarlo, d'altra parte non avevamo molte altre scelte. Caricai un attacco e colpii il veicolo con la spada mentre lui uccideva il mostro che stava per assalirmi. Feci un salto mortale per schivarne un altro e, con lo stesso colpo, colpii sia uno degli avversai che la macchina. Anche Auron ci si accanì contro e, dopo poco, questo iniziò a sussultare. Il forte movimento la fece scivolare al di la della strada iniziando a precipitare nel vuoto mentre esplodeva. Un boato assordante invase le nostre orecchie e il pavimento iniziò a sgretolarsi sotto i nostri piedi.
“Salta!” Mi ordinò e io non ci pensai due volte. Corsi con tutto il fiato che avevo il gola e spiccai il salto appena in tempo per non precipitare nel baratro assieme ad una delle strade rialzate di Zanarkand, afferrandomi ad una sporgenza.
Avevo paura. Tutta la città si stava disintegrando attorno a me ed ogni cosa stava per essere inghiottita. “AURON!” Urlai il suo nome nella speranza che mi sentisse e lo vidi comparire al di la della sporgenza. Dietro le lenti ovali e scure degli occhiali, mi fissava impassibile. Non capivo perchè se ne stesse li ad osservarmi senza alzare un dito per salvarmi mentre io facevo di tutto per non perdere la presa e precipitare. “AURON!” Gridai nuovamente. Vidi che il suo sguardo si spostava al cielo dove era comparso un enorme buco nero che stava risucchiando ogni cosa appartenesse a questo mondo. “Sei sicuro?” Mi chiese senza ancora guardarmi in faccia. Io ero stremato, sentivo le braccia cedere ogni secondo di più, non avevo ne tempo ne voglia di mettermi ad ascoltare le sue storielle misteriose. “Questa...” e si chinò su di me afferrandomi per il colletto della salopette nera “...è la tua storia.” Sopra la sua testa il buco si faceva sempre più vicino e grosso. “Tutto comincia qui.” Furono le sue ultime parole prima che un'esplosione di luce bianca ci avvolse risucchiandoci entrambi dentro il buco.




...Continua nel prossimo capitolo


 
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