"Di quello che Venere aveva fatto, Marte se ne prese il merito."
Conclusa: Sì
Fanfiction pubblicata il 22/10/2007 19:01:02
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Amava vedere il loro terrore, una paura folle nata dal suo incessante potere.
Trovava sensuale il lento curvarsi dei corpi sotto ferite che lui aveva inferto.
Creando così un rapporto tra il carnefice e la vittima, dove il carnefice era sempre vittorioso, e la vittima non era mai innalzata al grado di eroe.
Con gli occhi raccoglieva le gocce cremisi del loro sangue, e assaporava mentalmente il sapore della loro morte, della loro scomparsa.
Era la classica persona capace di amare solo il proprio dolore, riflesso negli occhi di coloro a cui il dolore lo strappava con la forza.
La bellezza delle anime, il magnificenza della vita umana che lui spezzava, osservando il paradiso che si tingeva di tinte cupe, di un nero scintillante.
Quando sbagliare diventava l’unica regola vigente e il peccato era il frutto più succoso da gustare.
Ma non era sempre stato così, vero?
C’era stato un tempo in cui la sua sete di potere non era l’unica priorità della vita.
In cui il sangue versato non sarebbe mai bastato a far tacere l’umanità che c’era dentro di lui, quando, nel segreto dei suoi esperimenti odiava e disprezzava l’unica donna per cui aveva provato qualcosa, per il suo reato di non amarlo.
Aveva scelto un altro e aveva disprezzato lui.
Tutto era iniziato così: per la cocente voglia di dimostrare <i> a lei sola </i> quanto fosse potente, quanto fosse superiore a qualsiasi altro uomo in generale.
E a quello che lei aveva scelto, <i> In particolare </i>
Era diventato malvagio per via del troppo amore.
Quell’amore per cui si era avvicinato troppo alla fiamma dell’odio, tanto da restarne scottato.
Di quello che Venere aveva fatto, Marte se ne prese il merito.
Avvicinato al potere per amore, Orochimaru non se ne potè più allontanare, perché il troppo amore, quell’amore morboso e ossessionante che si insinua nei sogni tramutandoli in incubi, quell’amore non ricambiato che l’aveva portato vicino alla follia, lo aveva cambiato profondamente.
I sentimenti avevano tramutato il suo cuore in puro diamante.
Un diamante impossibile da scalfire, ma nero come la notte più cupa.
Ed era caduto tra i sudditi di Lucifero: nessuno aveva teso la mano per salvarlo, nemmeno lei che ben presto cominciò a comportarsi come se lui non fosse mai esistito.
Abbandonato a sé stesso, Orochimaru capì che l’unico di cui valesse la pena fidarsi era sé stesso.
Così, quando si trovò a faccia a faccia con l’Oscurità che aveva dentro di sé, invece di scappare, ci si tuffò dentro. Sfidò il Maligno e lo vinse, prendendone il posto.
Alle sue spalle poteva vedere la redenzione, il perdono, la possibilità di tornare ad essere un semplice ragazzo ambizioso. Ma lui aveva rifiutato quella via, dicendo dentro di sé che se le strade del cielo erano infinite, quelle dell’inferno lo erano ancora di più.
E se doveva contare solo su stesso, tanto valeva diventare così forte da non permettere più a nessuno di ferirlo come lei aveva fatto, senza nemmeno rendersene conto.
Così aveva cominciato ad amare le sue sofferenze, che lo avevano portato ad un gradino così alto da poter guardare in faccia anche Dio, a ridere delle sue creazioni, dei suoi sciocchi sentimenti.
Aveva amato il suo dolore, che lo aveva portato a primeggiare su tutto e tutti.
E più di ogni cosa amava infierire sugli altri, guardare la loro morte e burlarsi di essa.
Di essa che non avrebbe più potuto raggiungerlo.
Pensava di essere invulnerabile, almeno finchè il suo vecchio Maestro non gli dimostrò che gli eroi esistevano ancora, che probabilmente sarebbero sempre esistiti.
Finchè, quello stesso incontro, non lo obbligò a chiedere aiuto.
A lei…che lo aveva disprezzato prima, e che probabilmente lo disprezzava ancora.