Manga e Anime
creata dalla serie "CAT STREET":
"AMARANTHACEAE"
una fanfiction di:

Generi:
Romantico - Introspettivo
Avviso:
One Shot
Rating:
Per Tutte le età

Anteprima:
(Koichi/Keito.)"E il mondo si è insinuato nell’esistenza che volevo costruirmi, è arrivato sotto forma di un liceo libero, ed ha sconvolto ogni cosa.

Conclusa: Sì

Fanfiction pubblicata il 01/09/2007 14:27:28
 
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<b><u>NOTE: </u></b><i>Questa piccola oneshot nasce dopo l'attenta lettura del quinto numero del manga della Kamio, quindi se ancora non siete arrivati a questo albo, se non vi volete rovinare la lettura, se, in altre parole non volete spoiler sul numero cinque, non leggere questa fiction. Se dopo questo avviso, vi avventurerete lo stesso lungo queste righe, io declino ogni responsabilità.
Per tutti quelli che invece hanno letto il volume piu volte citato, e che dunque rimarranno a leggere ciò che ho scritto, sappiate che questa piccolissima one - shot non ha molte pretese, come il protagonista.
Erikuccia, come sempre.</i>











<b><i>Amaranthaceae</i></b>

















Vivo da solo perché non cerco nulla.
So che la vita, il piu delle volte, non è gentile, che non dà niente senza ricevere un dono in cambio.
E la realtà è che io non ho voglia di dare niente alla vita.
Così, allo stesso modo, non mi aspetto nulla da lei.
Nulla che vada oltre il pacchetto omaggio che viene dato ad ognuno nel momento della nascita.
Polmoni per respirare, un cuore per pompare ossigeno.
Organi per mantenermi in vita.
E poi quel piccolo extra: la bellezza per alcuni, il talento per il calcio per altri.
La genialità per me.
Questo è stato quello che volevo dalla vita, niente di piu, niente di meno.
Non che sia stato sempre così cinico, verso la mia esistenza.
Quand’ero bambino era diverso.
Avevo delle aspettative: una famiglia felice, una ragione per cui sorridere…
Credevo nella vita, credevo nel suo potere di rendere tutto straordinariamente meraviglioso.
E puntualmente quelle illusioni si sono rivelate tali.
Mere immagini mentali di un ragazzino che doveva ancora imparare come funzionavano le cose.
<i>O come non funzionavano</i>
Quando l’ho capito mi sono sentito come se affogassi, come se per quei sorrisi che avevo regalato, la vita avesse deciso di togliermi il respiro.
Ma io ho sempre voluto vivere, così mi sono attaccato a questo: alla mia voglia di vivere, al mio bisogno di ossigeno ed ho dichiarato guerra alla signora Vita.
Così ho deciso che non volevo piu aspettarmi niente, che avrei vissuto solo sulle basi che avevo costruito al momento del primo vagito.
Non avrei piu cercato nulla che andasse oltre le mie possibilità.
Per questo ho deciso di andare a vivere da solo.
Perché solo con me stesso non c’era nessuno che poteva illudermi, nessuno che potesse spingermi a cambiare idea, a sperare.
Da solo avrei potuto fare compromessi solo con me stesso, e la cosa non mi dispiaceva affatto.
Avevo abbastanza fiducia in me per sapere che non mi sarei mai ficcato in guai esistenzialisti.
Avrei vissuto, avrei fatto grandi cose con i pc e punto.
Questo era il piano, quando me ne andai di casa.
Ma come non esiste il delitto perfetto, allo stesso modo non c’era perfezione neanche nel mio piano.
Non avevo messo in conto che il mondo non lo si può chiudere fuori dalla finestra.
Perché è testardo, forte, dispettoso.
E il mondo si è insinuato nell’esistenza che volevo costruirmi, è arrivato sotto forma di un liceo libero, ed ha sconvolto ogni cosa.
<i>Perché poi sei arrivata tu</i>
Con la tua tristezza sulle spalle, con il timore delle persone che ti si muovevano intorno, sei piombata nel silenzio delle mie ore e le hai riempite della tua assordante presenza.
E così ho fatto il più grande errore della mia vita.
Ho cercato di non essere più solo.
Ho iniziato di nuovo a sorridere, mi sono dato da fare per qualcuno che non fosse me stesso.
Ed ho scoperto che c’era un imbecille dentro di me che se ne fregava di tutti i bei discorsi fatti in passato.
Il non aspettarsi nulla, il non cercare nulla, non avere speranze, non avere illusioni, non avere sogni.
Tutto venne gettato al vento, nello stesso vento che questa sera scompigliava i tuoi capelli.
Quei capelli che ogni giorno danzano, e che mi sarebbe piaciuto sfiorare…
Quei capelli che non mi appartengono, perché sono di Rei.
Maledizione!
L’avevo giurato: avevo giurato che non avrei mai permesso alla vita di farmi un brutto tiro.
Eppure eccolo qui: io che ti allontano perché non voglio avere aspettative.
Le ho coltivate, nel silenzio delle mie stesse bugie, dicendo che non c’era niente, che non eri niente, nessuno, solo una svitata che ogni tanto veniva a infastidirmi a casa mia.
Ma erano solo sporche menzogne: perché ogni giorno io aspettavo.
Ed è stato questo che mi ha rovinato.
Aspettare.
<i>Aspettarti</i>
Aspettare che tu entrassi nella sala dei computer; aspettare che tu venissi a casa mia a riempire quattro mura che gridavano la mia tristezza; aspettare che ti accorgessi che non mi infastidiva la tua presenza ma che, invece, l’anelavo come l’ossigeno a cui non ho mai voluto rinunciare.
Aspettare che vedessi quanto vuota fosse la mia casa senza di te, quanto mi annoiassi quando non mi ciondolavi intorno, a volte parlando a raffica, a volte cullandoti nel silenzio che mi cullava.
E invece…invece ti sei accorta solo di Rei, e hai deciso di amarlo.
Questo vuol dire che io…che io non posso piu fare niente.
Ed ora sto precipitando dentro mi miei dolori.
Perché sono stato uno stupido, perché non sono crudele, perché in definitiva sono un idiota.
Ho sbagliato ad aprirmi, ho sbagliato a dimenticare chi sono in realtà.
Ho sbagliato a fidarmi di me stesso, che adesso è tutto teso verso di te, verso te che mi stai dando le spalle, le tue meravigliose spalle.
E così facendo ho ferito un ipotetico amico, e mi sento ferito.
Avevo pensato che dopo la vicenda di mia sorella, dopo quell’amore che mi aveva messo in ginocchio, non avrei piu permesso a me stesso di star male per una faccenda futile e stupida come l’amore.
L’avevo promesso, l’avevo giurato…<i>Ci avevo sperato</i>
Ma ora sento di nuovo un dolore, che non voglio ascoltare.
Non posso, perché se lo facessi…
Precipiterei ancora piu in basso, fino a sfiorare i confini della mia stessa solitudine.
Ascolterei la mia inquietudine, nell’isolamento che ho scelto.
Perderei l’anima, quale io l’avevo costruita, guardando te.
Il tuo ricordo, la tua immagine impressa a fuoco nella mia mente.
I sorrisi, le guance che avvampavano dopo una gaffe, quel comportamento che non sa trattenere i sentimenti, quel temperamento forte, nascosto sotto una maschera di inadeguatezza.
Mi sembra di essere sul punto di crollare, lentamente, gradualmente, orribilmente.
E’ come se stessi per sparire, e per sempre.
E con la stessa lentezza tu andavi via, via sulle parole che ti avevo detto.
“Non venire più”.
Ho seguito il tuo profilo che, come in un favola di serie b, si rimpiccioliva, man mano che il mio dolore diventava più grande.
Ti ho lasciato andare, eppure mi sento morire.
Mi gira la testa e sono stanco di essere fatto come sono.
Un vigliacco che non ha il coraggio di urlarti contro quello che prova, quello che vorrebbe provare.
Quello che tu gli fai provare.
So che non tornerai, so che terrai fede alla richiesta che ti ho fatto.
Ma allora perché ti sto ancora aspettando?
Perché quando l’orologio, come se potesse dirmi in quale momento apparirai a quella porta che mi sono chiuso alle spalle, come un capitolo di un libro che non voglio piu leggere?
Perché sto cercando su internet il tuo nome, la tua essenza, il tuo significato?
<i>Amaranthaceae</i>
Il tuo nome…amore sbiadito.
Vuoi forse dirmi che un giorno tutto questo sparirà?
Vuol dire che ci sarà un tempo in cui non mi sentirò piu impazzire dal vuoto che hai lasciato al mio fianco?
Perché è questo che sta accadendo…senza di te, sto smettendo di esistere.





<b>Fine</b>




FINE
 
 
 
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