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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: HOW TIME STILL AT THE TIME? - QUANTO TEMPO ANCORA AL TEMPO?
Genere: Sentimentale, Drammatico, Dark
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: 666-lilith-666 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 28/07/2007 12:34:53

" Quello che vi racconterò sarà l'inizio della mia fine giunto all'inizio del mio inizio. "
 
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- Capitolo 1° -

E' un progetto... Questa storia verrà letta ad un congresso *-*




PREMESSA:

Aggressività.

Violenza. Irruenza.

Sul vocabolario scrivono solamente dei sinonimi di questo.
Non scrivono altro.
Non scrivono nell'esattezza cosa si fa e cosa succede. Non scrivono cosa porta a diventare aggressivi.
Loro probabilmente neanche lo sanno...
Scrivono ciò che gl'interessa. Come dargli torto? E' il loro lavoro...
Scrivere significati di parole senza scavare realmente a fondo.
Ma forse sono io che mi sbaglio... Forse sono io che chiedo troppo.
L'aggressività non è un modo di comportarsi soltanto.
E' più che altro un modo di presentarsi agli altri.
Ma più di tutto... Un modo di presentarsi a sè stessi.
Questo libro non sarà certo in grado di presentarvi tale realtà.
Questo libro non ha certo la prerogativa di aprirvi gli occhi su un problema simile.
Questo libro non ha certo la presunzione di presentarvi il mondo di chi soffre.
Questo libro vi racconterà semplicemente una vita. Un dolore. Una soluzione al dolore.
Servirà a farvi accettare il dolore non come tale, ma come punto d'inizio per una felicità parziale. La vera felicità la troverete da soli. Con le vostre vite.
Ed ora... Buon inizio. Quello che vi racconterò sarà l'inizio della mia fine giunto all'inizio del mio inizio.
Grazie a tutti.

Firmato:

Dubert Logan




QUANTO TEMPO ANCORA AL TEMPO?

Un tempo io ero aggressivo. Così mi dicono almeno...
Io non ho grandi ricordi del mio passato. Feci un'incidente stradale che mi portò via gran parte della memoria... Oltre alla voglia di tornare a vivere... Quello fù un periodo "nero" per me... Avevo visto la morte in faccia, e posso assicurarlo... Non ha un bell'aspetto...
Io non sò se prima dell'incidente avevo famiglia, amici... Insomma, qualcuno che mi amasse... Non lo sò davvero...
In ospedale restai circa due mesi. A volte passavano a trovarmi delle persone. Non si fermavano a parlarmi... Ricordo solamente che portavano sempre dei fiori. Erano fiori belli... Neri. Rose nere. Mi ha sempre affascinato quel colore. Lo ricordo almeno questo...
Quelle persone mi fissavano. Nei loro occhi non riuscivo a leggere dispiacere, tristezza... Erano semplici occhi che mi fissavano impassibili.
Un giorno venne a trovarmi una ragazza.
Anche lei mi aveva portato dei fiori... Erano molto belli... Rose bianche. Una volta tanto avevano cambiato. Il loro profumo mi entrava nelle narici lasciando dietro di se un senso di tranquillità e armonia...
Lei era alta e non troppo magra. Capelli lunghi e lisci color dell'oro.
Gli occhi... I suoi occhi furono gli unici ad imprimersi nella mia mente...
Erano azzurro cielo. I contorni erano blu.
Ma non era il colore ad avermi attirato.
I suoi occhi erano tristi...
Non saprei dire se era triste per me, o se in giornata le era morto il gatto, sò solo che era la prima volta che qualcuno triste mi veniva a trovare.

Inizio Flash Back :

- Ciao... -
- Ciao... Chi sei? Ti conosco? -
- Più o meno... -
- Ah... -
- Come stai? -
- Beh... I dottori dicono che ho perso la memoria... Non sto benissimo... -
- Già... -
- Come ti chiami? -
- Chris... -
- E... Io? Io come mi chiamo? -
- Non ti è stato detto? -
- Si... Ma vorrei sentire te che pronunci il mio nome... -
- Scusa devo andare via. Non credo ci rivedremo. Quindi... Addio... -

Fine Flash Back.


Chris...
Bel nome... Insolito si, ma bello.
Comunque, tornando a noi...
Nei giorni a seguirsi io non la vidi più. Vidi solamente una sfilata di volti a me sconosciuti... Nessuno mi diceva il nome. Nessuno pronunciava il mio nome...
Quasi fosse un tabù...
Provai a ricordare chi fossi...
Provai a ricordare frammenti del mio passato.
Non ebbi alcun risultato. Il mio passato era lì. Davanti a me che rideva perchè non riuscivo a raggiungerlo. Perchè non riuscivo ad afferrarlo con entrambe le mani.
Quando uscii dall'ospedale dopo quei mesi di tortura, mi misi alla ricerca di me stesso. Frase fatta? "la ricerca di me stesso". Sembra il titolo di uno di quei film da intellettuali. Chissà... Magari c'è davvero un film simile. Però... E' questo ciò che feci.
All'ospedale mi dissero l'indirizzo di dove abitavo. Essendo maggiorenne potevo tranquillamente tornarmene a casa da solo.
Micerton Street 12.
Casa carina... Arredata per una sola persona. Me.
Ecco la risposta alle mie assillanti domande su con chi vivevo. Vivevo con la mia ombra. Ero solo.
La ricerca di me stesso, se così vogliamo chiamarla, cominciò proprio dalla casa.
Consisteva dal controllare scrupolosamente ogni oggetto, ogni fogliettino anche stroppicciato. Nel controllarli, vedere se ricordavo qualcosa... Nulla...
Vidi poi sopra il tavolo in cucina un'agenda. Era nera dai ricami ai lati dorati.
La aprì. Avevo davvero pochi numeri di telefono...
Circa una decina in tutta l'agenda...
Feci un paio di chiamate a queste persone, senza sapere se chiamavo proprio quelle persone che erano venute a trovarmi.
Riuscì con molta difficoltà ad avere degli appuntamenti. Tutti o quasi trovavano degli impegni improvvisi per non parlare con me.
Il giorno dopo avrei incontrato un certo Michel.
Dalla voce sembrava un tipo freddo e distaccato. Di quelli che meno li frequenti e meglio è per la tua stessa vita.
Mi svegliai presto, verso le sei e mezzo di mattina. L'appuntamento era per le otto e mezza al parco comunale.
Mi vestii con un paio di jeans larghi e una maglietta nera senza maniche.
Uscito di casa mi guardai intorno per cercare di cogliere anche i più minimi particolari... Magari anche i più stupidi e sciocchi. Ma a me andava bene tutto.
La strada era isolata. Non era un bel quartiere il mio. Non lo era affatto.
Chissà... Magari mi piaceva anche una volta. Magari ne andavo anche fiero...
Arrivai al parco che erano le otto e ventitre minuti.
Il sole mi scaldava e mi toglieva il rimpianto del letto in cui fino a poco prima era rimasto steso.
Non molto lontano dei bambini giocavano a rincorrersi. Una famiglia si sedeva su delle panchine e si preparava la colazione sul bancone davanti. Pic nic.
Io li avrò mai fatti i pic nic? Magari con i miei genitori da piccolo?
Dopo poco vedo la figura di un ragazzo farsi avanti.
Alto con un bel fisico. I capelli non cortissimi e castani che gli escono scomposti dal cappello e gli occhi verdi.
Sembra un ragazzo di quelli che la gente definisce "di strada". Maglia con il teschio e pantaloni neri con il cavallo che se non fa attenzione tocca terra.
Si è lui. La voce al telefono gli si addice.

- Ehm... Michel? -
- Ciao Logan. -
- Sei il primo che pronuncia il mio nome, sai? -
- Non fatico ad immaginarlo. -

Lo si capisce subito. Non è un ragazzo con un gran voglia di parlare.
Non ho voglia di camminare. Non ho voglia di sedermi. E a lui a quanto vedo gli va bene tutto basta fare in fretta.
Rimaniamo così, uno difronte all'altro che ci fissiamo.

- Perchè nessuno vuole avere a che fare con me...? -
- Tu credi che sia una disgrazia che non ricordi nulla del tuo passato? -
- Che intendi scusa? -
- Ciò che ho detto. -
- Beh... Si... Mi sembra ovvio... -
- Allora ti darò un consiglio. Non ricordare nulla. Non chiedere in giro del tuo passato. Meno sai meglio è. Fatti una nuova vita e non cercare di profanare la tomba. -
- Che? -
- Non andare in cerca del tuo passato. Non fare nulla. Rifatti semplicemente una vita. Hai diciannove anni, no? Aprofittane! Vai in giro, fatti tutte le ragazze che trovi e spassatela! -
- Se ho voluto incontrarti non è certo per sentirmi dire questo... Perchè non devo sapere nulla? Perchè tutti cercate di evitarmi? Perchè?! -
- Addio Logan. -

Michel se ne va.
Non sò perchè... Ma non mi affrettai a fermarlo. Rimasi solamente lì, immobile a fissarlo mentre se ne andava, ripensando alle sue parole.
"Meno sai meglio è."... Ma perchè? Cosa c'è di così terribile nel mio passato?...
Rimasi lì. In piedi come un'idiota. In piedi a fissare quella famiglia che continuava a mangiare la propria colazione
Pensavo.
Ora non posso spiegare a cosa pensavo... Ero troppo confuso per riuscire a formulare un pensiero e troppo stanco per provarci.
Era mattina ed io ero già stanco. Non avevo fatto nulla. Ed io ero già stanco.
M'incamminai per tornare indietro. Le persone che piano piano avevano cominciato a prendere vita sul viale, sembravano tutti burattini. Semplici burattini che si muovevano come automi.
Avanti e indietro.
Avanti e indietro.
Continuavano a percorrere cento volte la stessa strada. O forse ero semplicemente io che li vedevo tutti uguali.
Lo ripeto. Non era un bel quartiere il mio. Non lo era proprio. Troppo sporco. Troppo "malfamato". Troppo... Troppo di strada.
Un quartiere di quelli in cui la spazzatura la trovi sempre allo stesso punto anche dopo un mese, perchè tanto è inutile togliere sporcizia alle discariche, no?
Dicevo...
Quel quartiere chissà da quanti anni mi faceva da culla. Chissà da quanti anni mi faceva partecipe dei suoi dolori. Si. Perchè un quartiere prova dolore secondo me.
Tutti proviamo dolore, siamo umani in fin dei conti, ma un quartiere, prova un dolore più profondo.
Chiamatemi pazzo a pensare questo, ma se ci pensate... Ho ragione io. Dovreste dare ragione ad un pazzo.
Un quartiere è un'insieme di vite. Un'insieme di case. E' un'insieme di storie.
Brutte o belle che siano fanno parte di lui.
E quel quartiere sembrava che di belle storie non ne avesse.
Soffriva... Ecco cosa intendo dire. Soffriva anche il quartiere oltre alla gente che lo abitava.

Giorni.
Insiemi di secondi, minuti, ore. Insiemi di momenti e di futuri ricordi. I giorni passano.
La gente neanche se ne accorge di questo. La gente è sempre troppo impegnata per questo.
Chissà se anche io un tempo ero troppo impegnato nella mia vita per accorgermi di ciò che perdevo... Chissà se anche io un tempo ero come uno di quei burattini che camminano per strada e che critico.
Per oggi ho finito con le ricerche, come ho detto, sono troppo stanco.
Non pensate io sia un ragazzo pigro. Non lo sono... O comunque non lo sono ora.
Solamente che perdere le memoria implica grandi sforzi mentali per poi cercarla.
E' come quando uno specchio cade a terra.
Uno specchio ti ha visto crescere, ha visto tutti i tuoi cambiamenti, tutte le tue particolarità aumentare e scomparire negli anni.
Ha visto le tue lacrime e i tuoi sorrisi.
A me ora piace pensare che quello specchio che si trova in bagno, sia il mio passato.
Mi riflette ma non mi parla.
Mi guarda ma non mi vede. Come il mio passato.
Anche se lo tocco, io tocco solamente il vetro. E se io provo a toccare la mia memoria, tocco solamente un vetro che mi separa dal me stesso di un tempo.
Lo specchio... Se cadesse a terra, sarebbe come mandare in frantumi ogni cosa.
Sarebbe mandare in frantumi anche le mie speranze di ricordare.
Specchio come scrigno. Strano accostamento ma abbastanza corretto nel mio caso.
Tornato a casa, apro lentamente la maniglia della porta.
Torno a guardare tutto. Come sarebbe bello ricordare se le cose che si trovano qui sono regali o sono cose che ho comprato io...
Come sarebbe bello sapere qualcosa in più di me stesso.
Squilla il telefono.
Lo fisso mentre continua a squillare nel comodino accanto al letto.
Vado a sedermi vicino al cuscino e non smetto di guardarlo.
Sul display lampeggia insistente un numero di telefono. Un cellulare.
Poco dopo, lampeggiando a scatti, compare anche un nome.
Chris.
Non sò perchè ma vedendo il nome rimango con il fiato sospeso.
Chris... La stessa ragazza di quel giorno.
Prendo in mano la cornetta del telefono, la stringo forte e la accosto all'orecchio.
Dall'altra parte sento un flebile respiro.

- Pronto? Chris? -
- Ciao Logan... -
- Ti sei decisa a chiamarmi per nome vedo, facciamo passi avanti, eh? -
- Vorrei parlarti... -
- Di cosa? -

Pausa. Avete mai notato che le persone fanno sempre pause insistenti quando non si fidano di loro stesse e di ciò che potrebbero dire? Quasi vogliano organizzarsi i discorsi.

- Di te, Logan... Di ciò che eri... E' giusto tu sappia la verità... -
- Dove e quando. -
- Domani. Ci troviamo al bar di Berry alle quattro, okay? -
- Scusa, Chris... Non conosco Berry... -
- L'incrocio fra la prima e la seconda di Wolcker street. Lo noti subito come bar. Ci sono fuori tutte le sedie e i tavolini. -
- Va bene... Allora a domani alle quattro... -
- Ciao. -
- Ah! Chris gra... -

Ha già messo giù. Non ha importanza. La ringrazierò domani.
Mi stendo sul letto. Non è molto comodo, ma sembra che abbia la forma del mio corpo anche dopo due mesi d'assenza. O forse sono solamente io che ho troppo sonno.
Chiudo leggermente le palpebre.
Mi sento bene ora. Affondo meglio il volto nel cuscino girandomi e mettendomi a pancia sotto. Si. Sto decisamente bene.
Sogno.
I sogni secondo certi sono esperienze di vite vissute che ricordiamo. Come i deja wu.
Secondo altri sono un misto fra il nostro passato, il nostro futuro, il nostro presente e la nostra fantasia. Per altri ancora sono solamente fantasia.
Io ho una teoria tutta mia.
La vita che viviamo è un sogno, o incubo a seconda dei casi, e quando ci addormentiamo e sognimo, torniamo semplicemente alla realtà.
Ci sono così tante teorie sui sogni... Credo di averne anche lette alcune su un libro che ho trovato su una mensola in salotto.
La conoscenza dei sogni parte da noi. Di Hieden Polasky. Non sò neanche se come libro mi è piaciuto. Ammetto che è davvero frustrante tutto questo.
Passo tutta la giornata a letto.
Non sto dormendo davvero... Sto solamente pensando ad occhi chiusi.
A me... A chi conosco...
Non ho foto. Neanche una. Nessuna foto che possa ricordarmi qualcosa.
Alla fine sono esausto. Nel vero senso della parola. Crollo dal sonno nel letto, con un solo pensiero: Chleris. Domani. Quattro. Berry.

Il giorno dopo mi sveglio a mezzogiorno, colto all'improvviso da un rumore proveniente da fuori.
Un clackson. Un rumore assordante. Urla. Fumo. Fiamme.
Mi sporgo il più possibile dalla finestra per accertarmi dell'accaduto.
C'è una gran folla in strada. Tutti si sono ammassati vicino ad un ragazzo in moto catapultato circa cinque metri dalla vettura, e ad un signore in macchina che è andato a sbattere contro un albero.
Gl' incroci sono pericolosi. Già... Molto.
Sangue. C'è così tanto sangue... Io ho paura del sangue.
Urla.

[ Perchè diamine urlano tutti così forte?! Perchè non la smettono?! ]

Mi tappo instintivamente le orecchie e mi accuccio a terra tenendomi stretto fra le ginocchia il capo.

[ Basta. Basta, smettetela! Non vi sopporto! ]

Il suono della sirena dell'ambulanza. Come stride. Tanto... Troppo. Decisamente troppo per i miei gusti.
Sento le voci delle persone dire cose senza senso. Continuano ad urlare. Continuano a fare chiasso inutile.

Inizio Flash Back :

Una macchina percorre a tutta velocità l'autostrada.
- Ehi, ragazzi, volete vedere come riesco a superare tutti 'sti idioti? -
- Logan, basta... Fa attenzione Logan, rallenta! -
- E basta Chris, cazzo! Lasciami fare! -
- Logan, Chris ha ragione! Rallenta porca troia! Qui ci schiantiamo! -
Il ragazzo che guida lascia il volante. si gira verso l'amico.
- Lo... Logan? Che fai?! Torna al volante! -
- No. Ora vedrete che il nostro destino è già segnato. Vedrete che non succederà nulla. -
La ragazza lo guarda impaurita e torna a guardare la strada, accorgendosi che un camion gli sta andando adosso cerca di prendere lei in mano il volante ma non fa in tempo.
L'automobile finisce contro il muro. L'automobile si accartoccia. Clackson. Rumore assordante. Urla. Fumo. Fiamme.

Fine Flash Back.


- ... Oh mio... Mio Dio... Cosa... Cosa ho fatto... -

Occhi spalancati. Sono sempre accasciato sul pavimento.
Mi sfioro con un dito il labbro inferiore. Le labbra sono una delle parti più sensibili. Quando si rifiuta la paura toccarle viene spontaneo.
Io. Se ciò che ho visto e ricordato è vero... Io sono la causa di quell'incidente...
Chris... C'èra Chris seduta accanto a me in macchina ma... Ma l'altro ragazzo non ricordo di averlo visto. Non ricordo chi sia.
Passano minuti. Passa mezz'ora. E io continuo a rimanere immobile e a fissare davanti a me.
Continuo a pensare a ciò che è successo.
Chris e l'altro ragazzo.
Chris e me e l'altro ragazzo, in un auto e... E un'incidente... Io che sono la causa di esso.
Passano esattamente tre ore. Tre ore da incubo che ormai ho la certezza diventeranno un eternità.
Guardo distrattamente l'orologio che ho al polso.
14.07.

- Devo... Devo cominciare a prepararmi... -

Mi alzo senza neanche accorgermi di alzarmi. Prendo le prime cose che trovo dall'armadio. Un paio di pantaloni a caso. Una maglietta a caso. Un paio di scarpe a caso. Ora come ora pensare a queste futilità non servirebbe a nulla...
Passo davanti allo specchio del bagno quasi vergognandomi.
Nel frattempo sento che i rumori e le urla in strada sono spariti. Ora regna il silenzio.
Mi sistemo i capelli passandoci in mezzo una mano e me li scompiglio un pò.
Esco di casa velocemente spegnendo ogni luce.
Percorro la strada. Sembra quasi che io la conosca a memoria...
Memoria... Già... In effetti dovrebbe essere così.
Dopo circa dieci minuti che cammino, senza sapere esattamente dove sto andando, mi ritrovo esattamente davanti ad un bar.
Leggo la scritta in alto.
Berry's Bar.
Guardo fra la gente seduta ai tavolini che sono fuori.
In un angolo, nascosta dalla schiena di un uomo, intravedo la figura di una ragazza bionda curva su se stessa.
La raggiungo.

- Chris... Ciao... -
- Logan... Siediti, ti prego... E ascoltami... -
- Parlami dell'incidente, Chris... -

Mi siedo continuando a fissarla negli occhi. La parola "incidente" l'ha fatta quasi saltare sulla sedia. Mi guarda nello stesso modo di quella volta in cui eravamo in macchina.
Ha paura. Tanta. Probabilmente ha paura proprio di me. Abbassa lo sguardo. Giocherella con i pollici delle mani. Si struscia i piedi l'uno contro l'altro. Si morde il labbro inferiore. Porta una mano ad un ciuffo biondo di capelli.

- Chris... -
- Chi... Chi te lo ha detto, Logan? -
- Nessuno... ho ricordato. Ora parla... Che fine ha fatto il ragazzo che era con noi? E chi era? -
- Lui... Lui... -

Si blocca.
Vedo che cerca di prendere fiato. Le lacrime le punzecchiano gli occhi ma vuole essere forte. Si vede. Quante volte avrai immaginato questa scena, Chris?
Mille volte sono troppo poche, eh?

- Si? -
- Lui... Si chiamava Trevor... Era... Era il nostro migliore amico... -
- Perchè parli al passato...? -
- Nell'incidente... E' morto... -
- Capisco... -
- Logan quel... Quel giorno tu... Tu... Non hai colpe... -
- Non mentire... Ricordo la scena... Non mentire... -

Rimane nuovamente in silenzio.
Riprende a girarsi i pollici delle mani. Si mette ancora poco più curva su se stessa e comincia a singhiozzare. Piange. In silenzio, ma piange. Non sono molte le lacrime che le attraversano il volto, ma quelle poche bastano per segnare il suo dolore.
Come ho potuto essere tanto stupido... Come ho potuto mettermi in competizione con la vita? Come ho potuto credere di essere Dio...?

- Come hai fatto a salvarti? -
- Non lo sò... Probabilmente grazie alla... Alla spinta che mi hai dato appena ti sei voltato... -
- Non ricordavo spinte... -
- Logan... Non... Non è solo di questo che devo... Parlarti... -

Si asciuga le lacrime. Alza lo sguardo. Mi guarda negli occhi. Ha smesso di mordersi il labbro. L'espressione è decisa.

- Ascoltami... Quello che voglio dirti, non voglio dirtelo per farti star male... Ma per... Per evitare tu faccia altri errori... Quella che ti racconterò, Logan, è la tua storia. -
- Ti ascolto... E grazie... -
- Tu sei nato il 23 maggio del 1988. I tuoi genitori erano ricchi, molto.
Erano persone molto importanti. Tuo padre era il capo di una famosa industria e tua madre era l'erede di una grande fortuna. Nei primi anni tutto andava per il meglio... Poi tuo padre cominciò ad avere dei problemi con il lavoro...
Un cliente insoddisfatto di tuo padre però, decise un giorno di vendicarsi.
Incendiò la vostra casa di notte... -

Ha abbassato il capo in segno di rassegnazione.
Sembra non voglia più continuare.

- Continua... Ti prego... -
- Va bene... Tu eri in camera tua... Il fumo ti stava soffocando nel sonno... Tua madre entrò di corsa e nell'intento di salvare almeno te... Ti prese in braccio svegliandoti... Cominciò a fare le scale di corsa per portarti al piano terra e farti uscire di casa... Tuo padre cercava di domare le fiamme ma... Ma erano troppo alte Logan... Troppo... Tua madre ti urlò di uscire e tu ubbedì pensando che lei fosse dietro di te...
Ma una volta fuori ti sei girato... Lei non era lì... Lei non ti teneva la mano... Dopo poco la casa prese fuoco completamente non lasciando spazio neanche ai vigili del fuoco che nel frattempo erano arrivati... Ci vollero giorni per ritrovare i resti... -
- Capisco... -
- Non avevi parenti... O per meglio dire, ne avevi... Ma nessuno voleva tenersi un bambino a carico... Così ti mandarono all'orfanotrofio... -
- Orfanotrofio? -
- Già... Lì ci siamo conosciuti... Lì io, te e Trevor diventammo migliori amici praticamente subito... Poi però ci dividero... Io venni addottata da una famiglia abbastanza benestante quando avevo circa nove anni... Mi trasferii dall'altra parte della città... E Trevor un anno dopo venne affidato ad una famiglia con già altri tre figli. Lui rimase nei paraggi però. E tu... Tu andasti con una coppia di circa quarant'anni quando tu ne avevi circa tredici, o almeno così mi scrivevi nelle lettere... Loro erano buoni, ma non molto ricchi... E quella dove abiti è la casa in cui abitavi con loro prima che... -

Chiudo gli occhi. Faccio un respiro profondo. Devo riflettere. Cercare di ricordare almeno in parte cosa mi sta dicendo. Devo riuscire a collegare anche la più minima cosa alle parole di Chirs...
Anche una sottile sfumatura, un velato ricordo... Una qualsiasi cosa... Ma continuo a sentirmi vuoto. Come se io fossi un foglio bianco da cui sono stati cancellati gli appunti. Ma cancellati tanto bene da non sembrare neanche che ci siano mai stati.
E Chris è la penna che sta scrivendo la mia storia... Ma non poteva scrivere di una vita normale? Di una vita passata a guardare la televisione e a giocare ai videogiochi quando non ero fuori con gli amici? Perchè scrive di una vita costruita sulle spalle della morte?
Riapro piano gli occhi. Chris mi guarda. Si è accorta che qualcosa non va. Mi avvicina una mano alla spalla in segno di coraggio. Mi scosto. Se ora mi toccasse la ucciderei. Nessuno mi può toccare. Nessuno... Non merito la compassione di nessuno. O forse la merito ma me ne vergogno...

- Sono morti anche loro... Vero? -
- Prima il marito per infarto cardiaco... Poi la moglie per la troppa disperazione... Ma tu eri già maggiorenne... -
-Come sai tutte queste cose tu? -
- Me le hai dette tu... Altre le ho scoperte facendo ricerche in giro... Non volevo investigare sul tuo passato, ma dopo l'incidente non sapevo che fare... Non sapevo a chi chiedere di te... -
- Ah... -
- Non ho finito... Tu non eri uno di quei ragazzi che si possono definire "alla mano", Logan... Tu eri un tipo più aggressivo... Eri un tipo che se ti si stava troppo accanto dopo un pò si rischiava di soffrire come cani... -
- Cioè? Picchiavo...? -
- No. Non hai mai picchiato nessuno... Però... Ciò che dicevi, Logan, ogni singola parola era mirata per far soffrire chi ti stava intorno. Sapevi cogliere il punto debole di chiunque e avevi l'innata capacità di far soffrire. Ricattavi, minacciavi... Facevi paura... -
- E... Perchè tu e Trevor non avevate paura di me? -
- Perchè tu eri il nostro migliore amico... Perchè tu avevi già sofferto abbastanza per poter sopportare altre perdite... -
- Solo pietà quindi? -
- No! No... Non volevo dire questo... Io... Ti amavo... -
- Eri la mia ragazza? -

Annuisce.
Strano l'avrei vista meglio con una persona più tranquilla di come mi ha descritto.
L'amore è cieco si... Ma anche sordo, muto e senza cervello nel suo caso.
Oppure aveva trovato in me ciò che si ama di una persona... Il cuore.

- Ti amavo? -
- Dicevi di amarmi... Ricordo che mi definivi "la tua luce"... -

Sorride. Lei è fortunata. Lei ha questi ricordi... Lei con i ricordi felici può riuscire a cancellare il dolore se ha ancora la forza per sorridere.
Se il suo stesso cuore ha ancora la forza per far fare una smoria simile al suo volto di bambina.
Forse... Io e lei... Nel tempo e insieme, se avrà la forza anche per questo, potremo tornare a vivere... Forse casa mia non sarà più solo per me...

- Io torno a casa... Scusa Chris... -
- Va bene... -

Entrambi ci alziamo dalle nostre sedie. Nessuno dei due ha ordinato nulla quindi non dobbiamo pagare nulla.
Io mi volto e lei mi fissa mentre mi allontano. I suoi occhi bruciano sulla mia schiena, sulle spalle, sulla mia nuca. Sò che mi fissa... Lo sento.
Mi volto e la guardo a mia volta. Sta piangendo. Un pianto silenzioso.
Fanno molto più male i pianti silenziosi di quelli di sole urla...
Le sorrido.
Lei mi sorride.
Ha capito. Vivrò il presente finchè il cielo non mi riporterà anche il mio passato.
E... Ha capito. Io ho bisogno di qualcuno che mi dica quali sbagli ho già commesso nella mia vita.

- Chris... Erano molto belle le rose bianche, sai? -
- Già... Vengo da te? -
- Passiamo dal fioraio prima? Non ho molto colore a casa. -
- Si... -

Mi raggiunge correndo e mi prende una mano appena arriva vicina a me.
Camminiamo insieme.




EPILOGO:

L'aggressività è uno stato di dolore.
Quando il dolore è troppo grande per poter essere controllato dalle lacrime, quando il dolore è talmente profondo da essere palpabile, quando il dolore è talmente radicato in una persona da ucciderla lentamente, chi è troppo fragile, ma anche chi è troppo forte, si perde convincendosi che sembrando "cattivi" si cancellino i punti deboli. Si allontanino le sofferenze.

- Gli altri devono soffrire come soffro io;
- Se non ho nessuno accanto non potrò perdere nessuno.

False credenze che aumentano solamente i dubbi.
Ma più che altro pensieri suicidi per l'animo proprio e altrui.
C'è chi invece, preferisce avere per se solo poche persone.
Tali persone prendono il posto nella vita di questi, di "luce", o "ancora".
E' fotunato chi trova la propria luce. E' fortunato chi trova il coraggio di chiedere aiuto.
Una persona aggressiva non vuole davvero provocare dolore.
In se piange ogni secondo perchè è più solo di altri, anche se magari ha amici e familiari intorno.
Il cuore si può isolare anche fra la gente.
Il cervello, quello no. Ma il cuore si.
Quando una persona dice "sono sola", non lo dice in quanto a presenze accanto, ma in quanto a presenze nei propri pensieri.
Chi è aggressivo chiede solamente aiuto. Un aiuto che difficilmente si riceve per paura.
Sarebbe come mettere una mano nella bocca del leone.
E' quasi impossibile che il leone non te la azzanni.
Ma se non gli dai motivo di aver paura, se dimostri di non aver paura di lui, se dimostri che vuoi stargli accanto, se gli avvicini il torso della mano lentamente al naso in modo che ti annusi, le probabilità di riuscita sono più elevate.
Se dimostri che ti fidi di lui.
Perchè chi non si fida di chi ha bisogno, provoca più dolore di chi uccide.
L'ho già detto all'inizio, la mia storia non ha la presunzione di aprirvi gli occhi.
Neanche il cuore.
Voglio solamente raccontarvi la storia di una vita. Di un dolore, di una soluzione al dolore.
Non vi dirò le solite frasi fatte tipo "l'amore è la via giusta" o "l'amore vi salverà dal dolore" proprio perchè l'amore è dolore.
Io vi dico solamente che "voi siete la vostra via giusta" e che "voi vi salverete dal dolore".
Io... Dopo anni ho riacquistato interamente la mia memoria. Ho riacquistato non solo la mia memoria, ma anche il senso di sentire i profumi che indossava la mia vera madre, il gusto della sua torta di ciliegie. L'affetto per i miei genitori adottivi.
L'affetto per Trevor. Io lo sò, lui mi ascolta. Lui è qui... E lui mi ha perdonato. Ma questa è un'altra storia.
Ma solo una cosa non ho riacquistato... L'amore per Chris.
Io se avessi ricordato l'amore per lei, avrei vissuto nei ricordi. Io ho reimparato ad amarla. Ed ora siamo sposati da sette anni.




Ringraziamenti speciali:

A mia moglie Chirs, ogni giorno più bella e ogni giorno più amata.
A mia figlia Cecyla, ogni giorno più grande, e con sempre una cosa nuova da scoprire, ma anche lei ogni giorno più amata del precedente.
A tutte le persone che mi hanno insegnato cos'è la vita.
A tutti i miei amici che amo: Marco, Sheren, Walter, Dres.
E naturalmente a Trevor... Sempre nel mio cuore.

Firmato:

Dubert Logan







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