Izuna prende un'importante e coraggiosa decisione il giorno del suo compleanno.
Conclusa: Sì
Fanfiction pubblicata il 23/07/2023 14:21:09
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<b>Sommario</b>
Dedica per il compleanno di Izuna 2024. OS Canon.
Stanco di trascorrere l’ennesimo compleanno da solo, Izuna si allontana dall’accampamento Uchiha. È in preda alla disperazione, ma siamo in guerra e ci sono altre priorità.
Madara abbandona il fronte per venirlo a trovare. Passano insieme una giornata meravigliosa, ma Madara ha nascosto al fratello qualcosa. Quando Izuna se ne accorge, ormai è troppo tardi.
La situazione spingerà Izuna a fare una scelta che sembrava impossibile fino a poche ore prima.
Il riflesso sulla placida superficie del fiume non aveva fatto in tempo a ricomporsi, un nuovo sassolino lo aveva mandato ancora in frantumi.
Il ragazzo trovava orribili i lineamenti della sua faccia. Era solo un moccioso, altrimenti non avrebbe avuto bisogno di allontanarsi in fretta e furia dall’accampamento Uchiha per frignare di nascosto.
Stufo di lanciare un sasso dietro l’altro per distruggere la sua immagine, Izuna era stato costretto ad alzare gli occhi al cielo per non vedere ancora il pivello emergere ostinato dall’acqua limpida. La punta della sua lunga coda era finita in una pozza.
Chissà se all’accampamento qualcuno sapeva che oggi era il suo diciassettesimo compleanno. Se ne era andato anche per questo, Izuna detestava le frasi di circostanza. Se nemmeno suo padre e i fratelli minori si erano mai ricordati quando era nato, non aveva senso che lo facessero dei perfetti estranei. I genitori non potevano permettersi di affezionarsi ai figli e i fratelli non dovevano legarsi troppo tra loro, la guerra ne portava via così tanti che avere tanti bambini era l’unico sistema per conservare qualche piccolo frammento di cuore. Era impossibile ricordarsi il compleanno di tutti.
La vita era così effimera che nemmeno le amicizie tra bambini erano state possibili, quella stessa riva lo aveva visto puntare la spada alla gola di Tobirama. Anche quel giorno Izuna non si era potuto permettere di piangere, Madara aveva ottenuto lo Sharingan a causa del dolore di dover lasciare il migliore amico, era sempre stato un ragazzo sensibile e bastava poco per farlo affezionare. I compromessi per mantenere vivo qualche familiare erano dovuti passare anche da questo.
Di pezzetti di cuore ne erano rimasti solo due, lui e Madara.
Madara, l’unico che ricordava la data del suo compleanno, il solo da cui Izuna sarebbe stato felice di sentirselo dire.
Le occasioni in cui Izuna aveva potuto festeggiare il compleanno insieme al fratello maggiore si contavano sulle dita di una mano. Madara era sempre fuori in battaglia, spesso per interi mesi, tornava solo durante i brevi periodi di pace o se era ferito. Madara rischiava la vita ogni secondo, forse in quel momento il suo cuore poteva essere già fermo.
Attanagliato dall’angoscia, Izuna non era più riuscito a trattenere le lacrime; gli rotolavano sulle guance una dietro l’altra, sarebbe stato un disastro se fosse successo davanti a tutti gli altri.
<i>“Ani, permettimi di venire con te. Non ce la faccio più a vivere nell’attesa e nell’ansia, potrei aiutarti e tu rischieresti meno.”
“Non se ne parla almeno finché non sarai maggiorenne, se perdessi il mio Otouto ne morirei pochi istanti dopo.”
</i>
Izuna non avrebbe mai potuto dimenticare la carezza di Madara, lo sguardo dolce che aveva avuto solo per lui. Avevano fatto il grande errore di volersi bene e questo poteva trasformasi nella loro rovina.
L’unico difetto di Madara era farsi trascinare dall’amore e Izuna era stato un frignone tale che glielo aveva permesso. Erano rimasti solo loro due e Izuna si era concesso il lusso di cedere, non era stato forte abbastanza. Le dita sottili e tremati di rabbia si erano allungate alla cieca per afferrare un altro ciottolo, il braccio si era alzato per caricarsi e dare finalmente una bella lezione al moccioso che lo guardava dall’acqua. Un altro anno era un’attesa troppo lunga per poter finalmente combattere al fianco del suo Ani, sarebbe potuto accadere di tutto.
Il lancio non era partito, qualcosa aveva bloccato il polso di Izuna. Una presa decisa ma gentile, abituata a usare armi ma che sapeva anche decidere di non fare male. Asciugarsi le lacrime con la manica della veste significava farsi beccare con le mani nel sacco, voltarsi pure. L’unica via d’uscita di Izuna era stata guardarlo attraverso il riflesso.
Vicino al moccioso era apparsa una figura imponente. Giovane, appena un ragazzo anche lui ma già un uomo fatto, il viso bellissimo. Gli sorrideva, non sembrava possibile che quegli occhi amorevoli potessero uccidere in pochi secondi. La presa sul polso di Izuna si era sciolta tasformandosi in una carezza, gli aveva risalito il braccio per posarglisi sulla spalla.
Senza sollevare la mano dalla spalla di Izuna, Madara gli era scivolato seduto accanto, aveva rannicchiato le lunghe gambe quanto bastava per restare giusto un millimetro fuori dall’acqua.
Izuna lo guardava con la coda dell’occhio, rannicchiato con le braccia intorno alle ginocchia. Aveva tirato su col naso tanto ormai era inutile nascondere il frignone che era.
Madara se lo stringeva delicatamente addosso con un braccio. Quando rientrava dalle battaglie era irriconoscibile, incrostato di sporcizia e di sangue non suo, lanciava l’armatura ammaccata davanti alla tenda del fabbro senza dire niente, nessuno osava rivolgergli la parola prima della doccia e una bella dormita. Ma stavolta Madara appariva impeccabile, pulito. Era pallido, ma chissà quanti chilometri aveva fatto per arrivare lì dopo giorni di combattimenti.
“Buon compleanno, Otouto.”
Izuna era sobbalzato alla frase gentile. Era rimasto senza fiato, Madara era tornato dal fronte per dirgli quelle tre parole. Le lacrime avevano ripreso a scorrere ma Izuna non se ne vergognava più, guardava il fratello maggiore con il mento tremante e il cuore gonfio d’amore.
“Perdonami, non ho fatto in tempo a farti un regalo.”
“Ani, mi basta la tua presenza. E che tu sia vivo” Izuna lo aveva abbracciato affondandogli il viso nel petto, Madara lo accarezzava senza giudicare i suoi singhiozzi. Non lo aveva mai fatto.
“Ehi, non voglio il mio Otouto triste nel suo giorno speciale” Madara gli aveva afferrato le spalle per raddrizzarlo con decisione e premura “Sono qui per farti passare una bella giornata, io e te da soli.”
Izuna non trovava le parole per mettere insieme una risposta mentre Madara gli scostava la frangia con le dita per baciarlo sulla fronte.
“Vieni, non ci crederai ma in mezzo a questo inferno è sopravvissuto un angolino di Paradiso.”
Madara si era alzato, Izuna non aveva potuto rifiutare la sua mano tesa.
La spensieratezza era stata così rara nella vita di Izuna che ogni piccolo particolare gli sembrava irreale. Ubriaco di gioia, ammirava i fiori rosa scuro degli arbusti di chaenomeles, sbocciavano timidi sui rami ancora spogli. La mano di Madara stringeva lieve la sua. Le parole non servivano, Izuna non voleva rischiare che potessero rompere il sottile velo della gioia. Izuna non chiedeva a Madara dove lo stesse portando, il fratello maggiore si era scusato per non avergli regalato niente, ma i doni che Izuna aveva intorno non avevano prezzo.
Il movimento della brezza di fine inverno aveva aperto la strada alle note di una canzone, Izuna aveva arrestato il passo allarmato, un lieve strattone alla mano di Madara per attirare la sua attenzione.
“Ani, ma siamo in guerra.”
“Non preoccuparti, Otouto. Fidati di me.”
Izuna era sobbalzato quando Madara si era voltato verso di lui, lo Sharingan gli brillava negli occhi. Era così che Madara intendeva camuffare la loro identità. Il grande aveva sorriso, non è detto che un’arma potenzialmente letale debba uccidere per forza.
Madara aveva ripreso a camminare silenzioso e fluido, sembrava volare, le punte dei lunghi capelli si erano sollevate sfiorando la mano del minore. Izuna lo aveva sempre ammirato per l'innata grazia che metteva nei movimenti.
“Di solito i festival di primavera iniziano più tardi e il tuo giorno speciale ne resterebbe escluso” Madara spigava pacato mentre convinceva le guardie all’ingresso a lasciarli passare “Ma in questo piccolo villaggio non hanno una data fissa, iniziano quando sentono che la primavera sta per esplodere. Quest’anno il clima è particolarmente mite e la natura sta reagendo di conseguenza.”
Izuna si guardava intorno strabiliato, c’erano fiori dappertutto. Alle finestre, sulle porte, avvolti ai tronchi degli alberi e pendevano dai balconi. Profumo di deliziosi dolcetti si spandeva nell’aria, Izuna si era accorto di avere fame, d’altronde era già l’ora di pranzo.
Ogni sguardo che incrociava il loro diventava vuoto e tornava dritto sulla strada, Izuna si chiedeva cosa mostrasse Madara.
“Puoi chiedermi tutto quello che vuoi. Non ti ho regalato niente ma ora possiamo rimediare” Madara lo guardava sorridente, gli aveva preso le mani. Si trasformava così solo per lui.
Madara si era fermato davanti alla vetrina di una pasticceria, i dolcetti esposti erano a forma di fiore e avevano i colori più accattivanti del mondo. Forse perché Izuna aveva lo stomaco vuoto, oppure erano davvero molto belli, ma non poteva fare a meno di fissarli.
Madara guardava felice il fratello mentre la donna sorridente ma con lo sguardo vuoto metteva in una busta tutto quello che Izuna aveva chiesto.
“Vieni con me” la voce di Madara era stata un soffio lieve, una carezza.
Madara era riuscito a scovare un angolino appartato nella piazza della festa, aveva fatto sedere Izuna su un fazzoletto di prato e gli aveva chiesto di avere ancora qualche minuto di pazienza.
Izuna aveva ammirato i musicisti finché il fratello non era tornato con una bottiglia di liquore alla prugna e due bicchieri.
“Dobbiamo festeggiare” aveva detto Madara facendo il primo brindisi.
Izuna era estasiato, il compleanno più bello che avesse mai avuto. Aveva perso il conto di quante volte lui e Madara si erano abbracciati e sorrisi.
Erano rimasti là fino all’ora di cena. Appoggiati al tronco dell’albero dietro di loro, avevano ammirato ballerini e spettacoli teatrali. Ridevano rievocando i loro ricordi più belli, la guerra e i fratellini persi in quel mondo perfetto non esistevano. Era davvero un giorno speciale, forse per quello la primavera era arrivata prima.
Izuna si sentiva in imbarazzo per essersi finito da solo quasi tutti i dolcetti, ma erano deliziosi e lui era rapito dalla gioia. Madara ne aveva sbocconcellato solo qualcuno, il più piccolo si era accorto del suo viso sempre più pallido e imperlato di sudore, tenere lo Sharingan attivo da ore doveva costargli fatica.
“Ani, andiamo a mangiarci qualcosa di diverso.”
Madara non era mai stato molto ghiotto di dolci, forse per quello non aveva assaggiato praticamente niente.
“Come dire di no al mio Otouto nel giorno della sua festa?” prima di alzarsi Madara gli aveva sfiorato la gamba.
Izuna aveva finto di scegliere a caso, ma in realtà era stato attento che nel ristorante selezionato servissero gli Inarizushi, Madara ne andava matto.
Quanti ne aveva vissuti di giorni così? Quante volte Izuna si era seduto a cenare tranquillamente in compagnia del fratello maggiore? Non riusciva a ricordarlo, forse meno di dieci. Quella poteva essere l’ultima, domani Madara sarebbe tornato al fronte senza portarlo con sé e avrebbe potuto non rivederlo più. Izuna aveva resistito alla tentazione di attivare lo Sharingan per registrare ogni istante del giorno più bello della sua vita, lo avrebbe custodito comunque per sempre.
L’inizio dei fuochi d’artificio aveva fatto saltare Izuna di gioia.
“Ani, andiamo a vedere. Non ricordo di avere mai visto uno spettacolo come questo.”
Afferrando la mano del fratello e ammirando incantato i fiori che adesso si disegnavano anche nel cielo, Izuna non aveva realizzato che Madara non aveva gradito nemmeno il suo piatto preferito.
Ci aveva ripensato sulla via del ritorno quando la malinconia della bellissima giornata ormai al termine lo aveva attanagliato.
“Ani, ti sei scusato per non avermi regalato niente, ma…” Izuna si era dovuto voltare, Madara era rimasto qualche metro indietro “Mi hai donato il giorno più bello della mia vita.”
L’abbraccio di Madara non aveva avuto bisogno di parole. Il maggiore aveva il respiro pesante.
“Ani, stai bene?”
“Non preoccuparti, Otouto, sono solo stanco. Addormentare un intero villaggio è sfiancante come un giorno al fronte” Madara avrebbe voluto ridere, ma gli era uscito solo qualche colpo di tosse.
Non si erano più sciolti dall’abbraccio fino all’accampamento Uchiha. Izuna si era tranquillizzato, Madara aveva solo bisogno di una bella dormita.
Erano poco più delle nove ma il buio era sceso da un pezzo. Nessuno si era permesso di disturbare il leader durante il suo piacevole impegno, li salutavano augurando buon compleanno a Izuna e li lasciavano proseguire.
Izuna intuiva la premura che Madara aveva messo nell’organizzazione di quelle poche ore. I due fratelli si erano stretti ancora più forte.
“Ani, posso dormire con te stanotte?” Izuna si era fatto riluttante davanti all’alloggio del fratello.
Sì, era un codardo. Temeva che l’indomani Madara andasse via senza salutarlo.
“Ani?”
Madara non gli aveva risposto, era rimasto a fissare l’entrata dell’alloggio con gli occhi vuoti e il viso lucido di sudore.
“Ani?”
Madara era scivolato dalla stretta di Izuna, aveva raggiunto la porta come se entrare nella tenda fosse l’unica via di fuga dal mondo che si stava disintegrando.
Izuna lo aveva seguito con gli occhi dilatati dalla tensione. Fatti pochi passi, Madara si era accasciato per rigettare il poco che era riuscito a mandare giù. Non aveva opposto resistenza alle mani di Izuna che lo guidavano a stendersi sul pavimento. Strano, questo aveva fatto allarmare Izuna ancora di più.
Madara, ansimante e sudato, aveva chiuso gli occhi. Izuna aveva notato una macchia che andava allargandosi sulla destra del ventre, il blu scuro della veste e il buio l’avevano mimetizzata finché non era diventata enorme. La mani tremanti di Izuna avevano iniziato a spogliare il fratello finché non si era ritrovato i polsi immobilizzati in una dolorosa morsa, Madara avrebbe potuto spezzarglieli entrambi.
“Ho passato tante volte il compleanno solo e dimenticato, so quanto sia doloroso” Madara aveva fatto uno sforzo immane per riaprire gli occhi e guardare suo fratello “Voglio ricordarti con lo sguardo pieno di gioia che hai avuto tutto il giorno.”
“Ani, smettila e fammi vedere” Izuna era riuscito a divincolarsi dalla presa solo perché Madara lo aveva lasciato andare.
Madara si era lasciato spogliare, gli strati di bende con cui si era tamponato la ferita ormai grondavano sangue dappertutto. Non era stato colpito in zone vitali, ma una grossa lama lo aveva trafitto alle spalle e aveva perso molto sangue. Vigliacchi, avrebbero sempre avuto paura di guardare il faccia chi ha lo Sharingan.
Una ferita non letale se curata subito, ma ormai poteva essere troppo tardi.
“Perché non hai chiesto aiuto, Ani?”
“Non potevo permettermi di non rivederti più, non è giusto che un ragazzo della tua età non possa godersi gli ultimi anni della giovinezza. Volevo darti la spensieratezza che io non ho avuto…”
“Basta, non parlare” Izuna gli aveva posato un dito sulle labbra.
Madara si era fatto accompagnare a letto, non avrebbe subito docile la pulizia della terribile ferita se non fosse stato Izuna a farlo. Niente da fare, in pochi secondi il sangue aveva impregnato il materasso.
“Ani, vado a cercare aiuto” Madara non reagiva più, nemmeno alle carezze del fratello minore sulla fronte sudata “Resisti, sii forte come sai fare tu.”
Era triste, a diciassette anni compiuti da poche ore, trovare repellente una splendida notte di fine inverno. Era mostruoso provare fastidio persino sentendo la folta coda sfiorare la schiena.
Un ragazzo di quell’età non avrebbe dovuto correre così angosciato da restare senza fiato, talmente spaventato dalla possibile morte del fratello maggiore da non riuscire neanche a piangere. Cercare di salvare l’unico familiare rimastogli non avrebbe dovuto essere un tradimento nei confronti del defunto padre. Izuna non riusciva a scacciare dalla mente l’immagine di padre e fratelli che si stavano rivoltando nella tomba a causa della sua decisione.
Era ingiusto.
Madara aveva scelto di morire pur di vederlo per l’ultima volta, per non fargli passare il compleanno da solo. Se Madara avesse perso tempo per farsi curare la ferita, forse avrebbero potuto parlarsi di nuovo solo nell’aldilà tra chissà quanti anni.
Madara aveva scelto, ora toccava a lui. Purtroppo nell’accampamento Uchiha non c’era nessuno in grado di occuparsi di ferite così gravi, casi come quello di Madara venivano spediti in ospedale il più presto possibile.
Dopo aver mandato giù un nodo di angoscia, Izuna era più determinato che mai.
Non era quello il momento di pensare al canto dell’usignolo, alla luna e al profumo dei fiori.
Izuna aveva attivato lo Sharingan ma non riusciva a trovare il metodo migliore per usarlo, non aveva idea come Madara li avesse fatti passare indenni attraverso un villaggio in festa in piena guerra.
Dieci minuti a fissare l’accampamento Senju dalla cima di un albero erano troppi, Madara non aveva molto tempo.
Izuna tremava, non avrebbe potuto muoversi finché l’uomo dai capelli argentati non si fosse deciso a schiodarsi di lì. Era la prima volta che Izuna vedeva Tobirama senza elmo, parlava con Hashirama davanti all’alloggio di quest'ultimo e se la stavano prendendo comoda. Tobirama desiderava vedere Madara morto praticamente da quando era nato, non avrebbe esitato a far fare la stessa fine anche a Hashirama se fosse diventato amico di un qualunque Uchiha.
Tobirama era infastidito per avere suscitato l’ilarità del fratello, a quanto pare era convinto di avere appena detto la frase più importante del mondo. Si era puntellato le mani sui fianchi finché Hashirama non lo aveva tranquillizzato. Nonostante tutto, Hashirama era la persona più affabile che Izuna avesse mai conosciuto, avrebbero potuto andare avanti a parlare per ore, forse per l'intera nottata. Hashirama era l’unico in grado di salvare Madara.
Izuna aveva deciso di usare lo Sharingan per anticipare le mosse dell’ignaro Tobirama, aveva catturato il suo sguardo in un attimo senza farsi scoprire. Era stato sufficiente sorprendere Tobirama girato casualmente verso l’albero su cui si nascondeva.
Quando Tobirama era tornato a guardare in direzione del fratello, aveva visto solo la fiamma delle grosse torce ondeggiare sotto una folata di vento improvvisa. Hashirama era scomparso, ma qualcosa nella testa gli impediva di preoccuparsene.
Hashirama aveva smaltito in pochi secondi lo stupore di essere stato quasi rapito da un ragazzino, si era accucciato tranquillo sul grosso ramo e guardava Izuna sorridente.
Sorrideva a un Uchiha che aveva fatto irruzione nella base Senju per sorprendere il leader alle spalle. Puzzava di bruciato, poteva essere un trucco, Izuna aveva deglutito con fatica e il cuore a mille. Lo Sharingan sempre pronto a scattare.
Doveva parlare, la vita di Madara era nelle sue mani. Nella peggiore delle ipotesi sarebbero morti entrambi quella notte, niente se paragonato al dolore di dover trascorrere l’intera vita senza il suo Ani.
“So perché sei qui, Izuna.”
Hashirama lo aveva anticipato. Il tono pacato, comprensivo. Hashirama lo stava aspettando, era ovvio che si era lasciato prelevare di proposito.
Izuna non era riuscito a trattenere lo sbalordimento, gli occhi gli si erano dilatati. Hashirama aveva abbassato lo sguardo, il viso contrito, le mani strette in grembo.
“Ho sempre ammirato gli Uchiha per la loro comprensione dell’amore” nonostante Hashirama tenesse lo sguardo basso, Izuna si era accorto che aveva gli occhi lucidi “Io e Tobirama ci vogliamo bene, abbiamo sofferto per la perdita dei nostri fratelli, ci affezioniamo agli amici. Ma non come voi, mai fino a farci male.”
Izuna era paralizzato, senza parole. Hashirama sapeva chi aveva ferito Madara e ne era addolorato, non aveva mai smesso di considerarlo un amico. Izuna non aveva avuto il coraggio di chiedergli se fosse stato Tobirama.
“Andiamo, Izuna, non c’è tempo da perdere.”
Le spiegazioni non erano state necessarie, Hashirama si era diretto senza esitare verso la base degli Uchiha, non si era mai voltato indietro per tutta la strada. Izuna aveva avvertito comunque la terribile apprensione che Hashirama si era sforzato di nascondere, gli traspariva dal volto sudato e dall’espressione aggrottata. Gli erano apparse gore sulla veste e i lunghi capelli castani erano ormai appiccicati. Hashirama teneva davvero a Madara, le sue parole d’ammirazione erano state sincere, Izuna si sentiva meno riprovevole verso il padre e i fratelli che non c’erano più.
Hashirama era un leader, uno a cui è richiesto di incoraggiare gli altri e trovare soluzioni al volo anche se si mette male, se reagiva così le condizioni di Madara erano disperate. Izuna aveva deglutito a secco e serrato i pugni, adesso toccava a lui inventarsi qualcosa per far entrare Hashirama nell’accampamento.
I passi di entrambi si erano fermati all’unisono davanti all’ingresso, Hashirama aveva guardato Izuna nello Sharingan attivo senza temerlo, aveva sorriso al cucciolo costretto a sfoderare zanne e artigli dalla nascita.
Izuna avrebbe dovuto mostrare alla gente qualcosa di familiare, camuffava Hashirama con l’immagine di Madara nella testa di chiunque li guardasse. Loro non avevano lo sguardo vuoto come le persone che avevano subito l’illusione di Madara poche ore prima. Reagivano, sorridevano.
“Buon compleanno, Izuna” lo salutavano.
Izuna rispondeva con quel minimo di sorriso che l’angoscia gli permetteva, sperava si accorgessero che aveva fretta. Si sentiva morire. Non aveva più la forza di detestare le frasi di circostanza.
“Capo…” un uomo si era inchinato davanti ad Hashirama “Spero abbiate passato una bella serata.”
“Certamente. Ho bisogno di riposare, ci vediamo domani.”
Izuna aveva sovrapposto la voce di Madara alla risposta, il tono andava bene, Hashirama doveva essere molto affezionato a Madara per conoscerlo così bene. Izuna era sempre più meravigliato e sempre meno in colpa nei confronti della famiglia.
Una volta dentro l’alloggio di Madara, Izuna aveva disattivato lo Sharingan, Hashirama aveva inspirato e compresso le labbra davanti alla pozza di sangue rimasta nell’ingresso.
La zona riposo era separata da un tendaggio, Hashirama lo aveva scostato deciso per entrare. Izuna esitava, ogni passo verso il letto di Madara gli costava fatica, sentiva le gambe di pietra. Nella tenda regnava un silenzio di tomba, Izuna non aveva preteso di trovare Madara in piedi e pimpante, ma si era aspettato di sentirlo almeno respirare o lamentarsi.
Izuna sentiva i propri passi rimbombare nel vuoto dello sconforto. Il bianco che si era impadronito del viso di Madara, Izuna lo aveva visto spesso ma solo in determinate occasioni. Nei campi di battaglia sul volto dei morti.
“Izuna, portami la tua spada.”
Hashirama era chino sul corpo di Madara, lo stava esaminando dopo averlo liberato di coperte e vestiti. Izuna aveva sentito la sua voce distorta.
“Perché? A che serve?” Izuna non capiva come avesse fatto a parlare, sentiva il corpo scomparire, polmoni compresi. Le gambe gli si erano trasformate da pietra in gelatina.
“Devo agire sul cuore” Hashirama si era raddrizzato, lo sguardo solido “È fermo, ma sento la pelle ancora calda. Sbrigati, Izuna, stiamo parlando dell'ultima scintilla di vita e dobbiamo afferrarla al volo. Tobirama ha inventato una nuova tecnica, ma… svelto, Izuna!”
A quanto pare, il sistema ideato da Tobirama non era abbastanza per il suo migliore amico.
Madara era morto. Per forza, Izuna lo aveva lasciato nella pozza del suo sangue chissà per quanto, non aveva idea di quanto tempo fosse passato. Si era lasciato sfuggire un gemito correndo fuori dall’alloggio, si sentiva uno schifo, appena fuori la porta si era dovuto piegare per vomitare.
Aveva ucciso suo fratello perdendo tempo, avrebbe voluto buttarsi per terra e restare lì a morire di stenti finché qualcuno non fosse passato per gettare il suo cadavere nella spazzatura.
Ma le parole di Hashirama gli avevano guidato i piedi fino alla sua tenda, e le mani a recuperare la stessa spada che aveva sfiorato la gola di Tobirama. Rendersi colpevole di altro temporeggiare sarebbe stato il delitto definitivo.
La lama aveva tintinnato a causa del tremito mentre la consegnava ad Hashirama, ma il leader Senju non avrebbe giudicato il suo strazio. Nemmeno l'arma che era stata a un passo dallo sgozzare il fratello.
Lo scricchiolio delle ossa di Madara era arrivato prima dell’immagine di Hashirama che impugnava la spada per aprirgli il petto, Izuna non era riuscito a soffocare il grido di orrore. Si era sentito le gambe molli vedendo la lama uscire dal corpo di Madara imbrattata di rosso. Quando Hashirama si era lacerato un pollice per poi infilare la mano dentro Madara, Izuna era dovuto balzare fuori dalla stanza per non svenire.
Izuna si era rannicchiato nell’angolo più lontano per cercare di non sentire altri rumori, si era preso la testa tra le mani e piangeva così disperato da sfiorare la crisi respiratoria a ogni singhiozzo.
Cosa era la guerra? A cosa serviva a parte distruggere vite? Se Senju e Uchiha fossero vissuti in pace Madara non sarebbe stato costretto a morire per lui, nessuno avrebbe mai dovuto lottare per la piccola gioia di festeggiare un compleanno.
Passi dietro di lui, leggeri come l’aria, era stato talmente codardo da sedersi addirittura di schiena per non rischiare di vedere. Izuna aveva raddrizzato le spalle senza voltarsi, le mani che ci si erano posate lo avevano guidato per rimettersi in piedi.
Izuna e Hashirama si guardavano negli occhi. Uno ancora piangeva in attesa di risposte, l’altro era sereno. Il dito che Hashirama si era tagliato per donare le sue cellule a Madara era fasciato, ma si sarebbe rimarginato in poche ore.
“Hai fatto la scelta giusta, ragazzo” Hashirama ora gli sorrideva “È l’inizio che desideravo da tanto, ma adesso dobbiamo arrivare alla fine del cammino. So che sei in grado di capirmi, lo è anche Madara. Nessuno può farlo meglio di voi.”
Izuna era un poco rincuorato, ma la risposta non era arrivata. Fissava l’uomo di fronte a lui ancora scosso dai singhiozzi.
“Dai vieni, ho bisogno ancora del tuo aiuto per arrivare all’uscita” avviandosi alla porta, Hashirama gli aveva circondato le spalle con un braccio “Dopo potrai andare da lui, tra un paio di giorni sarà come nuovo.”
Izuna aveva riattraversato l'accampamento correndo a perdifiato, anche sgraziato visto che aveva travolto un gruppetto di persone e rovesciato una cisterna d’acqua.
“Ehi, ma cosa è stato?” i poveretti finiti col sedere per terra non erano riusciti a vederlo.
Due respiri per calmarsi davanti all’alloggio di Madara, poi l’angoscia e la macchia di sangue sul pavimento non avevano avuto più importanza. Era impossibile non fidarsi di Hashirama.
Izuna aveva acceso solo una piccola torcia nella stanza del fratello, non voleva disturbarlo se dormiva, ma doveva sapere.
Hashirama lo aveva sistemato con un materasso e coperte puliti, lo aveva lavato. Le mani di Madara erano appoggiate sulla coperta, i lunghi capelli sparsi sul cuscino. Era immobile, Izuna avrebbe dovuto avvicinarsi ancora per capire almeno se respirava.
Il viso di Madara era sereno, bianco, ma era il tono naturale della sua carnagione. Dormiva come un sasso, Izuna si era sgonfiato in un sospiro vedendo il movimento del petto fasciato.
“Otouto, che fai lì impalato?” Madara aveva parlato senza aprire gli occhi, la voce era chiara. Aveva solo teso le dita verso il fratello “Se vuoi dormire con me togliti quella roba e vieni qua.”
“Ani” Izuna si era buttato di schianto in ginocchio per afferrargli la mano che si era mossa “Ani, sei qui!”
“Dove sarei dovuto andare? Sono stanco morto” Madara aveva aperto un solo occhio per guardare il fratello tremante di gioia “Dai, vieni a sdraiarti.”
Madara non ricordava niente, meglio così. Il suo cuore si era fermato e non sarebbe stato certo Izuna a raccontarglielo. Il bene e le azioni coraggiose non si fanno per vantarsene con la gente, ma questo Izuna lo aveva imparato da tempo.
Izuna era scivolato sotto le coperte accanto al corpo caldo del fratello, Madara si era messo su un fianco per abbracciarlo.
“Grazie, Ani. Questo è stato il compleanno più bello della mia vita.”
“Ti voglio bene. Mi sono divertito anche io” Madara gli aveva scostato la frangia per posargli le labbra sulla fronte, le aveva lasciate lì.
“Ani…”
“Uhm?”
“Il regalo puoi farmelo adesso, se vuoi. Mancano ancora dieci minuti alla mezzanotte, è ancora il mio compleanno, no?”
“Tutto quello che desideri, basta che tu non mi chieda di alzarmi.”
“Non posso perderti, sei la mia vita” la voce di Izuna tremava “Muoio di angoscia ogni volta che vai via. Possiamo far finire tutto questo, Ani. Nessuno deve rischiare la vita per festeggiare il compleanno del fratello. Nessuno dovrà più piangere la famiglia.”
Madara aveva riaperto un solo occhio per guardarlo, fingeva un'espressione accigliata.
“Mi sono impuntato, ti avevo gridato che non volevo” gli occhi di Izuna erano lucidi “Ma sbagliavo, Ani. Basta solo che tu lo voglia.”
“E sia, il mio Otouto ha più giudizio di me” Madara aveva sospirato dopo averci pensato su qualche istante, le labbra di nuovo sulla fronte di Izuna “Hashirama è sempre stato il mio migliore amico, ma non siamo mai potuti stare insieme.”
Madara era nel dormiveglia, altrimenti non avrebbe mai confessato la verità. Non si sarebbe mai neanche lasciato sfuggire quella lacrima che Izuna aveva asciugato con la punta del dito. Si era accoccolato felice vicino al fratello maggiore, non era mai stato così sereno pensando al futuro.
Si era addormentato sognando la loro nuova vita.